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Polonia, la legge sull’Olocausto provoca l’ira di Israele

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NORMA CONTROVERSA

Polonia, la legge sull’Olocausto provoca l’ira di Israele

La Polonia vuole introdurre una legge che nega ogni corresponsabilità dello Stato polacco nello sterminio degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale e nega anche qualsiasi collaborazione dei cittadini polacchi con i nazisti. Arrivando a punire con tre anni di carcere chi associa la Polonia all’Olocausto. Dopo la Camera anche il Senato, entrambi controllati dalla destra nazionalista di Jaroslaw Kaczynski, ha dato il via libera al progetto normativo che ha già suscitato la ferma reazione di tutta la comunità internazionale: il governo di Israele ha definito la legge «un caso di negazione della Shoah»; gli Stati Uniti hanno chiesto ai leader della maggioranza conservatrice di modificare il testo; «non si può negare la storia», ha commentato Frans Timmermans , vicepresidente della Commissione europea. Per diventare operativa la legge deve essere ora firmata dal presidente polacco, Andrzej Duda, eletto con i voti della stessa maggioranza di Legge e Giustizia che governa a Varsavia.

Il testo della nuova legge sulla Shoah
La norma sulla Shoah, approvata da entrambi i rami del parlamento, è un emendamento alla legge sull’attività dell’Istituto della memoria nazionale, elaborato e proposto dal ministro della Giustizia Zbigniew Ziobro, uno dei leader dell’attuale coalizione tornata al potere a fine 2015. L’emendamento prevede la possibilità di punire, con una sanzione che da una multa può arrivare anche al carcere fino a tre anni, coloro che - anche nel caso siano uomini e donne sopravvissuto alla Shoah - «pubblicamente e contro i fatti attribuiscono alla Nazione polacca o allo Stato polacco la responsabilità o la corresponsabilità di crimini compiuti dal Terzo Reich tedesco oppure i crimini contro l’umanità contro la pace nonché altri crimini durante la guerra». Una pena che riguarda anche i casi di tentativi «evidenti di sminuire la responsabilità dei reali autori di questi crimini».
Lo stesso emendamento prevede infatti anche la possibilità di portare di fronte al tribunale chi usi l’espressione «campi polacchi della morte», riferendosi ad esempio ad Auschwitz. E di perseguire coloro che negano i crimini compiuti (contro i polacchi) sempre durante la Seconda guerra mondiale dai nazionalisti ucraini. È stato inoltre deciso che il nuovo provvedimento possa riguardare non solo i cittadini polacchi ma anche gli stranieri, «indipendentemente dalle leggi in vigore nel luogo dove tale atto è stato compiuto».

La reazione di Israele
Il ministro israeliano delle Costruzioni, Yoav Galant, ha definito la legge polacca «un caso di negazione della Shoah». «La memoria dei sei milioni di ebrei uccisi - ha scritto su twitter - è più forte di qualsiasi legge. Proteggeremo la loro memoria e faremo nostra la lezione: la capacità di difenderci da noi stessi». Anche l’ex ministro degli Esteri israeliano Tizpi Livni ha attaccato il provvedimento: «Hanno sputato in faccia a Israele due volte», ha detto in diretta alla radio ricordando che era stato raggiunto un accordo tra il premier polacco e quello israeliano Benyamin Netanyahu e che questo «è stato ignorato». Il deputato laburista Itzik Shmuli ha proposto che la Knesset approvi subito leggi a contrasto di quella polacca.
«Questa legge è molto frustrante per noi perché crediamo che la Storia non possa essere cambiata. Speriamo che questa legge non passi perché non vogliamo vedere la Polonia riscrivere retroattivamente la Storia», aveva detto nei giorni scorsi il ministro israeliano per la Cooperazione regionale Tzachi Hanegbi. «Sappiamo - aveva detto a margine di una conferenza sull’antisemitismo alla Farnesina - che ci furono molti cittadini polacchi che aiutarono i tedeschi. Lo so per storia personale perché molti miei parenti furono uccisi in Polonia e i vicini polacchi non li aiutarono, al contrario. Onoriamo quei polacchi che salvarono vite ebree ma non possiamo ignorare che successe anche l’opposto».

La condanna degli Stati Uniti e dell’Unione europea
Gli Stati Uniti, hanno chiesto alla Polonia di rivedere la legge sulla Shoah. Lo ha detto la portavoce del dipartimento di Stato americano Neather Nauert, secondo la quale la legge potrebbe nuocere alla libertà di parola e alle relazioni strategiche. Una task force del Congresso statunitense per la lotta contro l’antisemitismo si è invece detta «allarmata» dalla norma e ha invitato il presidente polacco Duda a porre il veto.
Per l’ex premier di Varsavia e attuale presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, l’espressione «campi polacchi» riferita ai lager nazisti è una «spregevole diffamazione» che «danneggia il buon nome e gli interessi della Polonia» ma la legge approvata dal Parlamento polacco - scrive Tusk nel suo account twitter privato - ha avuto l’effetto boomerang di «promuovere questa vile calunnia in tutto il mondo, efficacemente come nessuno ha mai fatto prima».
«Sulla legge sulla Shoah adottata dal Parlamento polacco non farò alcun commento, ma posso aggiungere che non si deve negare la Storia. Se si conosce la Storia si sa che la responsabilità dei campi di sterminio è stata dei nazisti», ha detto il vicepresidente della Commissione Ue, Frans Timmermans. «Credo che sia importante, e questo lo dico come olandese, conoscere la nostra storia, come fonte di informazione, coscienza, ispirazione, ma allo stesso tempo posso aggiungere che ogni Paese che è stato sotto l’occupazione nazista ha avuto molti eroi, ma anche collaboratori con i nazisti occupanti. Questa è la realtà che tutti dobbiamo affrontare, questa è la realtà sulla quale è stata creata l’Unione europea, questa è la realtà che dobbiamo evitare che si ripeta nel futuro», ha aggiunto Timmermans.

La destra nazionalista in Polonia
La destra reazionaria al governo in Polonia è legata agli ambienti più conservatori del Paese ed molto vicina al cattolicesimo più radicale, ma non aveva mai espresso posizioni antisemite. Pur in un generale tendenza a minimizzare l’antisemitismo storico polacco, come accade del resto in altri Paese dell’Europa centro-orientale. Lo scontro costante di Varsavia con l’Unione europea ha riguardato in questi ultimi due anni, soprattutto la gestione dei flussi dei migranti, fino a mettere in discussione principi fondanti della Ue come la libertà di religione, la multiculturalità, l’accoglienza per i profughi. Bruxelles ha dovuto ammonire il governo polacco anche sulla libertà dei media e sulla separazione dei poteri secondo le regole della democrazia: per la prima volta nella storia dell’Unione, la Commissione Ue ha chiesto di sanzionare la Polonia per la violazione dello Stato di diritto a causa di una riforma del sistema giudiziario che assoggetta la magistratura al controllo del governo.
La forte spinta nazionalista che anima Kaczynski e suoi fedelissimi, unita alle voglia di rivalsa contro la Russia e l’Europa, può spiegare in parte un testo tanto controverso e una legge revisionista, se non negazionista, come quella che sta per entrare in vigore.

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