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Hackerato Appleby, service fiscale dei colossi della finanza, trust e società offshore

Altro che Panama Papers. È un vero terremoto quello che potrebbe scatenarsi nelle prossime ore nel mondo della finanza internazionale. Mercoledì scorso la Appleby, una delle più grandi società di consulenza dei centri offshore nel settore bancario e dei servizi finanziari, dei fondi d'investimento, dell'energia e delle assicurazioni ha rivelato che i suoi sistemi informatici sono stati violati. L'hackeraggio, o il furto di dati, non è avvenuto nei giorni scorsi ma un anno fa e a spingere la società a rendere pubblico solo ora l'episodio sono state le telefonate e le email ricevute dalle testate aderenti al Consorzio internazionale giornalisti investigativi (Icij), il network che nel 2016 fece esplodere il caso dei Panama Papers. I giornalisti dell'Icij, ha affermato la Appleby, starebbero lavorando su documenti interni della law firm e su informazioni relative ai suoi clienti.

Negli ambienti del giornalismo investigativo circolano da mesi indiscrezioni secondo le quali l'Icij starebbe lavorando su nuovi dati e l'ammissione della Appleby fa ritenere che si tratti proprio dei file sottratti alla società di consulenza che ha la sua sede principale ad Hamilton, capitale delle isole Bermuda. Non si conosce, per il momento, la quantità di file che sarebbero stati prelevati dai database dell'Appleby né quali server siano stati violati e dunque fino a quando sui giornali aderenti all'Icij (per l'Italia il settimanale L'Espresso) non comincerà la pubblicazione degli articoli non sarà possibile avere un'idea del danno subito dalla società di consulenza e dai suoi clienti

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Una Mossack Fonseca alla decima potenza
Quello che si può dire fin da ora, invece, è che potenzialmente il furto di dati può avere effetti dirompenti, ben più di quanto accaduto con i Panama Papers. Appleby, infatti, non è paragonabile alla Mossack Fonseca, la law firm panamense i cui archivi hanno dato il via all'affaire che lo scorso anno ha coinvolto direttamente e indirettamente capi di Stato e di governo di decine di paesi, uomini d'affari, calciatori e artisti di tutto il mondo. Appleby è molto di più di una semplice Mossack Fonseca. I suoi clienti, infatti, si chiamano Credit Suisse, Hsbc, Blackstone, Barclays, Royal Dutch Shell, Standard Chartered. Appleby presta i suoi servizi di consulenza a decine di società dell'indice Ftse 100 e della classifica Fortune 500. Si tratta delle più grandi realtà industriali e finanziarie del mondo. Sono stati prelevati anche i dati relativi alle operazioni che hanno coinvolto queste società? È ancora presto per dirlo ma la possibilità che ciò sia accaduto non può essere esclusa del tutto.

Il rischio sta proprio nelle dimensioni, anche geografiche, della Appleby. La società è uno dei maggiori fornitori al mondo di servizi legali, fiduciari, di trust e di entità offshore. Ma non solo. Un parte rilevante del suo business è rappresentato dalle consulenze legali in otto settori strategici: banche e servizi finanziari; giochi online; energia e risorse naturali; fondi e servizi d'investimento; assicurazioni e riassicurazioni; private equity; scienza e tecnologia; trasporti e logistica.

