MOSCA - Il grande interrogativo sono i consensi che gli verranno dai giovani. «I pensionati - riflette Ksenia Abanokova, ricercatrice dell’Alta scuola di Economia di Mosca, autrice di un’indagine sulle motivazioni economiche degli elettori in Russia - votano perché l’hanno sempre fatto. Le persone di mezza età votano perché devono scegliere: è gente che lavora, la situazione economica del Paese ha un impatto su di loro. L’atteggiamento dei giovani invece dipende da tanti fattori diversi». Alla vigilia delle elezioni di oggi, programmate il 18 marzo perché coincidano con il quarto anniversario del rientro della Crimea nella Federazione Russa, la generazione Putin si presenta in ordine sparso.
Qualcuno, pur sapendo che il risultato è già scritto, si fa comunque emozionare dalla propria prima volta al seggio, e ragiona e si interroga sulle alternative, come se fossero concrete (nel grafico a fianco, la distanza nei consensi per il presidente e gli altri sette candidati). Altri si arrovellano nell’indecisione fino all’ultimo: «Non chiedermi se andrò a votare, ancora non lo so!». Altri ancora hanno le idee ben chiare, pro o contro il sistema che sta entrando in una fase nuova: oggi inizia l’ultima parte del regno di Putin. Qualunque cosa sarà diventata la Russia nel 2024, alla scadenza di questo quarto mandato, saranno soprattutto i giovani a ereditarla.
Quello che hanno ricevuto finora spiega perché buona parte di loro - probabilmente una maggioranza - voterà per Putin. «Non vedo alternative credibili - spiega un’interlocutrice che chiede di non fare il proprio nome -. E poi le cose non vanno così male come negli anni ’90. Ora la maggior parte della gente che ha vissuto quei tempi difficili può entrare in un negozio e comprare tutto quello che vuole, ha un lavoro, ha denaro. Non tutti, certo, come non tutti vanno a manifestare per le strade: ma secondo me l’incertezza sulle percentuali di sostegno a Putin è tra un 70 o un 80%, non meno».
Nadezhda Azhgikhina, segretario dell’Unione dei giornalisti russi, è d’accordo sul fatto che i ragazzi che non possono ricordare altro leader che Putin sono in maggioranza suoi sostenitori: «Gli piace l’idea del Paese forte, del presidente che alza la voce con i leader mondiali. Sono orgogliosi del loro Paese». Anche questa è una reazione al crollo dell’Urss e allo smarrimento che ne è seguito. Per loro, continua Nadia, «Putin è soprattutto un simbolo. Il simbolo gli piace, ma a molti non piacciono le conseguenze pratiche del putinismo». E qui scatta il movimento di protesta, perché «questa è una generazione che non ha paura». Chi resta disgustato dall’ipocrisia, dalla mancanza di opportunità se non sei schierato, dalle pressioni e dalla corruzione, non ha paura perché a differenza dei propri genitori e dei nonni - scrive nel suo blog il giornalista Anton Nosik - «non sa cosa significa essere arrestato perché hai letto Solzhenitsyn». Su di loro non faranno certo presa i tentativi più o meno maldestri, più o meno simpatici delle autorità di rafforzare quanto possibile nel voto un’affluenza di cui Putin - proprio per compensare l’assenza di una scelta reale - ha bisogno per legittimare i suoi piani per questo nuovo mandato. In cui ogni cambiamento, a dispetto di chi invoca una svolta, sembra sì destinato a preparare la Russia del dopo-Putin, ma garantendo la continuità al sistema dietro di lui.
«Uno dei compiti principali della futura presidenza - spiega una fonte - sarà fortificare il sistema politico interno. Finora ho avuto l’impressione che Putin fosse indispensabile anche per le più piccole cose, presente in ogni dossier come un padre della patria che sa risolvere ogni problema. Avrà la lungimiranza di pensare a riformare la politica interna inserendo persone capaci di governare la Russia quando domani non ci sarà più un presidente così forte?».
Un cambio di passo che potrebbe prevedere riforme sempre più indispensabili, una maggiore attenzione al livello di vita della gente, la pretesa di più efficienza da una squadra che in parte il presidente sta rinnovando, quasi a dare un volto nuovo alla fase di transizione. E sempre di più, al di sopra della squadra e lontano anni luce dalle richieste dell’opposizione, l’attenzione si focalizzerà sulla scelta del successore. Markus Schneider, economista di AllianceBernstein, fa un nome, quello di uno dei più potenti alleati di Putin nel campo dei “falchi”, alla guida del colosso russo del petrolio: «La roulette sarà tra i membri del circolo più prossimo al presidente, come Igor Sechin. Il numero uno di Rosneft ha tutte le carte per essere il nuovo candidato alle presidenziali del 2024». Il vero cambiamento può attendere. A meno che tra sei anni la generazione Putin, cresciuta, non ritenga di aver conquistato il diritto a dire per davvero la sua.
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