È un distacco non apparente quello che Silvio Berlusconi ostenta, scegliendo di ricaricare le batterie a Merano, proprio mentre a Strasburgo la Grande Camera della Corte Ue dei diritti dell’uomo sta decidendo del suo futuro politico - l’udienza è iniziata stamane alle 9.15 - ovvero la legittimità dell’applicazione retroattiva della legge Severino che giusto 4 anni fa lo estromise dal Parlamento e che ancora oggi gli impedisce di ricandidarsi. Il Cavaliere è consapevole dell’alta probabilità che la sentenza arrivi fuori tempo massimo.
Strapiena l'aula e le altre sale della Corte da cui è possibile seguire la seduta: 550 le persone accreditate per l'udienza, di cui una quarantina di giornalisti, in gran parte italiani ma anche da Francia, Germania e altri Paesi europei. Ad assistere sono arrivati gruppi di studenti, avvocati e giuristi da tutta Italia, ad esempio dall'Università Ca' Foscari di Venezia, da Padova, da Lecce, dalla Lumsa di Roma, ma anche dall'estero. Presente anche una rappresentanza della Russia. Questi numeri, precisano dalla Corte di Strasburgo, sono peraltro usuali durante le udienze, quando non è raro vedere l'en plein.
«Il governo italiano ha rispettato la Convenzione dei diritti dell'uomo, nessuna violazione può essergli attribuita». Lo ha detto il rappresentante del governo Maria Giuliana Civinini all'udienza. «Il diritto è stato scrupolosamente rispettato», ha sottolineato. La decisione della decadenza da senatore e della sua ineleggibilità «non è stata arbitraria - ha aggiunto - è arrivata al termine di una procedura che ha rispettato tutti i diritti del Cavaliere». «L'applicazione della legge Severino non è stata né persecutrice né ad personam», ha aggiunto Civinini parlando davanti ai 17 giudici della Corte. Civinini ha poi attaccato tutti i punti della difesa, in particolare quello della presunta retroattività nell'applicazione della legge Severino. «La legge - ha detto - si è applicata alle elezioni di febbraio 2013, vale a dire dopo l'adozione della legge». Civinini ha ricordato la cronologia del caso all'esame della Corte: la condanna di Berlusconi per frode fiscale a ottobre 2012, l'entrata in vigore della legge Severino a novembre, le elezioni a febbraio, la condanna in appello a maggio 2013 e il pronunciamento in Cassazione ad agosto.
Per il legale di Silvio Berlusconi, Edward Fitzgerald, nel caso del Cavaliere «la legge Severino è stata applicata a fatti contestati per gli anni 1995-1998, quindici prima che la legge fosse adottata». Berlusconi, ha aggiunto davanti alla Corte di Strasburgo, «è stato privato del suo seggio con un voto in un Senato composto a maggioranza da suoi avversari: non era giustizia ma ma un anfiteatro romano in cui una maggioranza di pollice versi o pollici in alto decidono se uno va su o giù».
La legislatura è alle battute finali e alle elezioni politiche mancano pochi mesi. Troppo pochi visto che solitamente tra l’udienza e il verdetto occorre circa un anno. Ovviamente l’ex premier si augura - come ha ripetuto anche ieri - che la Corte faccia presto. A restare in attesa però non ci pensa proprio. Anzi, certamente sfrutterà il pathos che aleggia sulla pronuncia della Grande Camera per rilanciarsi al centro della scena politica. Lo ha confermato anche ieri: «indipendentemente» dalla sua incandidabilità sarà in campo «per portare il centrodestra al governo del Paese». E lo stesso ribadirà domenica da Fabio Fazio a «Che tempo che fa», dopo aver concluso in mattinata la kermesse organizzata a Milano da Maria Stella Gelmini.
Il Cavaliere è convinto di poter ripetere il successo del ’94, della sua prima discesa in campo utilizzando lo stesso canovaccio. Allora il pericolo erano «i comunisti», oggi sono i grillini: «Sono l’unico che può convincere gli italiani a non votare il M5s». È infatti il movimento di Beppe Grillo l’avversario da battere perché Matteo Renzi «non rappresenta più un’alternativa credibile». Renzi però non ci sta e sfida il Cavaliere, in caso la Corte gli desse ragione, a candidarsi contro di lui «nello stesso collegio».
Ma al di là delle dichiarazioni resta fortissima la valenza politica della pronuncia della Corte di Strasburgo. Quella di oggi è una udienza per certi versi storica perché se la Grande Camera dovesse accogliere il ricorso di Berlusconi contro la legge del 2012 (che porta il nome dell’allora Guardasigilli), il Cavaliere riotterrebbe la piena agibilità politica e potrebbe legittimamente essere tra gli aspiranti premier.
La Corte, che ha sede a Strasburgo, non ha nulla a che fare con l’Unione europea. È un organismo nato nel 1959. Il suo compito è di garantire il rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo, adottata nel 1950 dai paesi membri del Consiglio d’Europa. Questi ultimi sono 47. Ciascun paese ha un proprio giudice che tuttavia lavora in piena indipendenza rispetto al governo che lo ha nominato. L’attuale presidente della Corte è un italiano, Guido Raimondi, 64 anni (che oggi ha preferito non presiedere l’udienza). Alla decisione della Corte deve essere data attuazione da parte della giurisdizione nazionale. Appello è possibile solo per le sentenze di una delle Camere, mentre non è previsto per le decisioni della Grande Camera (come nel caso Berlusconi). Possono fare ricorso davanti al tribunale sia gli Stati che le persone fisiche e giuridiche. Nel 2016, la Corte ha trattato 2.730 ricorsi contro l’Italia, di cui 2.695 ritenuti irricevibili. Ha pronunciato 15 sentenze di cui 10 si sono concluse con una violazione della Convenzione.
Spiega Manlio Frigo, professore di diritto internazionale all’Università statale di Milano: «Le sentenze della Corte europea dei diritti dell’Uomo sono vincolanti per i paesi membri, ma a differenza delle decisioni della Corte europea di Giustizia dell’Unione richiedono l’intervento dell’autorità nazionale. Un Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa è chiamato quindi a verificare il rispetto della sentenza della magistratura di Strasburgo». Berlusconi contesta l’applicazione retroattiva della Severino. L’ex premier ricorda l’articolo 25 della Costituzione italiana secondo cui «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso», nonché l’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo cui nessuno può essere condannato per un’azione o omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto nazionale o internazionale.
I fatti per cui è stato condannato nel 2013 sono avvenuti prima dell’entrata in vigore della legge. Da un punto di vista politico, la vicenda è particolarmente importante. Attualmente l’ex presidente del Consiglio, condannato per frode fiscale, non può candidarsi alle prossime elezioni legislative, alla luce della Legge Severino, ma questo potrebbe cambiare se la Corte europea per i diritti dell’Uomo dovesse condannare l’Italia per violazione dei diritti umani.
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