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Sanzioni all’Iran: così la Ue può evitare i danni peggiori

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Dopo la decisione di Trump

Sanzioni all’Iran: così la Ue può evitare i danni peggiori

New York - L'amministrazione di Donald Trump ha archiviato il grande “strappo” sull'Iran. Ma, calato il sipario sul teatro degli annunci, la parola passa ora all'applicazione di nuove - o meglio ritrovate - dure sanzioni che si apprestano a colpire anche molti alleati, a cominciare dall'Europa e dalle sue aziende in business con Teheran. Una stagione altrettanto drammatica, foriera di enorme incertezza e che tra le capitali europee, accanto a proteste e promesse di difesa, ha fin da subito scatenato corse a esplorare con Washington la possibilità di contenere i danni, evitando ritorsioni o strappando esclusioni da penali.

Imprese e comunità internazionale avranno in generale a disposizione tra i 90 e i 180 giorni - fino al 6 agosto o al 4 novembre a seconda dell'attività - per rispettare il giro di vite della Casa Bianca contro l'Iran, pena essere a loro volta oggetto di azioni extraterritoriali americane per violazione del neo-embargo. Ma, almeno in teoria, l'amministrazione non esclude limitate esenzioni. Il Dipartimento del Tesoro, in un memorandum di una decina di pagine, indica che «il governo valuterà caso per caso» le situazioni portate alla sua attenzione. Alla fine della transizione di tre o sei mesi precisa tuttavia che non sono previste «ulteriori ampie esclusioni». Sul fronte del petrolio, o meglio di acquisti di barili iraniani da parte di altri paesi dove le sanzioni scatteranno a novembre, si afferma che il Dipartimento di Stato analizzerà le domande sulla base di un ancora imprecisato criterio di avvenuta «significativa riduzione» nei volumi. Ai paesi interessati viene però intanto consigliato di «ridurre gli acquisti di petrolio iraniano nel periodo di transizione».

Per l'Europa, al cospetto di Trump, il rischio è rimanere prigioniera del dilemma tra risposte convinte alla sua aggressività unilaterale in politica estera, considerata inefficace e pericolosa, e il desiderio di evitare escalation degli scontri, con il mercato statunitense ben più rilevante di quello iraniano, per aziende e interessi in gioco. Una unità d'intenti potrebbe venir messa alla prova da sprint in ordine sparso a caccia di esoneri. Il Ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire, forse conscio dello spettro, ha fatto sapere che lavorerà a esenzioni a favore delle aziende europee, quali l'esclusione di contratti pre-esistenti. Possibile, ma temuto perché aumenterebbe le tensioni transatlantiche, è anche il riscorso a una versione della Blocking Regulation europea del 1996, ideata per contenere all'epoca proprio l'impatto globale di misure Usa contro Libia e Iran. Strumenti per eludere mercati finanziari e quindi sanzioni americane potrebbero diventare inoltre fondi pan-europei per progetti aziendali, sull'esempio d'una recente linea di credito italiana con l'Iran attraverso Invitalia, oppure l'accesso di Teheran alla European Investment Bank. Altre idee invocano fondi infrastrutturali e partnership energetiche con scambi di tecnologia.

Tra i singoli casi più delicati e istruttivi del teso clima transatlantico potrebbe emergere quello della francese Total, reduce da un contratto da cinque miliardi di dollari in vent'anni per sviluppare di giacimenti di gas. Chiederà esenzioni a Washington e potrebbe altrimenti esplorare cessioni della sua quota nella joint venture. Arduo appare invece un ricorso di Airbus, che produce oltre il 10% delle

parti negli Stati Uniti e alla pari di Boeing ha perso la licenza per la consegna di velivoli a Teheran. Altri casi scottanti riguardano le aziende tedesche, da Siemens a Daimler. Il neo-ambasciatore Usa a Berlino Richard Grenell ha ammonito che «devono immediatamente ridurre le operazioni in Iran».
Un messaggio di rigidità che, al momento, sembra fare testo. L'Office of Foreign Assets Control del Tesoro, salvo imprevisti me inediti accordi, ha elencato i seguenti interventi dal 4 agosto contro l'Iran e per stringere d'assedio il Paese: sanzioni sull'acquisto di dollari; sul commercio di oro o metalli preziosi; sulla vendita diretta o indiretta di grafite, metalli semilavorati compresi acciaio e alluminio, carbone e software usati nel processi industriali; su transazioni legate alla compravendita di valuta iraniana o a depositi off-shore; sull'acquisto o sottoscrizione di debito sovrano iraniano; sull'auto. Dal 6 novembre comparti e attività nel mirino si ampliano enormemente: operatori portuali, protagonisti di spedizioni o trasporto e cantieri navali; transazioni legate al petrolio compreso l'acquisto dall'Iran di greggio, derivati e prodotti petrolchimici; transazioni di istituzioni finanziarie estere con la Banca centrale iraniana e altre designate finanziarie; fornitura di servizi di messaging alla Banca centrale e altri istituti; servizi di sottoscrizione, assicurazione e riassicurazione; settore dell'energia. Entro il 5 novembre torneranno in vigore sanzioni contro individui o enti iraniani - e chi avesse legami con loro - nelle liste nere statunitensi prima dell'accordo nucleare del 2015. Il Tesoro ha ventilato infine ulteriori sanzioni, al di là della reintroduzione delle misure pre-intesa nucleare, per punire programmi missilistici e interventi destabilizzanti dell'Iran in Medio Oriente.

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