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Web tax, l’Italia guarda alle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin

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IL 27 E 28 APRILE A SOFIA

Web tax, l’Italia guarda alle riunioni di Eurogruppo ed Ecofin

Sulla web tax l’Italia frena e guarda a Eurogruppo ed Ecofin. Dopo aver monopolizzato il dibattito nei giorni del via libera all’ultima legge di bilancio, va ora a sfumare la tassa sui proventi dei colossi del web: un’imposta del 3% sul valore della singola transazione a partire dal 2019. La legge di Bilancio 2018 (numero 205/2017, entrata in vigore il 1 gennaio di quest’anno) demanda infatti a un decreto del Mef, da pubblicarsi entro il 30 aprile, la definizione degli ambiti di applicazione dell’imposta. Tuttavia il governo, in carica per gli affari correnti, ha anticipato l’intenzione di soprassedere, nell’attesa che si formi un nuovo esecutivo e che l'Ue decida sul tema.

Venerdì e sabato tema sul tavolo di Eurogruppo ed Ecofin
Su questo secondo aspetto, un’occasione per fare il punto su questo prelievo saranno i vertici informali di Eurogruppo ed Ecofin, in agenda venerdì e sabato a Sofia. In quanto “informali”, è poco probabile che vengano prese delle decisioni su questa questione. Gli incontri però consentiranno di fare il punto. I Paesi più colpiti dall’elusione online - Italia, Francia, Germania, Spagna e Regno Unito - sono a favore di una tassazione sui giganti del web; Irlanda e Lussemburgo, quartier generali in molti casi delle multinazionali in Europa grazie a una politica fiscale ad hoc, sono invece contrarie alla proposta.

La web tax in manovra
La scorsa legge di bilancio ha registrato il tentativo dell’Italia di muoversi in maniera unilaterale sulla tassazione dell’economia digitale. La scelta di andare in quella direzione nasceva dall’esigenza di smuovere le acque così da arrivare a un’azione condivisa sia a livello comunitario che internazionale. La web tax made in Italy, così come prevista dalla manovra 2018, si applica, a partire dal 1 gennaio del 2019, sulle prestazioni di servizi digitali “B2B” (esclusi quindi i consumatori) svolte da operatori economici italiani e stranieri. È una trattenuta del 3% applicata dal committente del servizio sul prezzo della prestazione al netto dell’Iva e scatta solo nei confronti degli operatori economici che svolgono più di 3mila transazioni in un anno solare. È previsto un incasso di 190 milioni di euro.

Le perplessità dell’Ufficio parlamentare di bilancio
La web tax italiana è entrata presto nel mirino delle imprese e dei consumatori, preoccupati di vedersi scaricare sul prezzo finale delle operazioni online il nuovo prelievo fiscale. A ridosso dell’approvazione in Commissione Bilancio della Camera di un testo introdotto al Senato e modificato più e più volte, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha espresso le sue perplessità, evidenziando che per le aziende italiane la web tax si sarebbe rivelata un boomerang, sommandosi alle normali imposte, e quindi di fatto aumentando il prelievo fiscale, mentre per le multinazionali si sarebbe trasformata in un micro-balzello del 3% capace di metterle comunque in regola con l’ordinamento italiano senza interferire con la possibilità legittima di continuare a beneficiare delle aliquote ridotte applicate altrove.

Il decreto del Mef da adottarsi entro aprile
La norma prevista in manovra demanda a un decreto del Mef da pubblicarsi entro il 30 aprile la definizione degli ambiti di applicazione dell’imposta. Il decreto deve definire anche che cosa si intenda per “servizi digitali”. Quello di fine aprile è un termine ordinario, quindi senza effetti in caso di inosservanza. Ecco perché, senza un nuovo governo pienamente in carica, il ministero dell’Economia e delle Finanze è ora intenzionato a soprassedere, in attesa che una decisione sulla web tax sia presa in modo più sostanziale in ambito europeo. Il provvedimento potrebbe essere approvato anche in autunno visto che con la presidenza bulgara e poi con quella austriaca dell’Unione europea sarà possibile definire il perimetro su cui si formerà l’accordo per la tassazione dell’economia digitale.

A marzo la proposta della Commissione Ue, divisioni nel Consiglio europeo
In attesa di una soluzione a livello Ocse per far pagare le tasse ai colossi del web, dopo il via libera del Parlamento europeo nel 2016 alla base imponibile unica comunitaria, il 21 marzo di quest’anno la Commissione europea ha proposto di imporre una tassa temporanea del 3% sui ricavi da vendita di pubblicità, da cessione dati e da intermediazione tra utenti e business generati dai big della rete che operano in Europa. Secondo la proposta della Commissione, la tassa va pagata nei paesi in cui viene generata l’attività economica e non nei paesi dove è stata stabilita la sede legale. Nella riunione del Consiglio europeo che si è tenuta qualche giorno dopo è emersa la divisione tra un gruppo di paesi contrari a una tassa europea sui colossi digitali e la maggioranza dei leader che si sono pronunciati a favore dell'imposizione proposta da Bruxelles. Venerdì e sabato ci sarà un nuovo round.

Web tax, Bruxelles propone aliquota del 3% sui ricavi

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