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ALL’ECOFIN DI SOFIA

L’Europa litiga ancora sulla Web Tax. Spunta l’assist (a metà) dell’Ocse

Il Commissario Pierre Moscovici (Reuters)
Il Commissario Pierre Moscovici (Reuters)

La Web Tax, la proposta di una tassa sui colossi digitali annunciata dalla Commissione a marzo, continua a innescare tensioni in Europa. Nel corso dell’Ecofin, la riunione mensile dei ministri Finanze in calendario il 27 e il 28 aprile a Sofia (Bulgaria), si è riprodotta la spaccatura fra i ministri su una norma che mira a colpire i profitti generati in Europa da multinazionali come Google, Facebook e Amazon. Da un lato paesi come Italia e soprattutto Francia spingono per raggiungere un accordo comunitario entro l’anno, per ridurre le perdite generate dai comportamenti elusivi delle multinazionali. Dall’altro mercati più piccoli, dall’Irlanda a Malta, si oppongono appellandosi a un «accordo globale» che eviti ai paesi Ue di trovarsi svantaggiati rispetto alla concorrenza fiscale di paesi extra-europei. La novità di oggi è che l’Ocse, l’organizzazione per lo sviluppo economico con sede a Parigi, si è proposta di sbloccare la situazione anticipando al 2019 la presentazione di una «tassa globale» capace di accontentare gli uni e gli altri. In teoria.

L’assist dell’Ocse per «sbloccare» l’Europa
Nei piani della Commissione, la Web tax è un’imposta che dovrebbe attuarsi in due fasi: una prima proposta ad interim che fissa un'aliquota del 3 per cento su tutte le aziende del Web con un fatturato superiore ai 50 milioni di euro in Europa; una seconda proposta, destinata al lungo termine, che consenta di tassare tutti i profitti generati su un certo territorio da parte delle multinazionali che - ad esempio - superano i 7 milioni di ricavi in uno Stato membro o contano più di 100mila utenti nell'intero perimetro Ue. Anche solo la fase ad interim produrrebbe, secondo le stime della Commissione, un ritorno di 5 miliardi di euro l'anno su scala continentale. Ma la strada è tutt'altro che lineare, come è emerso anche oggi a Sofia.

Le agenzie presenti parlano di una frizione sensibile fra ministri favorevoli ad accelerare i tempi ed altri che preferiscono aspettare (o rimandare) la norma in attesa di un appoggio internazionale. A trainare il primo fronte è Parigi, decisa a chiudere la partita entro il 2018 e senza passare per un - improbabile - consenso di partner come gli Stati Uniti. Nel secondo blocco rientrano Lussemburgo e Irlanda, due mercati che hanno cavalcato una politica fiscale molto «tech friendly» per attrarre nella propria giurisdizione le sedi europee dei giganti nel mirino della Web tax. E ora non hanno intenzione di allontanare colossi che generano ricadute notevoli per le casse del paese.

L’Ocse interviene a metà fra i due. L’organismo, su input del G20, sta lavorando a una proposta condivisa con 110 paesi al mondo per l’istituzione di «regole condivise» sulla tassazione delle multinazionali del Web. L’obiettivo si allineerebbe alla proposta della Commissione, fornendo quel background globale invocato da alcuni paesi membri per evitare svantaggi competitivi. Oggi Ángel Gurría, segretario generale dell’Ocse, ha aperto all’ipotesi di anticipare la presentazione della proposta al 2019, con l’intenzione di sbloccare l’impasse e spingere l’Europa verso un’adozione di lungo termine della Web Tax.

Lo scetticismo della Commissione (e di Padoan)
Il Commissario agli affari economici Pierre Moscovici, tra i responsabili della proposta della Web tax, non sembra comunque intenzionato ad «aspettare l'Ocse» prima di tentare il via libera alla proposta della Web tax. A quanto riportano le agenzie, Moscovici ha escluso l'ipotesi che il testo dell'Ocse arrivi davvero sul tavolo l'anno prossimo. «Se fossi sicuro di un consenso internazionale nel 2019,la mia posizione sarebbe diversa - ha detto - Ma non ci sarà, siamo realistici, quindi non deve essere un pretesto per rinunciare al nostro volere forte di europei». Moscovici non è sorpreso dall'assenza di un consenso fra tutti i stati membri, ma assicura che «anche gli scettici ritengono che bisogna fare qualcosa e che la situazione non può restare così» e «in molti sono a favore della proposta della Commissione». Chi lo è di sicuro è Pier Carlo Padoan, il ministro dell'economia italiana. «È tempo che si passi ai fatti, c'è una fetta di mercato che non è tassata come il resto dell'economia». A proposito di «passare ai fatti»: la legge di bilancio prevede anche una versione italiana della Web tax, che potrà diventare operativa con i decreti attuativi.

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