Una Fed più “falco” rispetto a marzo. La riunione del Fomc, il comitato di politica monetaria, si è conclusa con tassi fermi, tra l’1,5% e l’1,75%, ma la diagnosi dell’andamento dell’economia mostra un netto miglioramento delle prospettive di inflazione che non può che preludere a una nuova stretta. L’inflazione, in particolare, è ora vicina al 2 per cento.
Si riduce l’attenzione all’inflazione
Almeno una delle variazioni che il comunicato di maggio presenta rispetto a quello precedente è molto significativa, e dà il tono all’intero documento. È caduta la frase secondo la quale «il Comitato intende monitorare l’inflazione molto da vicino», che fino a ieri intendeva equilibrare, in modo evidentemente marginale, l’affermazione secondo cui la bilancia dei rischi - verso l’alto e verso il basso - è equilibrata.
Inflazione «vicina al 2%»
Basta l’assenza di questa frase per modificare il significato di ogni altro riferimento all’andamento dei prezzi. Questa indicazione è però rafforzata dalla precisazione che l’inflazione complessiva e quella core «si è avvicinata al 2%», l’obiettivo, mentre a marzo si precisava che «ha continuato a muoversi sotto il 2%». L’indice trimestrale core delle Personal consumption expenditure - che è il punto di riferimento della Federal reserve - è risultato a marzo in aumento del 2,5% annuo - un livello mai toccato da giugno 2011, in rialzo dall’1,9% di dicembre e lo 0,9% di giugno.
Investimenti in forte crescita
Diventa meno importante anche la prudenza con cui la Federal reserve osserva il rallentamento dell’economia rispetto all’ultimo trimestre del 2017. È per esempio caduta la frase secondo cui «le prospettive economiche si sono rafforzate nei mesi recenti». Non sembra però necessario attribuire troppa rilevanza a questa indicazione; anche perché «gli investimenti fissi hanno continuato a crescere rapidamente», osserva il comunicato, mentre a marzo - quindi prima della pubblicazione dei dati del pil del primo trimestre - apparivano in rallentamento.
Attesa per giugno
La stretta dunque continuerà, sia pure in modo graduale, e con maggior sicurezza da parte della Fed. Sembra quindi sempre più probabile che il prossimo appuntamento, il 13 giugno, quando è prevista anche una conferenza stampa del presidente Jerome Powell e la pubblicazione delle nuove proiezioni macroeconomiche, sarà l’occasione per il prossimo rialzo. Le proiezioni di marzo indicano come probabili altri due aumento dei tassi quest’anno.
La reazione dei mercati
La risposta dei mercati finanziari, nell’immediato della pubblicazione del comunicato Fed, è stata apparentemente controintuitiva: la Borsa ha guadagnato terreno e il dollaro è calato. Gli investitori hanno invece letto nel documento la conferma delle loro attese e hanno notato l’assenza di una qualsiasi fretta a “normalizzare” il livello dei tassi di interesse.
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