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Netanyahu: «l’Iran ha mentito sul nucleare. Vuole dotarsi di…

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Israele denuncia Teheran

Netanyahu: «l’Iran ha mentito sul nucleare. Vuole dotarsi di 5 bombe atomiche»

«L'Iran non è stato corretto con l'Agenzia internazionale dell'energia atomica (Aiea). L'Iran ha mentito sfacciatamente sul fatto di non aver un programma per sviluppare armi atomiche. L'Iran punta a dotarsi di almeno cinque ordigni nucleari analoghi a quelli utilizzati su Hiroshima». Il j'accuse del premier israeliano Benjamin Natanyahu è durissimo. Dopo aver incontrato il nuovo Segretario di Stato americano Mike Pompeo - scelto da Trump anche per le sue posizioni oltranziste nei confronti di Teheran – Netanyahu ha annunciato in tv le sue «prove nuove e conclusive» – 55mila pagine di documenti sottratti dalla sua Intelligence da un luogo «altamente segreto» (di cui tuttavia non si conosce la data) - contro la malafede dello storico nemico di Israele. E lo ha fatto citando il nome del programma segreto - Amad – con cui Teheran sarebbe in grado di sviluppare un ordigno nucleare. Quasi volesse persuadere pubblicamente il presidente americano Donald Trump a uscire dall'accordo sul dossier nucleare iraniano e allo stesso tempo vincere la riluttanza di chi, come i paesi europei, continuano a difenderne la sopravvivenza.

Se per Trump il Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), l'intesa firmata nel luglio 2015 tra il gruppo 5+1 (Usa, Russia, Cina, Regno Unito, Francia, Germania) e l'Iran era sempre stato «il peggior accordo mai firmato dagli Stati Uniti», per il premier israeliano era stato sin da subito «un pessimo accordo, un errore di dimensione storica» che minacciava l'esistenza di Israele.

12 giorni di tempo
Il tempo stringe. Mancano solo 12 giorni alla fatidica data fissata da Trump per decidere se stralciare o meno il Jcpoa e quindi far scattare nuovamente le sanzioni americane. Nonostante i tentativi per salvare l'accordo presentati dal presidente francese Emmanuel Macron in visita la settimana scorsa negli Stati Uniti, Trump non ha voluto sentire ragioni. Per scongiurare l'uscita degli Usa dal Jcpoa ha imposto ai partner europei le sue condizioni: la rimozione delle limitazioni temporali e geografiche alle ispezioni di qualsiasi sito nucleare (ma anche militare) iraniano, l'introduzione di nuove sanzioni sul programma missilistico iraniano, inglobandolo peraltro nel dossier nucleare, e l'estensione della durata delle limitazioni al programma nucleare previste dall'intesa. Senza contare un'ulteriore, e quanto mai difficile, richiesta: che l'accordo includesse in qualche modo la limitazione all'espansione iraniana in Medio Oriente, soprattutto in Siria. Il compromesso cercato da Macron, anche un nuovo round di sanzioni europee contro il programma balistico iraniano (cosa non condivisa da altri Paesi europei, tra cui l'Italia) non ha fatto presa.

Le contromosse di Macron
Deluso dall'incontro con Trump, Macron sta ora intavolando colloqui con gli altri protagonisti del Jcpoa. Ieri ha sentito per telefono il presidente russo Vladimir Putin. Entrambi - ha riferito il servizio stampa del Cremlino citato dalla Tass - -avrebbero concordato di «preservare e attuare integralmente» il piano d'azione congiunto sul dossier nucleare.
È un periodo drammatico quello che sta vivendo il Medio Oriente. Mai come oggi la Siria rappresenta una polveriera pronta ad esplodere. Teheran, da sempre contraria ad ogni modifica del Jcpoa – ha fatto sapere che in caso di fallimento dell'intesa sarebbe già capace di procedere ad arricchimenti dell'uranio ben oltre la soglia consentita dall'Aiea. Il pericolo è ora un confronto militare con Israele in Siria.
I campanelli di allarme ci sono già da tempo. L'ultimo domenica notte; una pioggia di potenti missili contro alcune basi militari siriane, forse anche depositi di armi, tra Aleppo ed Hama. Il bilancio sarebbe di numerose vittime (25-40 militari). Tra questi vi sarebbero – e non sembra una coincidenza - diversi iraniani. Nessuno ha rivendicato il raid. Non vi sono prove. Ma immaginare chi ha compiuto il nuovo raid in Siria non è difficile.
D'altronde il Governo di Gerusalemme ha da tempo tracciato la sua linea rossa, anzi le sue linee rosse: nessun trasferimento di armi sofisticate agli Hezbollah libanesi, alleati dell'Iran, e nessuna base iraniana in Siria capace di minacciare la sicurezza nazionale dello Stato ebraico. E da tempo ha reagito a suo modo: con oltre cento raid in Siria negli ultimi sei anni.

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