“El lindo”, il bello. Finora lo hanno chiamato così, a L'Avana. Come fosse un presentatore televisivo o l'attore di una fiction. Invece Miguel Diaz Canel oggi sarà designato presidente di Cuba e il suo mandato è di altissimo profilo. Rompe lo schema dinastico che dal 1959 a oggi ha sancito il binomio Cuba-Castro. Prima Fidel poi, dal 2006 a oggi, Raul. I primi due anni di Raul ad interim, dal 2008 “presidente” con tanto di proclamazione ufficiale.
Miguel Diaz Canel è un “giovane-vecchio” di 58 anni, ingegnere, cresciuto tra i quadri del politburo cubano, si è guadagnato la stima degli ottantenni, la gerontocrazia del potere.
Il contesto regionale non lo favorisce: la crisi di Venezuela, Brasile, Argentina, Ecuador, amici o ex amici, non rappresenta una sponda cui aggrapparsi. Per “Diaz y noche”, (questo è il soprannome del nuovo presidente), giorno e notte appunto, per la sua caparbietà e dedizione al lavoro, più che una Revolucion, inizia un equinozio.
L'Assemblea Nazionale lo eleggerà oggi, è l'unico candidato e pare proprio non vi siano sorprese.
Da ministro dell'Istruzione, Diaz Canel ha affiancato Raul, studiando da leader; non hai mai varcato la soglia della discontinuità, anzi. Si è impegnato nella digitalizzazione dell'economia e nella diffusione di Internet senza mai mettere in discussione i pilastri del socialismo “Patria o muerte”.
Raul lo ha nominato vicepresidente, nel 2013, bruciando Roberto Robaina e Felipe Perez Roque, due “delfini” a suo avviso troppo avidi di potere.
Impossibile prevedere le prossime mosse di Diaz Canel, in una Cuba attanagliata da vari problemi, il più grave dei quali è l'autosufficienza energetica. Un traguardo lontano, per ora surrogato dagli accordi con il Venezuela di Nicolas Maduro che invia 100mila barili al giorno a L'Avana in cambio di medici, maestri e consulenze strategico-militari.
Comunque vada, il “giovane” Miguel rimarrà monitorato: Raul rimane sulla tolda del Partito Popolare fino al 2021. Oggi ha 87 anni, quindi fino a 90. Non solo, anche capo delle Forze armate. Pareva una figura opaca, al confronto del carismatico e potentissimo Fidel, eppure Raul ha varato riforme e attuato migliorie del modello. Anche se, «il Socialismo non è esportabile, non funziona neppure a Cuba». Parole di Fidel, sfuggitegli pochi anni fa in un'intervista a un giornalista americano di The Atlantic.
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