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Morti a Gaza, tra Turchia e Israele «guerra» diplomatica a colpi…

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dopo l’ambasciata Usa a Gerusalemme

Morti a Gaza, tra Turchia e Israele «guerra» diplomatica a colpi di espulsioni

La Turchia ha espulso l’ambasciatore di Israele. Un’escalation diplomatica dopo i 60 morti al confine tra Israele e Gaza a seguito delle proteste per l’apertura dell’ambasciata Usa a Gerusalemme. Escalation cui sono seguite le parole del presidente turco Recep Tayyip Erdogan: «Netanyahu è il primo ministro di uno Stato che pratica l’apartheid e ha le mani sporche del sangue dei palestinesi». Poche ore dopo la decisione di Ankara, Israele ha espulso il console generale turco: è la risposta di Gerusalemme all’espulsione di Eitan Naeh.

Guerra diplomatica e verbale
Alle durissime parole pronunciate lunedì sera del premieri turco Binali Yildirim – che ha parlato di «crimine contro l’umanità» accusa gli Stati Uniti di «corresponsabilità» con Israele – oggi, come ha riferito poco fa il quotidiani israeliano Haaretz, sono seguiti i fatti, con la convocazione e quindi l’espulsione di Eitan Naeh, al quale Ankara e ha chiesto di lasciare dopo il drammatico bilancio della giornata di lunedì.
Al botta e risposta a colpi di espulsioni si accompagna anche il confronto verbale tra i due leader. E Benjamin Netanyahu ha detto: «Erdogan è fra i maggiori sostenitori di Hamas e di conseguenza non c’è dubbio che sia un grande intenditore di terrorismo e di stragi. Gli suggerisco di non farci prediche morali». Le parole fanno seguito alle condanne espresse dal presidente turco secondo cui ieri a Gaza Israele si è macchiato di un «genocidio» e si è comportato «in maniera terroristica».

Turchia, l'ambasciatore di Israele espulso lascia il Paese

Ambasciatore allontanato «per un po’ di tempo»
Secondo l’agenzia statale turca Anadolu, i funzionari del ministero degli Esteri di Ankara gli avrebbero detto che «sarebbe appropriato che lui torni nel suo Paese per un po’ di tempo», senza specificare una scadenza. Nella tarda serata di ieri, il governo turco aveva già richiamato per consultazioni i suoi ambasciatori in Israele e negli Stati Uniti. Una decisione identica a quella turca è stata presa anche dal Sudafrica (segnala Haaretz), mentre il Belgio ha convocato il capo della diplomazia israeliana a Bruxelles, Simona Frankel per un confronto domani, mercoledì. La stessa mentre sul confine tra Gaza e Israele si è registrata una nuova vittima. In serata, anche il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha richiamato il proprio rappresentante a Washington.

Ponte aereo per curare i feriti
La Turchia non si è limitata all’azione diplomatica contro l’ambasciatore. Ankara si è detta pronta a mettere in piedi un “ponte aereo” con l'esercito e l'agenzia nazionale di protezione civile per trasferire nei suoi ospedali una parte dei quasi 3mila palestinesi feriti ieri negli scontri con l'esercito israeliano a Gaza. Lo ha detto il ministro della Salute di Ankara, Ahmet Demircan, spiegando che al momento sono in corso trattative diplomatiche per permettere il trasporto. Secondo le autorità turche, a Gaza i nosocomi sono al collasso e molti dei feriti non possono ricevere cure adeguate.

Vertice straordinario dell’Organizzazione islamica
La Turchia ha anche convocato per venerdì a Istanbul un vertice straordinario dell’Organizzazione per la cooperazione islamica (Oic), di cui è presidente di turno, dopo i fatti di lunedì. Ankara, già lo scorso dicembre aveva organizzato un summit straordinario dell’Oic dopo l’annuncio del presidente Donald Trump sul riconoscimento di fatto di Gerusalemme come capitale d’Israele. Sempre venerdì, ha annunciato il presidente Recep Tayyip Erdogan, una «grande manifestazione» nel pomeriggio nella piazza di Yenikapi, tra gli spazi più capienti di Istanbul. Ieri, durante una protesta nel centro della città, sono state bruciate bandiere di Israele e Stati Uniti. Domenica, poi, un’ulteriore manifestazione è prevista a Diyarbakir, principale città curda nel sud-est della Turchia.

