I Repubblicani dovrebbero avere in tasca i voti sulla riforma delle tasse negli Stati Uniti. Ma per ottenerli hanno tolto qualcosa dalle tasche del business per offrirlo ai ceti medi. Il testo finale della legge, che potrebbe essere approvato da domenica, prescrive imposte una tantum sul rimpatrio di profitti accumulati all'estero da società Usa - in tutto sono circa tremila miliardi - del 15,5% per il cash e dell'8% per attività non liquide (dal 14,5% e 7,5% ipotizzati).
Le aziende pass-through, dove gli utili passano al proprietario e sono quindi soggette ad aliquote sui redditi individuali e non d’impresa, riceveranno “sconti” sul reddito tassato del 20% anziché del 23. Il testo, inoltre, sposa la versione più morbida, ma sempre invisa ai partner mondiali, di accise che colpiscono transazioni cross-border tra controllate e case madri: la “Base erosion tax”, una minimum tax del 10% dell'imponibile al lordo di costi intercompany (eccetto beni-merce). Riguarderà società con attività negli Usa superiori ai 500 milioni.
L’aliquota marginale sende dal 39,6 al 37%
I pilastri della riforma sono confermati: le imposte sugli utili d’impresa scenderanno al 21% dal 35 per cento. Eliminata la Alternative minimum tax aziendale che eroderebbe crediti per ricerca e sviluppo. Meno drastica invece la svolta sulle imposte individuali: le aliquote restano sette, leggermente abbassate a partire dalla massima, che scende dal 39,6 al 37 per cento. Due qui le variazioni in extremis: i crediti d'imposta per figlio a carico, raddoppiati a duemila dollari, saranno rimborsabili al 70% invece del 55% anche per chi non paga tasse. E tornano deduzioni, fino a diecimila dollari, delle imposte locali. Entrambe misure necessarie a convincere senatori conservatori scettici sulla riforma perche' sbilanciata a favore dei ceti abbienti.
Questo ha costretto ai ritocchi sulle aziende - le maggiorate una tantum sul rimpatrio di utili genereranno entrate per 40 miliardi - per contenere i costi totali entro i prescritti 1.500 miliardi in dieci anni. Ma la polemica sull'impatto della legge resta: studi mostrano come incentivi al rimpatrio di profitti, nel 2004, si siano tradotti - 94 centesimi per dollaro - in remunerazione agli investitori e non posti di lavoro o innovazione.
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