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lo scontro sul commercio

Ecco la lista Ue dei contro-dazi sui prodotti Usa. Le imprese: allarme per l’escalation

Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker
Il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker

Il governo americano si spacca sui duri dazi contro acciaio e alluminio preannunciati da Donald Trump, con leader del partito repubblicano e del mondo business che scatenano campagne in extremis, dietro le quinte e in pubblico, per neutralizzare o ammorbidire qualunque decisione. Ma, in assenza di marce indietro della Casa Bianca, l’Unione Europea non lascia il fianco scoperto e contrattacca: in risposta a un’azione tacciata di grave protezionismo, ha messo a punto rappresaglie sulle quali oggi solleverà il sipario a Bruxelles.
«Metteremo i dazi su acciaio e alluminio, non abbiamo altra scelta per proteggere i nostri lavoratori e le nostre aziende. Per decenni altri Paesi si sono avvantaggiati a discapito degli Stati Uniti», ha detto Trump, replicando ai critici: «A volte le guerre commerciali non sono così male».

Jeans, moto e whiskey nel mirino Ue
La Ue, secondo indiscrezioni, davanti alle barricate sull’acciaio ha approntato contro-dazi del 25% su beni per 2,8 miliardi di euro che colpirebbero il cuore dell’America e dell’elettorato repubblicano, da motociclette a bourbon e jeans. La mossa potrebbe scattare subito e senza vagli della Wto perché il valore è metà dell’export siderurgico europeo messo in discussione dalla Casa Bianca. E potrebbe ancora ampliarsi: Trump oltre a promettere dazi proprio del 25% contro l’acciaio ha invocato barriere del 10% contro l’alluminio in arrivo dall’estero.

La Ue non è sola nell’alzare il tiro: il Canada, il maggior esportatore di acciaio negli Stati Uniti con una quota del 16%, ha fatto sapere al termine di un round negoziale sulla revisione dell’accordo di libero scambio nordamericano Nafta che dazi Usa «non sarebbero utili» a una nuova intesa. Questo dopo che Trump aveva messo in campo un vero ricatto: avrebbe tolto le “sanzioni” sui metalli a Canada e Messico in cambio di un nuovo Nafta più vantaggioso per gli Usa.

Confindustria: grande allarme per l’escalation
«Siamo estremamente preoccupati del ripiegamento protezionistico degli Stati Uniti e l'adozione di nuovi dazi sull'acciaio e alluminio sarebbe un evento grave, perché significherebbe che il dialogo transatlantico è veramente giunto al capolinea» afferma la Vice Presidente di Confindustria per l'Internazionalizzazione, Licia Mattioli. «Con la recente presa di posizione della Ue vi sono chiari segnali di una escalation in evidente ascesa per la quale vi è grande allarme» aggiunge la Mattioli. «Andrà, inoltre, attentamente ponderata la portata di tali eventuali contromisure che rischiano, potenzialmente, di avere effetti autolesionisti». «L’auspicio - conclude Mattioli - è che non si giunga ad una guerra commerciale che rischia di arrestare la dinamica, complessivamente positiva, del commercio mondiale. C'è molto in gioco, soprattutto quella fetta di ripresa duramente conquistata».

Le divisioni a Washington
Ma la polemica sul protezionismo di Trump infuria ormai anche a Washington. A destare scalpore è una doppia presa di posizione di Paul Ryan, speaker della Camera finora pronto a contorsioni politiche pur di non criticare il presidente. In questo caso prima un suo portavoce ha espresso «forte preoccupazione» per una guerra commerciale. Poi durante una conferenza stampa Ryan ha indicato di voler premere al massimo per dazi “chirurgici”, contro Paesi colpevoli di dumping e sussidi, cestinando le ragioni di «sicurezza nazionale» addotte da Trump. Ryan potrebbe essere interessato direttamente da una rappresaglia europea: il colosso delle moto Harley-Davidson ha sede nel suo stato, il Wisconsin. Altri leader repubblicani rischiano: il bourbon arriva dal Kentucky del leader del Senato Mitch McConnell. Non mancano politici progressisti pro-dazi nel mirino: i jeans di Levy Strauss giungono dalla California della decana dei deputati democratici Nancy Pelosi.

La provvisoria lista europea comprende ad oggi beni di consumo (tra cui anche camicie, cosmetici, piccole imbarcazioni) per un miliardo di euro; bourbon whiskey, succo d’arancia, mais e prodotti agricoli per 951 milioni; acciaio e prodotti industriali per 854 milioni. Bruxelles ha inoltre in cantiere altre due contromisure: un ricorso alla Wto ai danni degli Stati Uniti e azioni di salvaguardia per evitare che acciaio destinato al mercato americano invada l’Europa.

A Washington lo spettro di drammatiche escalation delle tensioni internazionali mobilita, nel tentativo di imbrigliare Trump, anche grandi donatori aziendali a campagne conservatrici, da sempre fedeli a dottrine liberiste tradizionalmente repubblicane fino all’era populista di Trump. I vertici di Canary, colosso dei servizi petroliferi, hanno scritto a Trump per chiedere che torni sui suoi passi. All’interno dell’amministrazione si sta intanto prodigando il capo-consigliere economico Gary Cohn, leader dell’ala globalista, contro i nazionalisti adesso vittoriosi della triade commerciale di Wilbur Ross, Peter Navarro e Robert Lighthizer.

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