Israele si difende: 24 terroristi tra le vittime
Secondo fonti dello Shin Bet, la sicurezza interna di Israele, sarebbero almeno 24 i terroristi tra le vittime degli scontri di lunedì, successivi all’inaugurazione dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme. Secondo la sicurezza dello Stato ebraico, «erano terroristi nell’atto di compiere atti di terrore e la maggior parte di questi appartenev ano ad Hamas e altri alla Jihad islamica». Oggi, intanto, quattro palestinesi sono stati fermati mentre tentavano di superare il confine tra Gaza e Israele.

Il peso delle elezioni nell’atteggiamento di Ankara
Le recenti prese di posizione della Turchia, anche per bocca dei suoi massimi esponenti – il premier Binali Yildirim e il presidente Recep Tayyip Erdogan – risentono, probabilmente della prossima scadenza elettorale anticipata: il prossimo 24 giugno, infatti, circa 60 milioni di turchi saranno chiamati alle urne per le consultazioni parlamentare e presidenziale. C’è da credere, quindi, che i fatti che stanno alzando la tensione in Medio Oriente stiano entrando decisamente nel contesto di politica interna. Resta tuttavia da capire, nel nuovo atteggiamento di Ankara nei confronti di Israele, degli Stati Uniti e più in generale dell’Occidente, quanto questo sia determinato dalla campagna elettorale interna e quanto, invece da un progressivo spostamento del baricentro turco verso posizioni “islamiste” e verso la Russia. Se a prevalere fosse la seconda spiegazione, potrebbe aprirsi il fronte diplomatico legato al ruolo della Turchia all’interno della Nato, dove è il secondo esercito per importanza, e ai suoi rapporti con Unione Europea e Usa.

Gli Usa all’Onu: Hamas incita le violenze da anni
Non ha usato mezzi termini Nikki Haley, ambasciatore Usa all’Onu, durante il suo intervento alla riunione del Consiglio di sicurezza: «Hamas incita da anni la violenza, ben prima dello spostamento dell’ambasciata statunitense a Gerusalemme. Coloro che suggeriscono che la violenza a Gaza abbia qualcosa a che fare con la posizione dell’ambasciata americana sbagliano, spostare l’ambasciata era la cosa giusta da fare».

Merkel telefona a Netanyahu
La cancelliera tedesca Angela Merkel ha espresso preoccupazione per l’escalation della violenza sulla striscia di Gaza, in una telefonata col premier israeliano Benjamin Netanyahu, di cui ha riferito in una nota il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert. Merkel ha manifestato «comprensione per gli interessi legati alla sicurezza di Israele». E ha aggiunto che il diritto di espressione e di manifestazione pacifica non dovrebbe essere strumentalizzato per provocare agitazioni. La violenza non dovrebbe essere il mezzo per raggiungere obiettivi politici, ha concluso.


I tre Paesi suedamericani con ambasciata a Gerusalemme
Il presidente del Guatemala, Jimmy Morales, è arrivato in Israele, dove inaugurerà domani, mercoledì, la nuova sede dell’ambasciata del suo paese a Gerusalemme. Morales è accompagnato dalla moglie, Patricia Marroquin, e da vari ministri del suo governo, per una visita ufficiale di due giorni durante la quale incontrerà il premier Benjamin Netanyahu e il sindaco di Gerusalemme, Nir Barkat, che gli consegnerà le chiavi della città. Guatemala, Honduras e Paraguay sono gli unici paesi latinoamericani che si sono associati alla decisione del presidente americano Trump di spostare le loro rispettive ambasciate a Gerusalemme, riconoscendo così la città come capitale di Israele.

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