Il superconsulente legale della finanza
Per avere un'idea di che tipo di consulenze si tratti basta consultare le brochure della stessa Appleby. Si scopre così che la società ha svolto il ruolo di advisor del gruppo minerario australiano Fortescue Metals Group per il rifinanziamento di un prestito di 4,5 miliardi di dollari concesso dal Credit Suisse. Ha affiancato la Standard Chartered Bank per il trasferimento di un portafoglio di 7,5 miliardi di dollari alla sua branch nell'isola di Jersey. Ha assistito il Credit Suisse nella privatizzazione da 3 miliardi di dollari del gigante cinese delle scommesse online Giant Interactive Group. E la lista include consulenze per operazioni milionarie a Hsbc Bank Plc, Bank of America, Alliance Group, Oversea Chinese Banking Corporation, Lloyds, JP Morgan, Goldman Sachs. Nel settore dell'energia la Appleby ha assistito, tra gli altri, la spagnola Cepsa, la Total E&P Dolphin Upstream e la China Oil and Gas Group. Nel private equity ha avuto un ruolo in un'operazione da 2,5 miliardi di sterline del Blackstone Group e ha affiancato Cvc Capital partners in altre operazioni. Altro che Mossack Fonseca. Appleby sembra essere una protagonista delle fusioni e acquisizioni e delle operazioni di finanziamento bancario effettuate negli ultimi anni nei maggiori centri finanziari offshore.

Il gruppo possiede una rete di uffici nei più importanti paradisi fiscali, dove vengono investiti centinaia di miliardi di dollari. La sede principale è nelle Bermuda ma ci sono filiali anche nelle Isole Vergini Britanniche, alle Cayman, a Guernsey, nell'Isola di Man, a Jersey, alle Mauritius e alle Seychelles. Sedi importanti sono anche quelle in quattro centri finanziari internazionali: Londra, Hong Kong, Shanghai e Zurigo. Fondato alla fine dell'800 da Reginald Appleby, il gruppo conta oggi 470 dipendenti, di cui 60 sono i partner, in 10 uffici sparsi nel mondo. Nelle Bermuda la Appleby è il più grande studio legale con oltre 200 dipendenti, di cui 47 avvocati. È questa rete estesa nei principali centri offshore internazionali ad aver sancito il successo della società in anni nei quali le attività finanziarie nei paradisi fiscali crescevano a dismisura. Insomma, Appleby è al centro di una rete di relazioni e di business che ne fanno uno dei principali advisor per le società che hanno interessi finanziari nei paradisi fiscali.

I timori a Jersey e nell'Isola di Man
Questo elemento di forza potrebbe trasformarsi in un fattore di crisi. Tutto dipenderà dalla quantità di informazioni che sono state prelevate e soprattutto da quali centri offshore saranno coinvolti dalla fuga di notizie. L'operazione di trafugamento potrebbe aver travalicato le Bermuda. All'inizio della settimana, infatti, il Primo ministro dell'Isola di Man, Howard Quayle, ha rivelato in una conferenza stampa che alcuni giornalisti aderenti all'Icij hanno formulato al governo dell'isola domande sull'evasione dell'Iva nel commercio di aerei privati e aziendali. “L'Icij ha respinto le nostre ripetute richieste di avere una prova scritta delle accuse che ci sono state rivolte”, ha aggiunto il ministro. E comunque Quayle ha chiesto al Tesoro britannico di esaminare tutti gli elementi che riguardano l'importazione di aerei nell'Unione europea attraverso l'Isola di Man. Anche a Jersey, centro offshore strategico per la City di Londra, emergono le prime preoccupazioni sull'operazione di hackeraggio visto che la Appleby è una società molto attiva nell'isola.

C'è un particolare che aumenta questa incertezza. Ieri un portavoce della polizia delle Bermuda ha affermato che dalla Appleby non è arrivata nessuna denuncia per violazione delle apparecchiature informatiche. E questo nonostante I giornali di Hamilton collochino il furto di dati attorno al mese di maggio dello scorso anno. Ma se la Appleby non ha sporto denuncia nelle Bermuda, è ipotizzabile che l'operazione di hackeraggio sia stata messa in atto in una delle altre sedi della società. Tutto è possibile. L'onda d'urto del terremoto potrebbe raggiungere uno qualsiasi dei centri offshore nei quali Appleby ha svolto le sue attività di consulenza. E non si tratta di centri periferici per la finanza internazionale.

