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Orban sempre più leader, si rafforza l’Europa di Visegrad

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DOPO IL VOTO IN UNGHERIA

Orban sempre più leader, si rafforza l’Europa di Visegrad

Il leader ungherese Viktor Orban
Il leader ungherese Viktor Orban

BUDAPEST - «Questa vittoria ci dà la forza per difendere la nostra Ungheria in Europa», «tantissimi ungheresi si sono affidati a noi confermando le nostre convinzioni: già nelle prossime settimane verrà approvata una nuova legge sulle organizzazioni umanitarie che operano nel nostro Paese», la cosiddetta legge Stop Soros. Le dichiarazioni di Viktor Orban e dei suoi fedelissimi dopo il trionfo elettorale sono quasi un programma di governo, trasparente, annunciato, democratico che nasconde tuttavia una ulteriore spinta autoritaria: il premier magiaro si appresta a dare battaglia a Bruxelles per presidiare il proprio interesse nazionale, a cominciare dal negoziato già iniziato sulla ripartizione dei fondi comunitari dopo il 2020.

In Europa l’obiettivo è il nuovo budget
Il primo obiettivo sulla scena internazionale è, per Budapest, continuare a spremere il budget Ue: quella ungherese è infatti l’economia dell’Unione che ha beneficiato maggiormente dei fondi europei: 34,3 miliardi di euro a partire dal 2014 e il 2020, pari a quasi cinque miliardi all’anno e quindi a circa il 4% del Pil, risorse determinanti per sostenere la crescita. In questa fase, tutta la battaglia sui migranti, la retorica nazionalista contro «l’ivasione dell’Islam», la propaganda sulla cultura e la religione, le accuse alle «democrazie illiberali» e alle «società multiculturali decadenti» faranno solo da contorno all’obiettivo principale, il budget Ue. Più avanti verrà il tempo di insistere sull’«Europa delle patrie» per fermare i tentativi di riformare l’Unione che vengono soprattutto da Francia e Germania. «Ma la questione non è urgente - spiega con cinismo, un dirigente del Fidesz, il partito di Orban - conosciamo bene le lungaggini di questi dibattiti e, ad essere sinceri, non sappiamo se e quando si concretizzeranno progetti sul ministro europeo delle Finanze o sull’Unione bancaria, così come la doppia velocità di cui sentiamo parlare».

«Non credo ci saranno significativi cambiamenti nella politica economica e monetaria dell’Ungheria. Orban inoltre - spiega Vanda Szendrei, analista di Oxford Economics - continuerà a mostrare la massima apertura agli investitori internazionali. E tuttavia, lo scontro prevedibilmente sempre più acceso con l’Unione europea potrebbe avere conseguenze negative sulla crescita. Lo sviluppo di lungo periodo dipenderà dalla capacità del Fidesz di affrontare con successo le sfide che vengono dall’invecchiamento della società, dalla gestione dei flussi migratori e la ridotta produttività».

Aumentano gli alleati e gli estimatori di Orban
La schiacciante vittoria nel voto di domenica ha rilanciato la leadership di Orban in Europa, forse più di quanto sperassero a Bruxelles o a Berlino. Il blocco euroscettico di Visegrad è oggi più solido che mai, la Slovacchia e la Repubblica Ceca sono meno esposte ma ben allineate, mentre la Polonia reazionaria di Jaroslaw Kaczynski è sicuramente l’alleato più fedele nella sfida contro i valori dell’Occidente. E altri governi a Est sono pronti a seguire l’Ungheria. Orban ha trovato, anche per affinità caratteriali, un filo diretto con gli Stati Uniti di Donald Trump. Ha coltivato l’amicizia con Vladimir Putin (anche per necessità, per garantire l’energia al Paese e quindi qui sì per salvaguardare l’interesse nazionale). Continua a trovare estimatori anche in Occidente, nelle destre populiste: dal Front National di Marine Le Pen, alla Lega di Matteo Salvini, da Alternativa per la Germania, fino al Ppv di Geert Wilders in Olanda.

Attacco a Soros e poi al sistema scolastico
Il voto di domenica ha consegnato al Fidesz la maggioranza dei due terzi del Parlamento che gli consentirà di modificare ulteriormente la Costituzione del Paese. Orban ha ormai il controllo quasi totale dei media, ha messo sotto tutela la magistratura e la Banca centrale, ha messo le mani su gran parte dell’economia nazionale. E ora con la legge Stop-Soros, contro le organizzazioni umanitarie indipendenti, ha l’obiettivo di eliminare una delle poche voci libere rimaste, soprattutto sui migranti. Non è un obiettivo, è un passaggio necessario per rivedere alla sua maniera due cardini fondamentali per la sua «rivoluzione illiberale»: il sistema sanitario importantissimo nella vita delle famiglie e quindi nel generare consenso, e soprattutto il sistema scolastico, dall’università in giù, indispensabile per forgiare i futuri cittadini ungheresi.

L’Europa costretta a trattare con Budapest
Le (timide) congratulazioni espresse dai leader europei ad Orban nascondono a fatica i timori per un confronto, con l’Ungheria e gli altri Paesi ribelli dell’Est, che l’Unione non sa come affrontare perché non ha gli strumenti per frenare la deriva sovranista di Budapest, per contrastare il diffondersi del razzismo, per arginare i regimi antidemocratici ma formalmente legittimi. Orban ha accolto con soddisfazione le dichiarazioni del presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, che si è detto «pronto a collaborare con il governo ungherese su molte questioni di interesse comune» esprimendo la speranza che «sul pacchetto migrazione e sulla riforma di Dublino si arrivi a un accordo il più presto possibile, al Consiglio europeo di giugno, comunque prima delle elezioni europee». Le stesse parole di circostanza della cancelliera tedesca Angela Merkel provano che l’Europa non può permettersi di lasciare che i Paesi centro-orientali scivolino gradualmente sotto l’influenza di Mosca. E che con Orban l’Unione dovrà imparare, in fretta, a trattare.

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