La sezione 241 che ordina la pubblicazione del “Kremlin Report” è solo una parte del “pacchetto” approvato dal Congresso americano contro la Russia. Nel loro insieme, le nuove Linee Guida irrigidiscono i termini della normativa precedente e ne ampliano il raggio d’azione. Andando anche a colpire interessi europei. «Per la prima volta - spiega Vittorio Loi, partner dello Studio legale Pavia e Ansaldo, responsabile della Russian practice - l’applicazione dell’impianto sanzionatorio è extraterritoriale. Determinate sanzioni possono applicarsi espressamente anche a soggetti non americani. Con conseguenze rilevanti nella misura in cui un soggetto o una società europea abbia interessi negli Stati Uniti».
Finora, osserva Armando Ambrosio, resident partner a Mosca dello Studio legale De Berti Jacchia Franchini Forlani, «è indubbio che chi ci ha rimesso di più nella partita delle sanzioni sia stata l’Europa: un inasprimento della lotta gioca solo e soltanto contro di noi». Nel mirino è il fronte dell’energia. Se prima le restrizioni americane si applicavano solo ad “alcuni” progetti artici, in acque profonde o shale oil&gas in territorio russo, le nuove norme limitano le scadenze dei prestiti che sarà lecito concedere a finanziarie e gruppi energetici russi sotto sanzione, e stabiliscono che le sanzioni si applicheranno a tutti i progetti energetici - in Russia o altrove - in cui una compagnia russa sotto sanzione detenga una partecipazione di almeno il 33%.
La direttiva parla di progetti avviati a partire dal 28 gennaio 2018. Ma come per le sanzioni decise nel corso della crisi ucraina, il vero impatto delle restrizioni è nel clima di preoccupazione che generano, al di là di norme complesse ma generiche, che restano aperte a diverse interpretazioni. «C’è una volontà precisa del legislatore americano - spiega Loi - di creare una situazione di incertezza normativa, che crea una maggiore deterrenza».
L’Europa, già colpita dall’embargo alimentare con cui Mosca ha risposto alle sanzioni precedenti, rischia di trovarsi tra due fuochi. «Se le misure adottate da Ue e Usa per la crisi ucraina erano sostanzialmente sovrapponibili - spiega Loi - con questa nuova ondata di sanzioni americane la distanza tra i due impianti sanzionatori si fa effettiva e profonda». Creando un ulteriore motivo di attrito all’interno dell’Europa stessa, il cui simbolo è diventato Nord Stream 2, il gasdotto tra Russia e Germania già al centro di polemiche fra Bruxelles, i Paesi europei coinvolti nella sua costruzione e i Paesi dell’Est. La sezione 257 della normativa americana autorizza sanzioni contro chiunque partecipi alla costruzione di oleodotti in uscita dalla Russia, e invita esplicitamente il presidente americano «a contrastare» Nord Stream 2.
Affermando da Varsavia che il gasdotto di Gazprom sotto il Baltico «mette a rischio la stabilità e la sicurezza energetica dell’Europa», il segretario di Stato americano Rex Tillerson ha avvertito che Nord Stream 2 consentirà al Cremlino di continuare a usare l’energia «come strumento politico». Ma anche le sanzioni americane sembrano politicizzare il nodo delle forniture energetiche all’Europa, creando un perdurante stato di tensione. Come ricorda Rem Korteweg di Clingendael, l’Istituto olandese per le relazioni internazionali, recentemente il segretario Usa al Commercio Wilbur Ross ha suggerito agli europei «di correggere il deficit commerciale transatlantico comprando più gas naturale liquido americano». Reso più attraente dalle sanzioni contro il gas russo, nella grande partita globale per il controllo delle fonti energetiche.
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