Per un mese dal 14 giugno al 15 luglio la Russia ospita la 21esima edizione della FIFA World Cup. Ecco una rassegna delle 11 città e la genesi dei 12 stadi dove si sfidano le 32 squadre qualificate.
Mosca, tra Lenin e Spartaco
Russia-Arabia Saudita il 14 giugno, la finale il 15 luglio: tutto comincerà e tutto ritornerà qui, a Mosca. O meglio al Luzhniki, lo stadio che un tempo era dedicato a Lenin, come le colline che con l’università gli fanno da sfondo e che oggi si chiamano soltanto “dei passeri”. Nato nel 1956 per le “Spartachiadi”, le Olimpiadi dell’Urss, andrà ad aggiungersi ai pochi altri stadi al mondo che avranno ospitato una finale di Coppa del Mondo e l’apertura delle Olimpiadi estive: l’Olimpico, l’Olympiastadion di Berlino e di Monaco di Baviera, Wembley a Londra, St Denis a Parigi. Il Luzhniki che ha fatto la storia dello sport sovietico fu anche teatro di uno “Heysel nascosto”, una tragedia di freddo, ghiaccio e calca tra spettatori quasi al termine della partita di Coppa Uefa Spartak-Haarlem - 20 ottobre 1982 - in cui morirono ufficialmente 66 persone. Ma forse molte di più: «Quella fu una tragedia insabbiata fin da subito», raccontano gli autori di “Mosca Football Guide”, pubblicata per i Mondiali dalle Edizioni Incontropiede. Leonid Brezhnev morirà tre settimane dopo la partita.
Lo stadio delle Olimpiadi di Mosca 1980 ha riaperto l’anno scorso, dopo quattro anni di ristrutturazioni che gli hanno lasciato la facciata in stile classico sovietico e una grande statua di Lenin all’ingresso: più di 82mila posti, un costo di 600 milioni di dollari. Ai Mondiali gli farà da spalla la Otkrytie Arena, la nuova casa bianca e rossa dello Spartak che invece sfoggia all’ingresso la statua del gladiatore che gli ha dato il nome. Intorno, nei quartieri nord-occidentali di Mosca, la Spartak Arena (45mila posti) dovrebbe veder nascere complessi residenziali che andranno ad aggiungersi a una lunga lista di novità che negli ultimi anni hanno trasformato la capitale. Sotto la direzione del sindaco Serghej Sobjanin, che per la gran quantità di piani edilizi e marciapiedi rifatti ora è soprannominato il “re della della plitka”, della mattonella.
Un’astronave a San Pietroburgo
Il premio per lo stadio dei Mondiali tecnologicamente più avanzato in Europa, e nello stesso tempo maggiormente macchiato da ritardi e scandali va senza dubbio alla Zenit Arena, isola Krestovskij, San Pietroburgo. Costo finale stimato: un miliardo e mezzo di dollari, sette volte più di quanto calcolato all’inizio, nel lontano 2007. Soldi portati via alla costruzione di scuole e ospedali, protestano i residenti. Se il tetto perdeva e c’erano continui problemi alle strutture interne, il guaio più grande di tutti era il terreno di gioco, che non trovava mai pace. Ma qui, sulla Neva, i problemi con le fondamenta della città di Pietro sono un marchio di fabbrica. Oggi l’Astronave è terminata: 65mila posti, campo estraibile, tetto scorrevole in 15 minuti, spalti spettacolari, vista magnifica sul Golfo di Finlandia. Gli esperti sostengono che ne è valsa la pena: se non fosse per le rivelazioni più drammatiche, la lunga inchiesta pubblicata lo scorso anno da Josimar, una rivista norvegese, sulle condizioni inaccettabili in cui avrebbe lavorato alla costruzione della Zenit Arena un gruppo di 110 operai nordcoreani: «Gli schiavi di San Pietroburgo».
I due volti di Ekaterinburg
A mille miglia da Mosca, dicono che gli abitanti di Ekaterinburg - la quarta città della Russia, 1,4 milioni di abitanti - si siano già affezionati al loro strano stadio dai due volti. Progettato nel 1953 per esaltare l’ideale del “nuovo uomo” sovietico, nella sua perfezione fisica e mentale, lo Stadio centrale è stato ristrutturato e concluso lo scorso anno: ha mantenuto l’antica facciata con le colonne neoclassiche, inserendola però in un contesto moderno in vetro e acciaio. E con due sezioni di scalinate “provvisorie”, che fuori dal perimetro dello stadio garantiscono il numero di posti richiesto dalla Fifa - 35mila - ma che sarebbero troppi per il FC Ural, la squadra locale che giocherà qui.
