I due giganti dell’economia mondiale alzano barriere sulle importazioni di migliaia di prodotti. L’effetto è potenzialmente dirompente, anche se le misure annunciate oggi riguardano una piccola parte dell’interscambio Usa-Cina - che vale oltre 630 miliardi di dollari - e non sono immediatamente esecutive. Il governo americano per ora si è limitato a pubblicare una lista di 1.300 prodotti da sottoporre a consultazione con le imprese. La procedura durerà settimane, se non mesi, anche perché nel frattempo sono in corso negoziati ad alto livello tra Washington e Pechino per cercare un’intesa che scongiuri l’entrata in vigore dei dazi. Eppure gli effetti - se i dazi scatteranno davvero - si faranno sentire, come conferma la reazione negativa in Borsa di molte società quotate a Wall Street. Vediamo quali potrebbero essere le aziende e i settori più penalizzati dalla nuova battaglia commerciale tra Usa e Cina.
Boeing trema
Le tariffe del 25% annunciate dalla Cina in risposta ai dazi americani riguardano anche gli aerei, in particolare alcune varianti del modello 737 di Boeing, il maggior produttore americano. L’azienda di Seattle potrebbe quindi subire un contraccolpo, a tutto vantaggio del grande rivale europeo Airbus. In base ai limiti di peso inseriti nella lista cinese, semba tuttavia che la linea più nuova e popolare del 737, la Max, non rientri nelle misure di ritorsione, così come i modelli 747 e 777. Gli effetti insomma per Boeing potrebbero rivelarsi meno pesanti del previsto, sempre che i dazi scattino davvero. La Cina è un mercato chiave per l’aeronautica civile, destinato a sorpassare gli Stati Uniti entro il 2022 come primo acquirente mondiale. Pechino assorbe un quarto delle vendite di Boeing e nel 2016 ha acquistato aerei made in Usa per un valore di 15 miliardi di dollari.
I produttori di soia del Midwest
Quando il ministero del Commercio cinese stamane ha annnunciato che i dazi del 25% avrebbero incluso i semi di soia americani, si è subito capito che voleva colpire il cuore dell’export agricolo statunitense. Il prezzo più alto rischiano infatti di pagarlo i produttori di semi di soia del Midwest, stati cruciali per le chance di rielezione del presidente Trump, che esportano in Cina un terzo dell’intero raccolto, per un valore vicino ai 14 miliardi di dollari. Chi ne trarrà beneficio? In prima fila ci sono i concorrenti sudamericani degli Stati Uniti: Brasile e Argentina, rispettivamente secondo e terzo produttore al mondo di semi di soia. I dazi cinesi colpiranno anche altre materie prime agricole americane, come grano, mais, cotone, sorgo, tabacco e carne di manzo.
La carne di maiale in Cina
A conferma di quanto le misure di difesa commerciale producono effetti collaterali perversi, le tariffe di Pechino faranno probabilmente salire i prezzi dei semi di soia americani in Cina, che sono uno dei principali ingredienti dei mangimi dei suini cinesi. Il risultato di queste misure potrebbe quindi essere un aumento del prezzo della carne di maiale in Cina, piatto fondamentale nella cucina tradizionale del Paese. Le vittime finali insomma potrebbero essere i consumatori cinesi.
Le case automobilistiche americane
Il governo cinese intende colpire anche le esportazioni americane di auto. A rimetterci in questo caso sarebbe per esempio Tesla, che punta molto sul mercato cinese, ma anche Gm e Ford. General Motors ha subito diffuso una nota in cui invita le parti a trovare una soluzione amichevole che non danneggi «l’interdipendenza tra i due mercati». La lista dei dazi di Trump invece non contiene le batterie elettriche, una componente fondamentale per i produttori Usa che si stanno convertendo all’auto elettrica.
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