È un budget piccolo piccolo. Almeno rispetto alle ambizioni di Emmanuel Macron, che lo aveva rilanciato. Il bilancio dedicato a Eurolandia proposto dalla Commissione europea è sicuramente un passo avanti, compiuto dopo cinque anni di discussioni, ma non sembra davvero destinato a cambiare le cose. Non da un punto di vista economico - le somme in gioco sono relativamente limitate - né da un punto di vista simbolico, molto importante in una fase di populismi scatenati contro la moneta comune.
Un fondo pari allo 0,2% del Pil di Eurolandia
I numeri non lasciano spazio a grandi illusioni. La commissione ha proposto di varere un fondo di stabilizzazione da 30 miliardi - lo 0,2% del pil dell’Unione monetaria, il 2,7% del budget europeo - che interverrebbe nel caso in cui un paese fosse colpito da uno shock tale da creare problemi sul fronte della disoccupazione. Il fondo, finanziandosi sul mercato e prestando le risorse alle economie in difficoltà, potrà mettere a disposizione - si deve immaginare - cifre più elevate dei 30 miliardi con cui sarà inizialmente finanziato, ma ogni paese non potrà accedere a più del 30% della capacità finanziaria totale. I crediti saranno condizionati, anche se i tassi d’interesse (di mercato) saranno pagati dal fondo stesso utilizzando il 6% dell’utile di signoraggio delle banche centrali (una delle bestie nere degli economisti “populisti”).
Finanziare riforme e convergenza
Il fondo delle riforme, da 25 miliardi, servirà intanto a “finanziare”, per così dire, le riforme. In alcuni casi, gli interventi strutturali possono avere costi di breve periodo che oscurano i benefici di più lungo periodo, spesso ammantati di incertezza proprio perché consegnati al futuro (e a volte alla demagogia). Si tratta di sussidi finanziari destinati però non solo ai paesi di Eurolandia, ma anche a quei paesi che intendano convergere vesto la zona euro.
Le ambizioni di Macron
È, in fondo, poca cosa. Una misura tecnica laddove occorrono interventi che abbiano anche grande impatto simbolico. Non a caso Emmanuel Macron, l’unico politico europeo che cerca - con qualche insuccesso e forse qualche ingenuità - di prendersi cura dell’aspetto simbolico anche delle scelte politiche più concrete, aveva immaginato di andare decisamente più in là.
La moneta «bene comune»
Nel suo discorso alla Sorbona di settembre - di fronte a un pubblico di giovani studenti universitari - il presidente francese aveva parlato di un bilancio dell’eurozona capace di «sviluppare i nostri beni comuni», tra i quali il primo è, disse, «la moneta». «Uno Stato non può da solo far fronte a una crisi quando non decide più della sua politica monetaria», disse. Un bilancio con queste ambizioni, aggiunse poi, doveva trovare fonti di finanziamento aggiuntive e dedicate. «Dobbiamo riflettere se destinare in parte almeno un'imposta a questo bilancio, per esempio l’imposta sulle società una volta realizzata la loro armonizzazione», era una delle sue proposte, insieme alla creazione di un ministro delle Finanze unico che avesse la responsabilità di gestire questo budget.
Il ministro delle Finanze “dimenticato”
«Un bilancio può esistere soltanto con una gestione politica forte con un ministro comune ed un controllo parlamentare esigente a livello europeo. Soltanto l’Eurozona con una moneta forte e internazionale può offrire all’Europa il quadro di una potenza economica mondiale», spiegò. Allo stesso tempo occorreva rafforzare il Parlamento, per il quale il presidente francese propose tra l’altro l’introduzione di liste transnazionali. Macron ha poi ripetuto lo stesso messaggio il 9 maggio a Aix-la Chapelle, in occasione del conferimento del premio Charlemagne. «Credo a un budget europeo molto più ambizioso»■ disse, aggiungendo subito: «Credo a una zona euro più integrata con un budget proprio». “Dimenticò” però il riferimento al ministro delle Finanze unico, che non piace ai tedeschi.
Strategie e tecnicismi
Nella proposta di Macron - anche tenuto conto dell’inevitabile contenuto retorico, di propaganda e anche di teatralità dei suoi discorsi - c’è indubbiamente qualcosa di diverso delle timide misure come quella proposta dalla Commissione: era uno schizzo di una strategia di più ampio respiro, sicuramente criticabile, indubbiamente compatibile con gli interessi francesi, ma rimasta priva di proposte concorrenti. La battuta attribuita alla Cancelliera tedesca Angela Merkel a Aix-la Chapelle («Quante idee che hai») mostra il rischio in cui rischia di cadere la visione di Macron. Quella di essere considerata troppo “alta” da un mondo politico che dimentica quanto alta sia la sfida a cui Eurolandia è chiamata a rispondere.
© Riproduzione riservata