Soldi sprecati, comunque, agli occhi di Evghenij Roizman, il battagliero ex sindaco di Ekaterinburg che fino a pochi giorni fa era rimasto l’ultimo dei sindaci anti-regime eletti in Russia. Dimessosi in anticipo per protestare contro la decisione dell’assemblea legislativa della regione - che ancora si chiama Sverdlovsk dal nome del leader bolscevico che nel 1918 ordinò l’assassinio dello zar Nicola II e della sua famiglia - di cancellare le elezioni dirette per l’incarico di sindaco. Anche Roizman ritiene che la costruzione degli stadi dei Mondiali abbia sottratto risorse a strade e ospedali. Undici miliardi di dollari in tutto (alcune stime superano i 14) usati per distogliere l’attenzione da altro: «Non puoi avere la Coppa del Mondo e allo stesso tempo radere al suolo la Siria», grida Roizman. Prima di lui, un altro iniziò proprio qui la sua lotta contro l’apparato: Boris Eltsin, segretario del Partito comunista di Ekaterinburg (allora Sverdlovsk) dal 1976 al 1985.
La Nizhnij Novgorod di Sacharov e di Nemtsov
Nella città che un tempo era chiusa, si chiamava Gorky ed era la terra d’esilio di Andrej Sacharov, il nuovo stadio degli Olimpiyets (45mila posti) nasce alla confluenza del Volga con l’Oka: una facciata di colonne sottili, che vorrebbero far entrare il vento e l’acqua. Poco lontano, il magnifico Cremlino di Nizhnij Novgorod, la cittadella fortificata, lo rende ancora più attraente: ma neppure qui, nella città governata negli anni ’90 da Boris Nemtsov che diede il via alle prime aste pubbliche per la vendita di negozi e piccole imprese - la parte più bella delle privatizzazioni - la costruzione dello stadio, di un nuovo terminal all’aeroporto, di una stazione metropolitana, sono state esenti da polemiche. Malgrado una spesa complessiva di 1,1 miliardi di dollari, gli attivisti per la conservazione del patrimonio storico e culturale di Nizhnij parlano di monumenti messi in pericolo e ristrutturazioni affrettate, «come villaggi Potëmkin fatti comunque male». E protestano gli studenti: per far posto nei loro dormitori alle truppe della Guardia nazionale, e garantire la sicurezza ai Mondiali, l’anno accademico è stato chiuso in anticipo.
Kazan, la terra dei tartari
Quando Ivan il Terribile rase al suolo Kazan, nel 1552, per celebrare la vittoria sui tartari fece costruire San Basilio, a Mosca. Ora è l’Arena di Kazan, già attiva dal 2013 per le Universiadi, a voler attirare l’attenzione su quella che si considera la capitale dello sport in Russia. L’impianto (45mila posti) assomiglia in piccolo a Wembley, nato dagli stessi architetti; sfoggia lo schermo esterno più grande del mondo e, non potendo contare su eserciti di spettatori dopo i Mondiali, si propone di ospitare eventi culturali e commerciali di vario tipo. Al Tatarstan le risorse e l’iniziativa non mancano: fino allo scorso anno la repubblica aveva mantenuto uno status autonomo speciale all’interno della Federazione, negoziato con il Cremlino nel 1994 mentre la Cecenia, respinto ogni compromesso, veniva invasa. Oggi il Tatarstan ha perso la sua particolarità, ma resta una delle regioni russe meglio sviluppate economicamente: vocazione ereditata dagli anni della guerra, quando Stalin fece trasferire oltre gli Urali e sul Volga le industrie militari e strategiche.
Le ali di Samara
A meno di tre mesi dal fischio di inizio, allo stadio di Samara dovevano ancora mettere l’erba. Un’altra città (un tempo chiusa agli stranieri) sulle rive del Volga, un altro progetto costellato da problemi e dispute tra autorità regionali, federali e contractors, funestato da un incendio, ridimensionato. Eppure, anche a Samara (mille km a sud-est di Mosca), la Cosmos Arena promette di essere spettacolare: con la sua cupola che è considerata un progetto unico e sembra una navetta, che rende omaggio all’industria aerospaziale di cui Samara - ex Kujbyshev, la capitale alternativa a Mosca in tempo di guerra - era il gioiello nei tempi sovietici. Il via libera allo stadio di 45mila posti è arrivato davvero all’ultima chiamata, il 18 aprile. Poi il futuro resterà ancora tra la terra e il cielo, la Cosmos Arena sarà la casa della squadra locale, i Krylia Sovetov: le ali dei soviet.
Il grano del Don
Dicono che il tetto dell’Arena di Rostov volesse rifarsi ai meandri del Don: anche questo stadio di 45mila posti è in riva a un fiume, e accompagnerà un più ampio progetto di riqualificazione dell’area. Nel caso di Rostov i ritardi subìti dai lavori di costruzione sono in parte giustificati dal ritrovamento di granate della Seconda guerra mondiale, intatte. I tifosi che verranno a Rostov con intenzioni bellicose dovranno vedersela anche con i cosacchi schierati insieme alle forze dell’ordine tradizionali per garantire la sicurezza: la loro presenza a Mosca, a inizio maggio, a una manifestazione di protesta in cui avevano utilizzato i tipici frustini di pelle nera, ha suscitato polemiche. Così che il Comune della capitale si è affrettato a chiarire che, durante i Mondiali, a Mosca di cosacchi non se ne vedranno. Ma a Rostov sì.
