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A che punto è la Brexit: tutti gli ostacoli sulla strada del divorzio dalla Ue

Il conto alla rovescia continua: mancano 341 giorni a Brexit e regna tuttora l’incertezza sul tipo di accordo che la Gran Bretagna riuscirà a raggiungere con l’Unione Europea. Come ha ricordato questa settimana il presidente Ue Donald Tusk, l’accordo preliminare raggiunto in dicembre, che prevede anche un periodo di transizione fino al dicembre 2020, non rappresenta un vincolo e sarà dichiarato nullo se non ci sarà un’intesa sostanziale. La frase “nulla è deciso finchè tutto è deciso” non è uno slogan o una minaccia, ma una semplice realtà.

I punti interrogativi quindi restano tanti e non solo tra Londra e Bruxelles: i contrasti su come procedere con Brexit sono tuttora profondi sia all’interno del Governo britannico che tra Governo, Parlamento e Camera dei Lord. Vediamo quindi a che punto è Brexit e quali saranno le prossime tappe.

Il Brexit Bill
La legge che sancirà l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue sta avendo un percorso prevedibilmente lento e tormentato. Il Brexit Bill è ora alla Camera dei Lord, dove deve superare una serie di emendamenti. Nei giorni scorsi il Governo di Theresa May ha subìto una prima sconfitta, quando un emendamento sulla necessità di restare nell’unione doganale – cosa che la premier ha escluso – è stato approvato con 348 voti a favore (compresi 24 voti di pari del Regno conservatori) e solo 225 a favore. Si prevedono altri voti anti-Brexit nelle prossime settimane alla Camera dei Lord, dove il Governo non ha una maggioranza.

In maggio il Brexit Bill rivisto e corretto passerà poi di nuovo al Parlamento dove gli emendamenti approvati dovranno essere di nuovo discussi e votati. L’alleanza tra partiti per smussare gli angoli di Brexit si sta rafforzando e numerosi deputati “ribelli” conservatori sono pronti a votare contro il Governo assieme ai deputati laburisti e liberaldemocratici e all’unica deputata Verde. Una mozione a riguardo verrà votata settimana prossima: non è vincolante, ma se passerà sarà un altro imbarazzante segnale che la May non ha il sostegno del Parlamento.
Sia il Parlamento che la Camera dei Lord devono concordare il testo finale del Brexit Bill prima che possa diventare legge, quindi il “ping pong” della legge, come viene chiamato, continuerà.

I negoziati Londra – Bruxelles
I negoziati sono ripresi la settimana scorsa dopo la pausa di Pasqua e sono divisi in tre fronti: l’Irlanda, il futuro dei rapporti tra Gran Bretagna e Ue dopo Brexit e tutto il resto (diritti dei cittadini, giurisdizione della Corte di Giustizia europea, conto del divorzio, pesca e numerose altre questioni). L’obiettivo è di raggiungere intese sostanziali e definitive su tutti e tre i fronti prima del summit europeo di ottobre, per dare tempo al Parlamento europeo e a tutti i Parlamenti nazionali di approvare l’accordo proposto entro la data ufficiale di Brexit il 29 marzo 2019. In realtà la speranza è di arrivare a un’intesa in tempo per il summit di giugno, dato che l’estate è un periodo morto e realisticamente non ci sarebbe molto tempo per negoziare.

Purtroppo però i negoziati non stanno andando molto bene, a quanto sta trapelando. Molto è dovuto al gioco delle parti: posizioni rigide e pessimismo ostentato per costringere l’avversario a cedere terreno e poi trovare il magico compromesso. Il negoziatore capo Ue Michel Barnier ha fatto sapere in questi giorni che il 75% dei problemi sono stati risolti, ma il 25% che resta è problematico e quindi la possibilità che i negoziati possano fallire del tutto non può essere esclusa.
La questione più complessa riguarda l’Irlanda. Le proposte fatte dal team britannico alla controparte Ue questa settimana sono state «sistematicamente demolite e categoricamente respinte» dalla Ue. Secondo Bruxelles, Londra non ha proposto nulla di nuovo e continua a insistere su una “partnership doganale” che permetta alla Gran Bretagna di restare fuori dall’Unione doganale e sulla possibilità di controlli telematici alla frontiera per impedire il ritorno a un confine rigido tra le due Irlande. Entrambe le proposte sono considerate non realistiche da Bruxelles.
Resta quindi il problema del confine irlandese, che deve restare aperto come stabilito dagli accordi del Venerdì Santo, siglati venti anni fa, che da allora hanno mantenuto la pace tra protestanti e cattolici. Sia Londra che Bruxelles che Dublino sono d’accordo su questo punto. Il problema pratico dei controlli al confine sarebbe risolto se la Gran Bretagna restasse nell’unione doganale, ma la May deve risolvere lo spinoso problema politico di non creare distinzioni o barriere tra l’Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito.
La settimana prossima sarà un momento di pausa nei negoziati Londra-Bruxelles per permettere ai due team di raccogliere le idee prima del prossimo round.

Compromesso in vista?
La Gran Bretagna ha finora fatto diverse concessioni: sui diritti dei cittadini Ue, sull’ammontare del conto del divorzio, sul periodo di transizione. In cambio ha ottenuto il diritto a negoziare trattati commerciali con Paesi terzi in vista di Brexit. Secondo fonti attendibili, la May starebbe preparandosi a fare la concessione più significativa, decidendo di restare nell’unione doganale. Il voto contrario dei Lord, il probabile voto contrario del Parlamento, il no di Bruxelles questa settimana e soprattutto l’imperativo di risolvere la questione irlandese per non mettere a rischio l’intera intesa starebbero spingendo la premier in quella direzione.
Data la sua fragilità politica, deve però convincere l’ala oltranzista del suo partito e del suo Governo che non si tratta di “tradire” Brexit – una soluzione possibile è “vendere” il compromesso come una soluzione temporanea anche se senza scadenza. Una cosa è certa: la May non farà annunci in materia prima del 3 maggio, data delle elezioni amministrative in Gran Bretagna. I risultati del voto potrebbero essere decisivi per spingerla verso il compromesso o rafforzarla nella sua convinzione, più volte ribadita, che Brexit ha senso solo se il Regno Unito lascerà sia il mercato unico che l’unione doganale.

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