Aveva superato la grande crisi finanziaria internazionale e la pesantissima recessione, riuscendo a cavarsela anche quando la disoccupazione era salita sopra il 26 per cento. Sempre fedele a Bruxelles era riuscito a far accettare agli spagnoli l’austerity e il salvataggio internazionale delle banche ormai in default. Aveva tenuto testa alla Catalogna e poi, di fatto, piegato gli indipendentisti alle leggi dello Stato. Mariano Rajoy, dopo sette anni di governo, non è riuscito invece ad arginare i gravissimi scandali di corruzione interni al Partito popolare e il clamore provocato nell’opinione pubblica dalle condanne di esponenti anche di rilievo del suo partito, alcuni di sua fiducia.
A sconfiggerlo è stato il socialista Pedro Sanchez che ha giurato da premier già oggi e presenterà il nuovo esecutivo la prossima settimana. Sanchez è riuscito infatti a trovare in Parlamento la maggioranza per approvare (con 180 voti sui 350 complessivi) una mozione di sfiducia contro Rajoy, mettendo assieme tutti i partiti tranne Ciudadanos, il movimento centrista fin qui alleato del governo di minoranza che non ha voluto sommarsi alle opposizioni ma che da giorni chiedeva elezioni anticipate.
«Da democratico accetterò il risultato del voto anche se, come ben capite, quanto è accaduto oggi mi trova in totale disaccordo», ha detto Rajoy in Parlamento congratulandosi con Sanchez. «È stato un onore - ha aggiunto - essere presidente del governo spagnolo, e avere lasciato una Spagna migliore». In precedenza lo stesso Rajoy si era assentato dall’aula durante il dibattito e non aveva risparmiato critiche alle opposizioni a suo giudizio unite in una «coalizione Frankenstein» dannosa per il Paese.
Sanchez ha ottenuto l’appoggio di Podemos, il movimento degli indignati di sinistra, promettendo politiche sociali più efficaci. Ha convinto i partiti secessionisti di Barcellona facendo capire che il suo governo sarà meno duro con la Catalogna. In cambio dei voti alla mozione ha promesso ai nazionalisti dei Paesi Baschi di mantenere inalterato il budget già delineato da Rajoy nel quale ci sono oltre 500 milioni per la loro regione.
«Guiderò il Paese tenendo conto del consenso e con molta umiltà, lavorando con volontà, impegno e determinazione per trasformare e modernizzare il Paese e per fare fronte alle urgenze sociali», ha detto Sanchez uscendo dal Congresso. Per lui il lavoro difficile comincia ora. «Il cambio di governo non sarà traumatico. A differenza che in Italia - spiega Angel Talavera, capo economista per l’Eurozona di Oxford Economics - tutti i partiti in Spagna sono a favore dell’Unione europea sebbene con differenze tra loro. In Spagna non c’è alcun dibattito sulla permanenza nell’euro e l’economia spagnola continua dare segnali di solidità. Sanchez ha inoltre già dichiarato che non modificherà il budget predisposto da Rajoy assicurando così la continuità politica nel breve periodo». Secondo l’analista di Oxford Economics, «il rischio maggiore non riguarda il cambiamento politico ma piuttosto la paralisi politica. Sebbene Sanchez sia riuscito a ottenere il sostegno dei diversi partiti al fine di rimuovere Rajoy, i voti raccolti dal leader socialista segnalano più che altro la voglia di punire il Partito popolare per le sue politiche e per la corruzione, e non mostrano un vero appoggio allo stesso Sanchez come opzione di governo».
L’agenda del nuovo governo, al di là delle frasi di circostanza, è tutta da definire. Così come la composizione del nuovo governo e la maggioranza sulla quale potrà fare affidamento. «Con solo 84 seggi sui 350 complessivi del Parlamento, la posizione del Partito socialista sarà sempre molto precaria e Sanchez difficilmente avrà lo stesso sostegno che ha avuto contro Rajoy quando cercherà di portare avanti la sua azione di governo», dice ancora Talavera.
Sanchez ha ricevuto la stretta di mano di Rajoy, l’abbraccio di Pablo Iglesias che con Podemos sarà il suo principale alleato e anche le congratulazioni di Donald Tusk: «La sua nomina arriva in un momento di sfida per l’Europa. L’unità europea serve ora più che mai. Ho fiducia che lei e il suo governo giocheranno un ruolo costruttivo nella Ue», ha detto il presidente del Consiglio europeo rivolgendosi direttamente al nuovo premier spagnolo.
La durata in carica del governo di Sanchez non è un fattore secondario per l’Europa che già tiene il fiato sospeso guardando all’evolversi della politica italiana. «Sanchez punta a governare fino alla fine della legislatura nel 2020. Probabilmente resisterà almeno fino alle elezioni amministrative ed europee che si terranno nel maggio del prossimo anno. Dipenderà molto da cosa riuscirà a fare questo governo, il rischio è che si impantani nei veti incrociati e negli scontri tra partiti. Le forze che lo compongono sono davvero molto diverse tra loro e hanno obiettivi diversi», dice Oriol Bartomeus, politologo e professore di Scienze politiche all’Università autonoma di Barcellona.
I mercati hanno reagito senza scossoni al cambio di governo. «Ciò che sta influenzando il mercato obbligazionario spagnolo è la situazione in Italia. Sulla Spagna - afferma Julien-Pierre Nouen, capo economista di Lazard Frères Gestion - la fiducia economica è ancora molto alta, coerente con una crescita forte di circa il 3,0% e un tasso di disoccupazione che sta rapidamente calando. Le buone dinamiche economiche della Spagna non si interromperanno, dal momento che il Paese non ha alcun problema urgente che un governo debba risolvere».
Sanchez ha sconfitto Rajoy e ha qualche mese per dimostrare che la sua non è stata solo una vittoria personale, per fare capire se da sinistra sta nascendo un progetto di governo, per prepararsi a sfidare i Popolari. E magari di nuovo Rajoy che, c’è da scommetterci, si riprenderà presto dalla batosta.
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