In realtà, ciò che preoccupa più di tutto le autorità locali è il bando imposto dal Cremlino per ragioni di sicurezza a una serie di attività economiche potenzialmente pericolose. Per due mesi, tra fine maggio e fine luglio. Tra i divieti è compreso quello di navigazione per determinati tipi di carichi. Questo e le restrizioni al traffico su strada potrebbero avere un impatto negativo sul porto di Rostov e sui suoi terminali di grano, che stanno vivendo un anno record per l’esportazione.
L’ammonimento di Volgograd
I lavori di costruzione della Volgograd Arena sono stati ritardati da un incendio, dal ritrovamento di ordigni bellici e di resti di due soldati sovietici, e perfino dalla minaccia di un’invasione di locuste. Eppure, insieme agli inglesi che giocheranno qui il 18 giugno, se non ci fossero già ragioni sufficienti per visitare questa città che vuole si ricordi sempre che un tempo si chiamava Stalingrado, il nuovo stadio (45mila posti) è davvero particolare, una facciata che potrebbe assomigliare a un canestro di basket, o ai raggi di una bicicletta. Ma niente potrà mai reggere il paragone con l’enorme statua alla Madre Russia, alta più di 85 metri, che dalla collina di Mamaev Kurgan brandisce la sua spada al cielo per ammonire. La battaglia di Stalingrado costò all’Unione Sovietica più di un milione di uomini.
La solitudine di Kaliningrad
Nel caso di Kaliningrad, i rinvii e le controversie che hanno accompagnato la costruzione della Baltika Arena hanno incluso addirittura un arresto per appropriazione indebita e la bancarotta della compagnia responsabile dei progetti iniziali. Ora che lo stadio da 35mila posti, ridimensionato, è completato, per Kaliningrad si prospetta un futuro complicato dopo la festa dei Mondiali. Questa è un’exclave russa, stretta tra Polonia e Lituania: un isolamento aggravato prima da Schengen, poi dalle sanzioni. A Kaliningrad la disoccupazione è più alta della media nazionale, e il governatore Anton Alikhanov ha chiesto aiuto a Vladimir Putin per poter mantenere in attività gli impianti che il club locale, da solo (e da 20 anni fuori dalla Premier League) faticherà molto a riempire. A meno che i riflettori della Coppa del mondo non vengano in aiuto alla terra di Kant, per la quale Alikhanov sogna un destino da zona economica speciale. La sua vera partita inizierà a metà luglio.
Il ritorno di Sochi
Lo stadio delle Olimpiadi invernali del 2014 (47.600 posti) ha già avuto allora il suo battesimo del fuoco: e ora, a cominciare da Portogallo-Spagna del 15 giugno, affiancherà lo Stadio Olimpico di Torino, per aver ospitato entrambi gli eventi. Bersagliato di critiche per la posizione in riva al mare, lo stadio che ha preso il nome dal monte Fisht e che ha un tetto candido per ricordare i picchi nevosi del Caucaso in lontananza, ora si potrà prendere una rivincita ai Mondiali. Le controversie relative al costo dei Giochi di Sochi - sopra i 50 miliardi - trovano però fondamento sul fatto che non è facile riempire uno stadio così bello e costoso in tempi normali: malgrado gli sforzi delle autorità, che hanno regalato a Sochi un circuito di Formula 1 e organizzano nella capitale estiva di Vladimir Putin frequenti incontri con leader stranieri. Il progetto di sviluppo della regione di Sochi (mare) e Krasnaja Poljana (montagna) come paradiso turistico, in ogni caso, sembra funzionare: aiutati dalla crescita del turismo interno russo, aerei e alberghi sono sempre pieni.
Saransk, la sconosciuta
È la città più piccola tra quelle che ospiteranno i Mondiali, la meno conosciuta: la convocazione è arrivata davvero a sorpresa. La capitale della Mordovia, 500 km a sud-est di Mosca, non ha neppure una squadra in Premier League, ma si presenta come la capitale dell’atletica russa e, evidentemente, con una grande capacità di vendersi nel confronto con città più famose come Krasnodar. La sua Mordovia Arena ha 44mila posti. Se riuscirà nell’intento di farsi conoscere e apprezzare dai turisti in arrivo, forse Saransk potrà scrollarsi di dosso una delle poche ragioni per cui è famosa, come sede della prigione in cui venne rinchiusa Nadia Tolokonnikova, la più famosa delle Pussy Riot. Un altro motivo per cui Saransk è nota è la residenza che ha preso qui - per ragioni ignote - Gérard Depardieu, che ha anche restaurato un cinema che ora sfoggia sulla facciata il suo nome. Anche se, raccontano, non ci viene mai.
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