Nei centri offshore affari miliardari
Le Bermuda, ad esempio, sono il principale mercato mondiale nel settore della riassicurazione captive e uno dei primi tre centri internazionali nella riassicurazione, con una dimensione di 163 miliardi di dollari di premi lordi. Nelle Isole Vergini Britanniche, altro paradiso fiscale dove la Appleby è leader, sono registrate 800mila società offshore. Le Cayman sono uno dei più importanti centri finanziari mondiali e la seconda piazza mondiale nelle assicurazioni captive. Anche Guernsey è diventato il primo domicilio captive in Europa e il quarto nel mondo, e vi sono registrate 45 banche con depositi per 120 miliardi di sterline. A Jersey sono registrati 46 istituti bancari con depositi di oltre 195 miliardi di sterline mentre l'Isola di Man ha depositi per 53 miliardi di sterline.

Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Cayman, Hong Kong, Mauritius e le Seychelles sono piazze finanziarie importanti per l'industria dell'energia, del gas e del petrolio. Insieme all'Isola di Man, a Jersey e a Guernsey, questi centri offshore sono scelti come domicili di fondi d'investimento, fondi di fondi, private equity e venture capital. Centinaia di aerei e di navi sono registrate nelle Bermuda, nelle Isole Vergini Britanniche, alle Cayman e nell'Isola di Man. Al gruppetto si aggiunge anche Jersey per quanto riguarda gli aerei. L'Isola di Man è uno dei centri più importanti nella domiciliazione di società del gioco online. E a Jersey, Guernsey, Bermuda, Isole Vergini Britanniche, Cayman e Isola di Man fioriscono trust di tutte le tipologie con il loro corredo di beni miliardari.
Vista la fitta rete di rapporti che unisce tra loro I centri offshore che ruotano attorno alla Gran Bretagna – si tratta di territori d'oltremare o di dipendenze della Corona – un furto di dati sensibili in una sede ha potenzialmente delle ripercussioni su tutte le altre.

Paradisi fiscali sotto attacco
Ma perché da alcuni anni si moltiplicano gli episodi di sottrazione di file dagli archivi di società o di banche? Il primo caso è del 2013 e i giornalisti dell'Icij lo battezzarono OffshoreLeaks. Il furto coinvolse più di 100mila documenti su società offshore, trust e fondi domiciliati nelle Isole Vergini Britanniche, alle Cayman, alle Isole Cook e a Singapore. L'anno successivo, il 2014, emerge il caso LuxLeaks. Antoine Deltour e Raphael Halet, due ex funzionari della PwC, diffondono gli accordi segreti che il governo del Lussemburgo ha firmato con 340 grandi banche multinazionali per comprimere il prelievo fiscale.

Passa un altro anno e nel 2015 esplode l'affaire SwissLeaks, che porta alla luce I dati di 106mila clienti della Hsbc Private Bank di Ginevra che avevano depositato 100 miliardi di dollari. Rivelati dall'ex dipendente Hervé Falciani, i file scoperchiano un gigantesco sistema di evasione fiscale internazionale. Nel 2016 è la volta dei Panama Papers, ai quali seguono pochi mesi più tardi I BahamasLeaks e, all'inizio del 2017, I Malta files.

Uno scandalo ogni anno sbattuto sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Il copione è sempre lo stesso. Solo in due casi – LuxLeaks e SwissLeaks – sono emersi i nomi dei responsabili delle operazioni. Negli altri casi il percorso che ha portato i documenti nelle mani dei giornalisti del Consorzio investigativo resta sconosciuto. Così come ignoti restano gli autori. Quasi sempre, inoltre, i dati arrivano sui giornali a distanza di tempo dal prelevamento. La stessa Appleby ha affermato che la violazione dei database è avvenuta un anno fa. Chi abbia avuto la disponibilità di quei file prima della consegna al consorzio giornalistico resta un mistero. Così come resta il dubbio se a essere consegnati all'Icij siano tutti i dati sottratti o se qualche documento resti nell'ombra. Ma questa è un'altra storia.

BLOG L’urlo di Angelo Mincuzzi

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