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Riad, progetto da 500 miliardi di dollari per una città industriale…

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IL PROGETTO DEL principe salman

Riad, progetto da 500 miliardi di dollari per una città industriale sul Mar Rosso

Lo aveva detto, e ora sta mantenendo la sua parola. Il giovane principe saudita Mohammed Bin Salman, designato erede al trono solo cinque mesi fa, non vuole perdere tempo. E oggi , in occasione del forum “Future investment initiative”, a cui hanno aderito businessman provenienti da 88 Paesi (era presente anche il ministro italiano dell'economia Pier Carlo Padoan) ha lanciato un piano faraonico – 500 miliardi di dollari di investimenti - per costruire dal nulla un gigantesco e innovativo polo industriale sulle sponde del Mar Rosso, nei pressi del Golfo di Aqaba.

Neom, un’avveniristica città industriale sul Mar Rosso
Si chiamerà Neom, e si estenderà su una superficie pari a 26.500 km2, concentrandosi sulle industrie della “Nuova Arabia Saudita”, quella che vuole cercare di sopravvivere all'era del dopo petrolio. Energie (con le rinnovabili a far la parte del leone), settore idrico, biotecnologie, filiera alimentare, scienze tecnologiche e digitali, la produzione avanzata. E pure il comparto dei media e dell'intrattenimento (una novità per un Paese così conservatore). Sono questi i principali settori di questa enorme zona franca, quindi sottratta a tariffe, che, grazie a un imponente ponte sul Mar Rosso, sarà collegata all'Egitto e così abbraccerà tre Paesi (Arabia, Giordania ed Egitto).

«Neom - ha detto bin Salman - sarà situata su una delle più importanti arterie economiche del mondo. La sua posizione strategica faciliterà anche la rapida affermazione della zona come un hub globale che collega Asia, Europa e Africa».

Il piano Vision 2030 per rilanciare l'economia
Il progetto rientra nel faraonico piano “Vision 2030” che Mohammed Bin Salman, meglio conosciuto con l'acronimo Mbs, ha annunciato nel 2016 con un obiettivo tanto ambizioso quanto difficile: cambiare volto all’economia saudita per “guarirla” dalla sua petrodipendenza, e rilanciare la crescita economica attraverso la diversificazione e la privatizzazione.

La quotazione di Saudi Aramco, gioiello dalla monarchia
Per farlo, l'ambizioso principe si è assunto, nel 2016, il non facile compito di guidare la quotazione della ricchissima compagnia petrolifera di Stato, la Saudi Aramco, già nel corso del 2018. Si tratterebbe dell'Ipo più grande nella storia delle Borse mondiali. Mbs intende collocare sul mercato il 5% di Aramco aspettandosi di rastrellare 100 miliardi di dollari (anche se diversi analisti ritengono che non sia realizzabile). I ricavi confluirebbero in un fondo sovrano per poi essere reinvestiti in “Vision 2030”.
Per centrare l’obiettivo e i tempi – una prima fase del progetto dovrebbe già vedere la luce tra sette anni - Mbs ha affidato la guida del progetto Neom non a un arabo, ma a un top manager occidentale dalla fama mondiale: Klaus Kleinfeld, ex amministratore delegato di colossi industriali del calibro di Siemens e Alcoa.

Parte degli investimenti necessari dovrebbero dunque provenire dal fondo pubblico di investimenti (Pif) di cui Salam, che ora dispone di 230 miliardi di assets ma che punta ad accrescere di molto il suo portafoglio una volta che sarà quotato il 5% della Saudi Aramco, il gioiello della corona saudita. In corsa come listini per la quotazione, prevista l'anno prossimo, ci sono ancora New York, Londra, Tokyo e Hong Kong.

Non sarà facile vincere la concorrenza delle zone franche della vicina Dubai. Per questo Salman ha voluto fare le cose così in grande. Per attirare i potenziali investitori stranieri Neom dovrebbe godere di una sua tassazione, di una legislazione ad hoc sul lavoro e di un sistema giudiziario autonomo.

Il crollo dei prezzi e la crisi dell’economia saudita
Sarà sufficiente un piano del genere a rilanciare l'economia saudita, o sarà solo una cattedrale nel deserto? Solo il tempo lo dirà. Ma gli anni delle vacche grasse, quando i prezzi del greggio si mantenevano sopra i 100 dollari e la monarchia saudita galleggiava su una mare di petrodollari, sembrano definitivamente tramontati. Il crollo del barile, a cui Riad ha largamente contribuito nel vertice Opec di fine 2014 con la decisione di non tagliare la produzione, si è ritorto sui conti sauditi. Dai generosi surplus che arrivavano senza sforzo, la monarchia si è ritrovata con deficit di bilancio sempre più ingombranti (nel 2015 quasi 100 miliardi di dollari, 79 nel 2016).

Per non ricorrere a soluzioni drastiche, azzerando i sussidi e i privilegi, i vecchi monarchi hanno preferito attingere generosamente dalle enormi riserve in valuta pregiata. Erano più di 700 miliardi di dollari nel 2011. In maggio, secondo l'Autorità monetaria Saudita, sono scese a 495 miliardi. Una drammatica erosione. E nel 2017, per la prima volta da almeno 4 anni, il Pil ha accusato una contrazione per due trimestri consecutivi.

Crescita zero, se non negativa, è un concetto inusuale in questo Paese desertico nel cui sottosuolo si nasconde oltre il 20% delle riserve mondiali di greggio. Ma dopo tre anni consecutivi con il petrolio sotto i 50 dollari (media), e tre anni di crescenti deficit di bilancio, anche la monarchia saudita non ha potuto fare altro che imitare i Paesi occidentali: dare il via alla “spending review”. Con una vigorosa sforbiciata ai salari ministeriali, un drastico taglio delle indennità, cancellando i bonus, riducendo i sussidi, imponendo per la prima volta le tasse. Un'eresia per l'esercito di dipendenti pubblici - 2/3 della forza lavoro - abituato a generosi benefit.
Ma anche questo non basta: occorre investire e diversificare l'economia. E attrarre investimenti stranieri.

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