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«Saudi Aramco non tratta coi cinesi, né con altri. Ipo nel…

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il ceo nasser

«Saudi Aramco non tratta coi cinesi, né con altri. Ipo nel 2018»

Amin Nasser (Bloomberg)
Amin Nasser (Bloomberg)

Nessuna trattativa, né coi cinesi, né con altri investitori: per Saudi Aramco, come previsto, ci sarà la quotazione in Borsa e questa avverrà nel 2018, anzi «per la precisione nella seconda metà del 2018». Stavolta è il ceo della compagnia petrolifera saudita, Amin Nasser, a cercare di tacitare la voce di un presunto ripensamento dei piani della casa reale. E il suo intervento, finora il più netto, arriva in un momento cruciale per le relazioni dell’Arabia Saudita con la finanza internazionale.

A Riad inizia oggi la Future Investment Initiative, una conferenza già ribattezzata la «Davos del deserto» per le prestigiose presenze che è riuscita ad attirare – a cominciare dalle maggiori banche Usa – e che farà da palcoscenico alle nuove ambizioni del Paese, impegnato con il piano Vision 2030 ad attenuare la dipendenza dal petrolio.

Per il fondo sovrano saudita – che con l’Ipo di Saudi Aramco aspira a diventare il più grande del mondo – è fondamentale presentarsi come un partner affidabile, ma la strada non sarà in discesa: il Public Investment Fund (Pif) ha commesso molti errori da quando, nel 2015, si è affacciato sulla ribalta internazionale. E un’inchiesta appena pubblicata dal Wall Street Journal li elenca in modo impietoso, da Uber, finita nella bufera poco dopo l’investimento saudita di 3,5 miliardi di $, alla startup locale Noon.com (e-commerce), agonizzante prima ancora di avviare le vendite, fino ai dissapori con SoftBank, finanziata da Riad con ben 45 miliardi.

In questo momento i sauditi (e in particolare il principe ereditario Mohammed bin Salman, padre di Vision 3030) non possono permettersi passi falsi proprio con Saudi Aramco, la cui quotazione – che punta a raccogliere 100 miliardi di dollari – è stata sbandierata come l’architrave del progetto per cambiare il Paese.

Riad aveva già smentito più volte (l’ultima la settimana scorsa, per bocca del ministro dell’Energia Khalid Al Falih) l’ipotesi di un rinvio dell’«Ipo del secolo» o di un collocamento limitato al listino locale, il Tadawul.

Ma sull’interesse di Pechino ad un eventuale private placement non c’erano stati commenti, se non da Cefc China Energy: il gruppo cinese, che ha investito 9 miliardi di $ per il 14% di Rosneft, «per ora» non mira a una quota di Saudi Aramco, ha detto il direttore esecutivo Yong Li.

Il ceo Nasser, intervistato da Cnbc, è stato categorico: «Saudi Aramco non sta parlando coi cinesi, né con altri. L’Ipo procede secondo i piani e il luogo della quotazione sarà discusso e reso noto a tempo debito. I giornalisti non possono dirci che cosa sia o non sia necessario discutere».

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