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Unione bancaria, iPaesi del Nord: «Più ordine sui debiti…

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la lettera inviata ai partner

Unione bancaria, iPaesi del Nord: «Più ordine sui debiti pubblici»

  • –dal nostro corrispondente
(Reuters)
(Reuters)

BRUXELLES - In un momento in cui i Ventisette stanno negoziando su vari piani – dall’unione bancaria al bilancio comunitario – otto paesi hanno presentato la propria posizione in trattative che si confermano difficili. Tra le priorità vi è quella «di studiare un meccanismo di ristrutturazione ordinata dei debiti pubblici» nel caso di aiuto comunitario. Per l’Italia post voto, la presa di posizione è un incentivo a formare rapidamente un nuovo governo che possa negoziare a pieno titolo a Bruxelles.

I paesi firmatari sono una panoplia di stati membri dell’Europa del Nord, medi, piccoli o piccolissimi, alcuni dei quali partecipano alla zona euro, mentre altri sono solo membri dell’Unione. La lista comprende la Danimarca, l’Estonia, la Finlandia, l’Irlanda, la Lettonia, la Lituania, l’Olanda e la Svezia. La lettera inviata ai partner e distribuita alla stampa è lunga due pagine e vuole mettere nero su bianco le priorità dei governi firmatari mentre negoziati si svolgono su non pochi tavoli.

Il documento non contiene novità particolari, e le priorità sono generiche. Ma è interessante che otto paesi abbiano voluto prendere posizione rispetto ai quattro grandi: la Germania, la Francia, l’Italia e la Spagna. Sul fronte delicatissimo dell’unione bancaria, i governi sostengono che l’agenda del giugno 2016 «dovrebbe rimanere la base per il futuro delle discussioni». E ancora: «Un prossimo passaggio dovrebbe servire a precisare meglio i passi specifici che devono essere compiuti».

Tra gli elementi citati: cuscinetti adeguati per la partecipazione dei creditori al salvataggio di una banca in crisi (bail-in); sane politiche degli accantonamenti in vista di sofferenze creditizie; il trattamento regolamentare delle esposizioni ai debiti nazionali delle banche; nuove regole più efficienti nelle procedure di insolvenza. Proprio nei prossimi giorni, la Commissione europea dovrebbe pubblicare misure per ridurre ulteriormente i crediti di cattiva qualità nei bilanci bancari.

La presa di posizione degli otto paesi del Nord Europa non sorprende. I negoziatori sono in una fase delicata delle trattative sull’unione bancaria. Sul tavolo vi è la creazione di una garanzia comune dei depositi. Mentre alcuni paesi continuano a pensare che molto è stato fatto per ridurre i rischi ed è giunto il momento di condividere i rischi, altri governi continuano a insistere perché i bilanci bancari vengano risanati ulteriormente (si veda Il Sole/24 Ore del 24 gennaio e del 21 febbraio).

Evidentemente i paesi firmatari della presa di posizione sembrano appartenere al secondo gruppo di stati. Sulla stessa linea è l’idea di prevedere una ristrutturazione dei debiti nazionali Nella loro lettera, gli otto governi sostengono l’idea che la trasformazione del Meccanismo europeo di Stabilità in Fondo monetario europeo dovrebbe prevedere un sistema di ristrutturazione dei debiti pubblici quando questi sono a livelli insostenibili e quando il governo riceve l’aiuto comunitario.

L’idea non piace a Francia e italia, che temono di attizzare nervosismo sui mercati finanziari. Sulla questione, la Germania per ora ha avuto posizioni ambigue. Infine, la lettera precisa che il prossimo bilancio comunitario debba promuovere riforme economiche nei singoli paesi, in linea con una recente proposta di Berlino (si veda Il Sole/24 Ore del 22 febbraio). In questo senso la riforma della zona euro, scrivono i paesi firmatari, deve concentrarsi «su ciò che è utile, non su ciò che è bello».

Con la loro presa di posizione, gli otto paesi vogliono da un lato chiarire ai partner le loro priorità e dall'altra evitare che i negoziati vengano dominati dai paesi più grandi. La presenza di paesi sia della zona euro che dell’Unione rende il gruppo al tempo stesso più ampio ma anche meno omogeno. Al di là dei contenuti specifici, la lettera è un indiretto richiamo all’ordine per una Italia che dopo il voto del 4 marzo non può permettersi una lunga e deleteria incertezza politica.

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