La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina è iniziata davvero: con l’entrata in vigore a partire da lunedì mattina di tariffe fino al 25% su 128 prodotti statunitensi importati dalla Cina, tra cui carne di maiale e frutta, per un valore totale 3 miliardi di dollari. È la risposta alla “mossa protezionistica” decisa dal presidente Donald Trump, dazi su acciaio e alluminio varati a marzo. Pechino, riferisce una nota del ministero del Commercio cinese, cerca così di «salvaguardare gli interessi della Cina e bilanciare le perdite» legate alle nuove tariffe Usa.
Nello stesso tempo, si sollecita Washington «a revocare le misure protettive che violano le regole del Wto» e a «riportare i rapporti bilaterali sui relativi prodotti alla normalità». Ma dall’altro fronte sta per arrivare un’altra bordata durissima: entro venerdì è atteso l’annuncio di ulteriori dazi su importazioni cinesi del settore hi-tech, beni di un valore di 50/60 miliardi di dollari.
Le misure decise dagli Usa contro acciaio e alluminio sono «un abuso delle clausole di sicurezza» del Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio, e colpiscono seriamente il principio della non discriminazione nel sistema multilaterale del commercio, ha rilevato il ministero nella nota pubblicata sul suo sito Internet, aggiungendo che «gli interessi della Cina sono stati seriamente danneggiati».
I beni target, per un totale di 3 miliardi di dollari, sono stati definiti il 23 marzo per bilanciare i danni causati dai dazi al 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio. Il Governo ha aperto una consultazione pubblica: in base al «forte sostegno registrato», le misure sono entrate in vigore lunedì. Il ministero delle Finanze ha fatto suo lo schema che prevede una doppia serie di dazi: al 15% su 120 beni (tra cui la frutta come mele e mandorle), e al 25% su carne di maiale e derivati per un valore nel 2017 di 1,1 miliardi di dollari che fanno della Cina il terzo mercato Usa di riferimento. Si ratta di prodotti su cui Pechino già applicava tariffe e che ora vengono ulteriormente elevate: sull’etanolo, per esempio, la Cina già esigeva un dazio del 30%, che ora diventa del 45%.
Per ora, Pechino evita di colpire settori più “sensibili” per l’economia Usa, come la soia (il Paese ne importa 14 miliardi di dollari dalle fattorie americane) e i Boeing, in quella che può ancora essere letta come una risposta moderata . Lo scorso anno i prodotti agricoli americani finiti sui mercati cinesi hanno totalizzato i 20 miliardi. Il 2017 ha visto Pechino registrare un surplus verso gli Usa di 275,8 miliardi, pari al 65% del totale. Il disavanzo nei dati del Census Bureau di Washington è stimato invece in ben 375,2 miliardi.
Lo scontro è destinato quando la Casa Bianca renderà pubblica la lista dei 1.300 prodotti tlc, hi-tech e aerospazio made in China, del valore di 50-60 miliardi di dollari, che saranno colpiti da dazi al 25%. L’elenco è atteso entro il 6 aprile, dopo l’annuncio del 22 marzo. Poi ci saranno 30 giorni di consultazioni con l’industria Usa e 180 giorni per il varo definitivo dei dazi.
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