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Perché non sarà facile aprire il canale diretto…

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la svolta coreana

Perché non sarà facile aprire il canale diretto Pyongyang-Washington

(Reuters)
(Reuters)

Tra le ultime sorprese dal fronte intercoreano, una è sicuramente il luogo dove si terrà, nella seconda metà di aprile, il terzo summit tra Nord e Sud. Non a Pyongyang, come accadde nel 2000 e 2007, ma a Panmunjom, esattamente al confine.

Anche se si chiama “Peace House”, l’edificio dove si svolgeranno i colloqui tra il leader Kim Jong-un e il presidente sudcoreano Moon Jae-in è di fatto uno dei simboli delle tensioni che gravano sulla penisola senza interruzioni dalla fine di una guerra conclusa con un armistizio mai sfociato nella pace. Molti analisti vedono nel vertice – presso una frontiera che entrambe le parti vorrebbero abolire - una dimostrazione della volontà delle due Coree di prendere in mano con decisione i loro destini. Ma è chiaro che gli esiti del summit saranno connessi al concretizzarsi o meno delle prospettive di un dialogo tra Pyongyang e Washington, rilanciate dal primo incontro di Kim - avvenuto lunedì - con una delegazione d’alto livello proveniente dal Sud.

L’attivissima diplomazia di Moon nel promuovere una distensione e allontanare i venti di guerra non può infatti che incontrare precisi limiti. Come sottolinea Andrei Lankov, professore di studi coreani all’ Università Kookmin, «i nordcoreani non intendono trattare la questione nucleare con la Corea del Sud». In ogni caso, Seul non è propriamente in grado di negoziare in proposito per conto degli Usa. Non ci sono alternative all’apertura di un canale diretto tra Pyongyang e Washington: ipotesi che appare meno lontana dopo il comunicato rilasciato dalla delegazione sudcoreana al ritorno da Pyongyang, secondo cui il Nord è aperto a discutere di denuclearizzazione e a non effettuare test nucleari o balistici nel periodo in cui si dovessero svolgere le trattative, in quanto non vedrebbe ragioni per possedere armamenti nucleari se la minaccia bellica nei suoi confronti fosse eliminata e la sicurezza del regime garantita.

Inoltre Kim si sarebbe dimostrato pronto a «comprendere» lo svolgimento delle tradizionali manovre congiunte tra forze armate sudcoreane e americane (rinviate per le Olimpiadi) a inizio aprile, anticipando che non per questo irrigidirà il suo atteggiamento. Al di là dei primi tweet ambigui e possibilisti di Donald Trump, resta da vedere se la visita dei prossimi giorni a Washington dei capi-delegazione sudcoreani che hanno parlato con Kim contribuirà a sciogliere le riserve americane.

Di sicuro l’ottenimento di progressi negoziali sulla questione nucleare richiederà parecchio tempo. Un periodo in cui - come temono i falchi del Pentagono - il regime potrebbe continuare a perfezionare il suo dispositivo missilistico-nucleare (il sito 38 North ha reso noto che l’impianto di Yongbyon sta dando segni di rinnovata attività). Inoltre Pyongyang metterebbe presto sul tappeto la richiesta di un allentamento delle sanzioni internazionali. Il che è per molti il suo vero obiettivo a breve.

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