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Usa, ostacolo da mille miliardi sulla strada della riforma fiscale

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deficit per i conti pubblici

Usa, ostacolo da mille miliardi sulla strada della riforma fiscale

NEW YORK - Un ostacolo da mille miliardi. È quello che il Joint Committee on Taxation, l'ufficio del Congresso che fa conti e stime sulle tasse, ha gettato sulla strada della grande riforma fiscale voluta dai repubblicani e dal presidente Donald Trump. I mille miliardi sono il deficit comulativo che la riforma scaverebbe nei conti pubblici, aumentando un debito che ha già superato i 20mila miliardi e danneggiando in questo modo le prospettjve dell'economia che dovevano essere invece aiutate dagli sgravi delle imposte. La Commissione ha infatti calcolato che la crescita generata dagli sgravi sarebbe solo un magro 0,8% nel corso di dieci anni, consentendo di recuperare in introiti per l'erario solo poco più di 400 milioni dei 1.400 o 1.500 miliardi di riduzioni delle tasse previste. Molto distante dalla previsione repubblicana di una riforma che si pagava da sola con la crescita.

Verso il voto al Senato
I leader repubblicani intendono procedere ugualmente. Un voto al Senato è ancora previsto entro la notte, al termine di una maratona di emendamenti. Ma la strada si è complicata e per assicurarsi i voti minimi del suo stesso partito - può perderne solo due davanti a una compatta opposizione democratica - i repubblicani stanno ora cercando di rastrellare almeno altri 500 milioni di ricavi decennali. Non facile: le regole parlamentari hanno squalificato un progetto di inserire un trigger, un grilletto automatico che in caso di delusioni negli introiti facesse scattare nuovi incrementi delle imposte.

Contrasti tra i Repubblicani
Numerosi repubblicani non vogliono neanche automatici tagli di spesa. E in discussione sono anche altre soluzioni d'emergenza quali abbassare meno le aliquote aziendali, al 22% anziché al 20% dal 35% attuale, o farle gradualmente risalire fra alcuni anni. Anche queste idee sono però impopolari alla Casa Bianca e tra molti conservatori. Il disagio così serpeggia tra numerose correnti della maggioranza. Tra i pochi moderati, quali Susan Collins del Maine che teme per l'eliminazione dell'obbligo di polizza sanitaria al fine di risparimare su sussidi pubblici e per la perdita di deduzioni usate dai ceti medi e basso quali costi medici e imposte locali e i costi delle rette universitarie. Come anche tra i più agguerriti falchi anti-deficit, che denunciano invece i rischi dell'indebitamento crescente.

L’obiettivo di Trump: firma entro Natale
La spinta ad approvare rapidamente una gigantesca e complessa legge - oltre mille pagine sul fisco - è però immutata anche al cospetto del rischio che sia, come accusa l'opposizione, «pasticciata»: i repubblicani e l'amministrazione, a corto di successi legislativi, vogliono chiudere il primo anno al potere con un chiaro risultato, da portare alle elezioni di metà mandato dell'anno prossimo. Dopo - e ammesso che ci sia - il voto del Senato, l'iter non sarà concluso: la versione dovrà essere riconciliata con il diverso testo approvato dalla Camera per poter arrivare sulla scrivania di Trump per una firma entro Natale, come promesso.

L’impatto di lungo termine
Sullo sfondo, dietro l'emergenza di far quadrare i conti immediati della riforma, infuria anche il dibattito sull'impatto di più lungo termine sulla società e la diseguaglianza. Gran parte degli studi indipendenti - tranne i repubblicani che prevedono un nuovo boom dell'espansione - indicano che, nonostante il testo sia ancora in evoluzione, gli sgravi per i redditi medio bassi saranno minimi e svaniranno nel tempo perché i tagli delle aliquote individuali e familiari scadranno nel 2025. Permanenti invece gli sgravi corporate e per le società pass-through, usate anzitutto da americani con le fasce più alte di reddito, oltre all’eliminazione dell'imposta di successione anche sui patrimoni più ingenti.

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