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Il trionfo annunciato di Putin: chiude la partita al 76,6%

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ELEZIONI PRESIDENZIALI

Il trionfo annunciato di Putin: chiude la partita al 76,6%

MOSCA - Nella notte il distacco è cresciuto ulteriormente, e al 99% dei voti scrutinati Vladimir Putin chiude la partita al 76,6% - il suo miglior risultato - lasciando all'11,8 l'inseguitore più vicino, il candidato comunista Pavel Grudinin. Ampiamente superata la soglia del 70% dei consensi che la squadra del presidente si era posta come obiettivo perché il risultato fosse credibile, e lo zar potesse ripartire da un trono ancora più alto di prima: più forte nei confronti del Paese, del mondo esterno, dell'apparato con cui dovrà preparare i prossimi passi.

L'atmosfera è quindi trionfale quando Putin - a conteggio ancora in pieno svolgimento - è uscito ieri sera sulla piazza del Maneggio, accanto alla Piazza Rossa, a farsi osannare. «Ci sono dodici gradi sotto zero ma siete qui!», ha ringraziato, lanciando un invito all'unità e alla collaborazione con gli altri candidati, che intende incontrare. «Russia! Russia!», gli hanno risposto, ormai il suo grido di battaglia che ha ripetuto poco dopo salutando la squadra, e poi in una breve conferenza stampa. Dove ha iniziato a sciogliere i primi interrogativi sul modo in cui intende impostare il prossimo mandato. Che non sarà «business as usual - ha detto il presidente -, dobbiamo fare una svolta». Per sapere cosa significa esattamente bisognerà aspettare, perché Putin ha detto che deciderà se cambiare il governo solo dopo l'inaugurazione, in maggio, e ha auspicato che tutte le forze politiche e i vari clan mettano da parte i propri interessi per lavorare insieme alle riforme. Putin ha escluso modifiche alla Costituzione, che al momento gli impedisce di ricandidarsi per un terzo mandato consecutivo.

La Commissione elettorale centrale ha fissato al 67,4% il dato sull'affluenza, questo sì inferiore agli obiettivi fissati, sempre del 70%. Ma probabilmente il Cremlino temeva un dato ancora inferiore, un maggiore seguito al richiamo dell'oppositore Aleksej Navalny al boicottaggio. «Non chiamatele elezioni, questa è una farsa - ripete dall'esilio il campione mondiale russo di scacchi, Garry Kasparov -. Il solo voto che conta in una dittatura come la Russia è quello di Putin». Nel corso della giornata elettorale si sono moltiplicate le denunce di brogli, i video di funzionari ripresi mentre imbottivano le urne di schede precompilate: nel risultato finale non sarà mai possibile distinguere con certezza i voti frutto di un reale appoggio a Putin da quelli nati nei brogli, nati dalle catene di pressioni di funzionari e datori di lavoro sui dipendenti, nati nello stesso scenario complessivo in cui si è svolto un processo elettorale che ha confermato per la quarta volta Vladimir Putin presidente della Federazione Russa.

Putin ha ampiamente migliorato la prestazione del 63,60% raccolto nel 2012, ma anche tutti i risultati precedenti: il 53,4% del 2000, il 71,9% del 2004 e anche il 70,28% di Dmitrij Medvedev, nel 2008. E ora va ad avvicinarsi a un record: al termine di questo nuovo mandato, nel 2024, Putin avrà totalizzato 8.979 giorni di permanenza al potere, a confronto dei 10.636 di Stalin.

Non c'era nessun dubbio sulla grande distanza che avrebbe separato il presidente dal secondo arrivato, il comunista Grudinin. Che tuttavia, con un dato dell'11,8% migliora sensibilmente il 7% che gli accreditavano i sondaggi. Terzo l'ultranazionalista Vladimir Zhirinovskij, al 5,6%, quarta Ksenia Sobchak, unica donna in gara: debutta all'1,6%, fa sapere che questo è solo un inizio, che la campagna elettorale è stata terribilmente sporca e che immediatamente chiederà a Putin - di cui suo padre Anatolij Sobchak fu padrino a Pietroburgo - l'impegno a liberare i detenuti politici. Agli altri quattro candidati è rimasto dall'1% in giù.

Parlando al seggio installato all'Accademia delle Scienze, domenica mattina, Putin aveva detto che avrebbe accolto positivamente qualunque percentuale di consensi che gli permettesse di «adempiere ai propri doveri presidenziali». E si era detto convinto che il proprio programma elettorale - peraltro mai formalizzato - «sia quello giusto».

Ne è convinta un'elettrice, Lera, che all'uscita dal seggio aveva riassunto le ragioni alla base della scelta di molti: «Diciotto anni fa - racconta - non ero per Putin. Che cosa ha cambiato per me personalmente in questi 18 anni? Io sono una semplice babuzhka, sono nata in questo quartiere, e ora che in queste vie dove passeggiavo da bambina ci sono le mie nipotine, lo vedo profondamente trasformato. Con Putin la nostra vita è cambiata, lui è un patriota, è intelligente. Nei prossimi sei anni potrà cambiare ancora tante cose per noi». Nelle considerazioni di Lera rientra anche il ritorno della Crimea alla Federazione Russa, celebrato dal concerto sulla Piazza Rossa, e il confronto esploso tra la Russia e l'Occidente: «Ora tutti si riferiscono a noi in modo negativo, ma noi non siamo così. Vogliamo la pace, l'abbiamo sempre voluta. Quanto alla Crimea, forse quando Khruscev l'ha assegnata all'Ucraina era legittimato a farlo, ma nessuno ha chiesto un parere a noi russi o ai crimeani. Ora sono tornati da noi: ma non vogliamo creare un confronto. Io voglio solo tornare a provare orgoglio per il mio Paese, dopo la depressione degli anni 90 in cui potevamo contare solo su Dio». A cui qualcuno ora potrà dare una mano almeno per altri sei anni.

Sul fronte opposto a quello di Lera, domenica Aleksey Navalny ha puntato il dito su cifre che ha definito gonfiate parlando di “bezpredel” generalizzato, illegalità ovunque. Sui social media per tutto il giorno hanno circolato video di funzionari colti a imbottire le urne, qualcuno ha denunciato i famigerati “carousel”, elettori finti trasportati in autobus da un seggio all'altro. «Io personalmente sono contro Putin - aveva detto -. Penso che dopo averci diretto per 18 anni, sarebbe ora che il potere cambiasse». Altri hanno espresso il loro “no” a Putin disertando le urne, come Vladislav, insegnante: «Il mio candidato - scherza - non è ancora nato». E poi c'è chi ha detto “no” in un altro modo. Vladimir Kara-Murza, politico dell'opposizione, mostra la fotografia della propria scheda elettorale su cui ha scritto, coprendo i nomi di tutti i candidati, quello di Boris Nemtsov. «Il mio candidato non c'è - twitta Kara-Murza -, l'hanno ucciso».

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