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Hi-tech, escalation Usa contro la Cina. Zte a rischio sopravvivenza

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Hi-tech, escalation Usa contro la Cina. Zte a rischio sopravvivenza

Ricorrere alla legge usata per imporre sanzioni agli “oligarchi” russi, al regime di Pyongyang e a terroristi internazionali per bloccare la corsa cinese alla leadership tecnologica. È l’ultima risorsa della Casa Bianca, nella guerra per l’innovazione dichiarata a Pechino. Guerra che sta già facendo vittime illustri. Ieri, la compagnia Zte ha ammesso che il blocco dichiarato ai suoi danni potrebbe costarle il fallimento.

Un gigante in ginocchio

Durissima la nota di Zte in risposta al divieto Usa alle aziende americane di venderle componenti per 7 anni. L’accusa è di aver disatteso un accordo per chiudere una vicenda legata alla violazione dell’embargo contro Iran e Corea del Nord. La replica della società cinese, che conta 85mila dipendenti e ha chiuso il 2017 con ricavi per 14 miliardi di euro (+7,5%) è arrivata non certo a caldo, visto che il divieto Usa è stato reso noto a inizio settimana.

Non ci sono prove, ma è facile ipotizzare che l’azienda si sia consultata con il Governo prima di rispondere: la società, quotata a Hong Kong e Shenzhen, vede società pubbliche al 51% del suo capitale. Il presidente di Zte, Yin Yimin, in conferenza stampa nel quartier generale di Shenzhen , ha parlato di decisioni Usa che rischiano di portare la compagnia “sotto shock”: «Mi oppongo fermamente alla decisione degli Stati Uniti, mi oppongo fermamente alla sanzione irragionevole, e ancor più all’obbiettivo di politicizzare le questioni commerciali», ha affermato. Secondo una nota ufficiale della società, «il divieto non avrà solo un impatto grave sulla sopravvivenza e lo sviluppo di Zte, ma causerà danni a tutti i suoi partner, tra cui un gran numero di aziende statunitensi». La nota parla di condotta «inaccettabile» da parte degli Usa. La società si è detta determinata «a intraprendere azioni legali per proteggere diritti e interessi dell’azienda». Il titolo dell’azienda è sospeso da martedì.

Dagli ostaggi di Carter alla difesa dell’Ip

Nell’escalation americana, che ha già messo nel mirino 150 miliardi di dollari di esportazioni made in China, il prossimo passo è l’applicazione dell’International Emergency Economic Powers Act per bloccare lo shopping cinese di tecnologie Usa. La legge risale al 1977 e fu applicata per primo da Jimmy Carter durante la crisi degli ostaggi nell’ambasciata americana di Teheran (1979). Lo Ieepa è stato poi utilizzato per imporre sanzioni contro Stati canaglia e contro terroristi. È, per esempio, il dispositivo normativo alla base delle sanzioni varate contro personalità russe per la crisi in Ucraina e contro il regime di Pyongyang, per fermarne la corsa agli armamenti nucleari.

Lo Ieepa è il Capitolo 35 del Titolo 50 («Guerra e difesa nazionale») del Codice delle leggi Usa. In base allo Ieepa, il presidente può dichiarare uno stato di emergenza in risposta a «una minaccia non comune e straordinaria alla sicurezza nazionale, alla politica estera o all’economia degli Stati Uniti». La minaccia deve provenire, almeno in parte, da una nazione o da soggetti esteri. Può scattare a questo punto l’intervento dello Office of Foreign Assets Control (Ofac) del dipartimento del Tesoro, che può disporre sanzioni ai danni di individui, organizzazioni e società estere. L’ultimo e più eclatante bersaglio dell’Ofac è stato il gigante russo dell’alluminio, Rusal.

L’utilizzo dello Ieepa contro la Cina era stato più volte ipotizzato nelle ultime settimane e si inserisce nel ventaglio di iniziative allo studio della Casa Bianca per fermare lo «scippo» di proprietà intellettuale e segreti industriali Usa. A confermare quella che finora era stata solo una indiscrezione è stato, giovedì, Heath Tarbert, responsabile per i mercati internazionali e le politiche d’investimento, nel dipartimento del Tesoro.

Il ricorso ai poteri emergenziali del presidente si sommerebbe alla salva di dazi minacciati contro la Cina e al potenziamento dell’agenzia che vigila sugli investimenti diretti esteri (Cfius), conferendole il potere di interdire anche gli investimenti in uscita, oltre a quelli in entrata. In un’offensiva a tutto campo contro la Cina, nella quale Trump cerca di arruolare l’Unione Europea, anche con la minaccia dei dazi su acciaio e alluminio, la cui esenzione temporanea scade il 1° maggio.

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