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il caso skripal

Russia-Occidente, gli effetti economici di una nuova «guerra fredda»

Spalaneve davanti alla rappresentanza dell’Unione Europea a Mosca, di fronte al Cremlino
Spalaneve davanti alla rappresentanza dell’Unione Europea a Mosca, di fronte al Cremlino

Alcuni Paesi hanno già avvertito: non si tratta solo di espellere qualche diplomatico sospettato di appartenere ai servizi di intelligence russi. Alla catena di annunci rimbalzati da una capitale all’altra lunedì potrebbero seguire ulteriori provvedimenti, destinati a incidere più a fondo nel legame con la Russia accusata di aver orchestrato l’attacco a Serghej Skripal. L’ex agente dei servizi militari russi, tuttora in condizioni critiche a Salisbury, è diventato il simbolo di quella che già tanti chiamano “nuova guerra fredda”. Di cui non è dato vedere la fine né le dimensioni, con ogni Paese alla ricerca di un equilibrio tra i segnali da lanciare e i propri interessi. «Questo è il momento di tensione maggiore dagli anni 80», scrive il Moskovskij Komsomolez. Tutto dipende dalle prossime mosse e dalla risposta del Cremlino: la crisi si fermerà al piano relativamente indolore delle espulsioni - solidarietà dovuta alla Gran Bretagna - o andrà oltre, a toccare il legame economico oltre che politico tra Russia e Occidente?

Il rischio è uno scenario in cui diventi improponibile ogni forma di collaborazione con Mosca, almeno ai livelli più alti: tra i primi a dover prendere posizione sarà Emmanuel Macron, presidente di un Paese tra i maggiori investitori stranieri in Russia, invitato come ospite d’onore al Forum economico internazionale di San Pietroburgo, in maggio, dove Macron ha (aveva?) in programma di rilanciare l’agenda economica bilaterale. Dopo la visita di Matteo Renzi, due anni fa, il Forum di Pietroburgo è diventato lo specchio di una normalità che si cerca di recuperare, malgrado le sanzioni decise contro la Russia nel 2014 per la crisi ucraina e rinnovate ogni sei mesi siano ormai diventate elemento costante del panorama, anche prima di Skripal. Sulle esportazioni italiane ed europee in Russia, tuttavia, più che le controsanzioni e l’embargo alimentare russo ha pesato la crisi economica, che proprio negli ultimi mesi aveva iniziato a mostrare incoraggianti segnali di ripresa: «Nel 2017 - spiegava nei giorni scorsi a Radio 24 Pier Paolo Celeste, responsabile dell’Ufficio Ice a Mosca - la crescita delle importazioni russe dall’Italia è stata di quasi il 26%, seconda soltanto alla Corea del Sud. Aumentano i consumi, e questo ci fa ben sperare».

LA POSTA IN GIOCO: L’ITALIA E GLI ALTRI
Esportazioni in Russia, a confronto il 2016 e i primi 11 mesi del 2017. Valori in milioni di euro (Dogane russe - Elaborazione ICE Mosca)

Ma ora, scrivono da Mosca, la comunità degli imprenditori italiani è incredula, attenta a capire meglio come evolverà la situazione. Le tensioni con la Russia, ha detto ieri a Milano il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, «possono creare danni alle nostre aziende perché tutta l’economia italiana vive di export ed è evidente che ogni tensione con alcuni Paesi crea distonie economiche su cui dobbiamo stare attenti». «Questa è una fase delicatissima - aggiunge da Mosca il presidente di Confindustria Russia, Ernesto Ferlenghi, in un’intervista all’agenzia Agi -, in cui tutto può succedere», compresa l’introduzione di nuove sanzioni economiche. E se l’incertezza durerà troppo a lungo, «continueremo a perdere terreno a favore dei nostri competitor: se la strategia era spingere la Russia nelle mani dei cinesi - ha detto ancora Ferlenghi - tutte queste azioni stanno andando proprio in quella direzione». «Sono stato da poco ospite dell’ambasciatore americano a Mosca - fa sapere Giorgio Callegari, presidente del Gruppo imprenditori italiani in Russia - e lui, pubblicamente, ha affermato che non è giusto che la cattiva politica comprometta i buoni rapporti economici. Dichiarazione che mi sento di condividere».

Incassato il sostegno dei Paesi occidentali, la premier britannica Theresa May guarda oltre: ai partner europei ha chiesto di valutare «ulteriori misure» da discutere al Consiglio europeo di giugno. Chi ritiene insufficiente l’espulsione dei diplomatici, come Marko Mihkelson, presidente della Commissione affari esteri nel Parlamento dell’Estonia, cita Nord Stream 2 come modo più efficace di colpire gli interessi russi. Il secondo braccio del gasdotto che collega Russia e Germania attraverso il Baltico, del resto, è già nel mirino di sanzioni americane pre-Skripal, che potrebbero arrivare a colpire qualunque compagnia straniera partecipi al progetto. «Perché l’Unione Europea - si chiede Mihkelson - non decide di fermare la costruzione di Nord Stream 2? Oppure, visto che parliamo di Londra, la City è una fonte importante di finanziamento per le compagnie statali russe dell’oil & gas».

Ma è possibile che l’unità ritrovata dall’Europa sui diplomatici non regga a provvedimenti più incisivi nei confronti della Russia. Per la Germania, secondo il neoministro degli Esteri Heiko Maas, Nord Stream 2 è un progetto esclusivamente economico, non collegabile al caso Skripal. La stessa Gran Bretagna, del resto, non colpirà a fondo Mosca su un altro fronte, i Mondiali di calcio. Boicottarli, ha detto ieri il ministro degli Esteri Boris Johnson a Westminster, punirebbe la nazionale inglese e i tifosi. In Russia si va.

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