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Guerra commerciale? Germania (e Italia) ne uscirebbero a pezzi

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il protezionismo di trump

Guerra commerciale? Germania (e Italia) ne uscirebbero a pezzi

Una guerra commerciale è negativa per tutti, ma per alcuni è solo un fastidioso raffreddore, mentre per altri rappresenta una temibile polmonite con pericolose complicazioni. Trump lo sa bene quando afferma che vincere una “trade war” dipende innanzitutto dal tuo avversario: se si tratta della Germania (che ha un surplus commerciale pari all’8% del Pil) o dell’Eurozona nel suo complesso (surplus commerciale al 3,5% del Pil), significa fargli scacco matto in poche mosse, come nota Wolfgang Münchau sul Financial Times.

Gli Stati Uniti sono il primo acquirente mondiale del made in Germany. E non si tratta solo dell’acciaio, colpito dai dazi Usa, di cui la Germania è uno dei maggiori esportatori oltreoceano (senza dimenticare peraltro l’Italia). Una possibile escalation protezionistica tra le due sponde dell’Atlantico potrebbe arrivare a far premere a Trump il pulsante nucleare, quello sull’importazione di auto, misura che peraltro Donald ha già minacciato di fare con dazi del 35%: secondo il think thank Bruegel costerebbe all’industria automotive europea almeno 17 miliardi di dollari l’anno (stima effettuata per difetto).

Per questo Berlino è, da tempi non sospetti, preoccupata dagli umori dell’inquilino della Casa Bianca. La Repubblica federale è in ansia fin da quando in campagna elettorale “The Donald” prendeva platealmente di mira Messico e Cina ma in realtà, nel suo ambizioso sogno di bloccare la globalizzazione, lanciava impliciti e sinistri avvertimenti anche alla Germania e più in generale all’Eurozona.

Poche settimane dopo l’elezione a sorpresa di Trump, lo Spiegel scriveva apertamente di “attacco al modello tedesco” e si domandava preoccupato se davvero il nuovo inquilino della Casa Bianca volesse cercare di distruggere la globalizzazione a colpi di tweet, e assieme a quella il Paese che probabilmente più di tutti gli altri ha prosperato grazie al liberoscambio e all’eliminazione delle barriere commerciali.

Attenzione poi a non pensare che quel che fa male alla Germania non faccia male anche all’Italia. I rapporti commerciali tra i due Paesi sono più forti che mai, con un interscambio che nel 2017 ha toccato il record storico di 121,2 miliardi di euro (+7,6% rispetto all’anno precedente, dati di pochi giorni fa) e che hai suoi punti di forza nei macchinari, nell’automotive, nel chimico-farmaceutico e nell’elettrotecnica-elettronica.

La Germania è il primo partner commerciale dell’Italia sia in termini di importazioni che di esportazioni, con in testa le regioni più dinamiche dei due Paesi: Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna da una parte; Baviera, Baden-Württemberg e Nordreno-Vestfalia dall’altra. L’automobile tedesca, che potrebbe finire nel mirino di Trump, è costruita su una catena internazionale del valore che vede i fornitori italiani in prima linea. Siamo così sicuri che i destini delle prime due economie industriali della Ue siano così slegati?

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