Secondo round, oggi, del Comprehensive dialogue Usa-Cina che si svolge a Pechino in un clima decisamente freddo (e non certo per la temperatura atmosferica della capitale cinese): ieri, infatti, è partito il negoziato per ricomporre almeno alcuni dei motivi di dissidio tra le due superpotenze economiche mondiali.
La delegazione Usa, di altissimo livello, ha soddisfatto le esigenze del protocollo cinese - capodelegazione, il segretario di Stato al Tesoro, Steve Mnuchin, il responsabile del commercio Wilbur Ross e quello del commercio internazionale Robert Ligthizer, il consigliere per gli affari cinesi, Peter Navarro, ai quali Pechino contrappone il vice premier Liu He, plenipotenziario di Xi Jinping sui temi economici, il ministro del Commercio, Zhong Shan, il ministro delle Finanze, Liu Kun.
A parte l'equivalenza dei pesi in campo, i due schieramenti restano divisi praticamente su tutto: sui dazi gli Usa hanno lanciato un'offensiva durissima, i cinesi hanno replicato altrettanto duramente. C'è poi l'elemento strategico di Made in China 2025, potenziale fonte di trasferimento di tecnologie. Segue l'elemento della difesa della proprietà intellettuale. Poi, ancora, le barriere non tariffarie e il riequilibrio del deficit commerciale. Infine, l'accusa rivolta dagli americani ai cinesi di utilizzare i cambi e la quotazione dello yuan con finalità manipolatorie dei mercati valutari.
Pechino ha messo sul piatto una serie di “soluzioni” predisposte già nelle scorse settimane, i cinesi si dichiarano pronti a reagire alle misure cinesi, proprio nei giorni scorsi in alcuni porti cinesi le procedure per sdoganare la frutta americana sono state rese più complicate. Sul fronte della sperequazione dei dazi all'import la Cina ha annunciato che i dazi all'import di auto di fabbricazione straniera saranno dimezzati dall'attuale 25% (quelli americani sono al 2,5%).
Su Made in China 2025 gli Usa hanno messo sotto esame i big delle telecomunicazioni Zte, Huawei, alle joint venture che hanno per oggetto l'intelligenza artificiale. Pechino, dal canto suo, ha annunciato una strategia di opening up massiccia, dalle joint venture nel settore dei servizi bancari, al settore della cantieristica navale, delle auto e dell'aerospazio.
Anche sul fronte dell'Intellectual property, il presidente Xi Jinping in persona ha promesso un rafforzamento delle difese.
In questo gioco di tira e molla, il deficit commerciale tra Cina e Stati Uniti è diventato ancora più ampio: il divario commerciale delle merci con la Cina è aumentato del 16%, a 91,1 miliardi di dollari, nei primi tre mesi dell'anno, stando proprio ai dati del Dipartimento del Commercio Usa.
In un clima da guerra fredda, la Cina si dice non disposta a fare marcia indietro su questioni chiave, e quindi l'ottimismo di Donald Trump, espresso via twitter, dovrà attendere.
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