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il vertice di parigi

Hotspot, Frontex, Dublino. Le parole chiave sui migranti di Conte e Macron

«Istituire hotspot in Africa», «potenziare Frontex», «riformare Dublino». I tre capisaldi annunciati da Giuseppe Conte ed Emmanul Macron per la gestione dei migranti in Europa si reggono su altrettanti progetti comunitari: la costruzione di centri per l’identificazione dei migranti (gli hotspot), il rafforzamento dell’agenzia europea di cooperazione sulle frontiere esterne (Frontex) e la revisione del regolamento che disciplina l’accoglienza nei paesi Ue (Dublino).

Macron ha assicurato che lavorerà a stretto contatto «con il suo amico, il presidente Conte», escludendo fra le righe l’apertura a un dialogo con il ministro degli Interni italiano Matteo Salvini. La scelta dell’interlocutore non stupisce, dopo che le frizioni sul caso Aquarius hanno portato i due paesi sull’orlo di una crisi senza precedenti nella storia recente. Ma in cosa consisterebbero i tre punti fondati della cooperazione?

Cosa sono gli hotspot...
Semplificando molto, gli hotspot sono il “filtro” per l’ingresso in Europa dei migranti. Si tratta strutture fisiche dove le persone vengono accolte e identificate, con lo scopo di avviarle alla ricollocazione in Europa o all’espulsione. Il ministero degli Interni ne parla come «un'area designata» dove i migranti sbarcano e sono sottoposti ad accertamenti medici, prima di soffermarsi per un periodo sufficiente alla finalizzazione delle pratiche (preidentificazione, verifica dei documenti, somministrazione di un’informativa sul funzionamento delle procedure di richiesta della protezione internazionale e della procedura di ricollocazione). Al termine del tutto, gli ospiti possono manifestare o meno interesse per la protezione internazionale: in caso negativo vengono trasferiti ai centri di identificazione ed espulsione (Cie) e rimpatriati.

Dopo una raccomandazione della Commissione europea nel vivo della crisi migratoria, nel 2015, Italia e Grecia - i due paesi più esposti - si sono dovuti attrezzare con hotspot capaci di smaltire gli enormi flussi del periodo. Oggi il nostro paese conta quattro strutture operative a Lampedusa, Trapani, Pozzallo e Taranto. Al loro interno si svolge un lavoro di team fra la Polizia di stato e le agenzie europee Europol, Easo (Ufficio europeo di supporto all'asilo), Frontex (vedi sotto), Alto Commissariato delle nazioni unite per i Rifugiati (Unhcr) e Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

...e cosa cambierebbe
Conte e Macron hanno trovato una convergenza sulla proposta di istituire hotstop «a gestione europea» in Africa, dalla Libia al Niger. L’obiettivo è avviare il processo di controllo e smistamento prima della partenza, alleggerendo il carico sulle strutture italiane (e le tensioni che si possono generare con i paesi destinatari del ricollocamento, come insegnano i dissidi con Parigi). En Marche, il partito di Macron, ha già approvato con un certo entusiasmo l’ipotesi. «Siamo molto favorevoli - ha dichiarato alle agenzie Christophe Castaner, presidente di En Marche - È un’idea che Macron sostiene da più di un anno». Non da solo, a quanto pare. Anche se non si parla esplicitamente di hotspot, nel «contratto del cambiamento» di Cinque stelle e Lega si stabilisce che «la valutazione dell'ammissibilità delle domande di protezione internazionale deve avvenire nei Paesi di origine o di transito, col supporto delle Agenzie europee, in strutture che garantiscano la piena tutela dei diritti umani».

E Frontex?
Fondata nel 2004 e di casa a Varsavia, in Polonia, Frontex è l’agenzia europea che si occupa di attività di coordinazione fra paesi Ue nella gestione delle frontiere esterne (quelle interne, salvo controlli straordinari, sono rese libere dagli accordi di Schengen). Stando alla descrizione della stessa Ue, il suo compito è di «aiutare i paesi dell'Ue e i paesi associati alla zona Schengen a gestire le loro frontiere esterne», oltre a «contribuire ad armonizzare i controlli alle frontiere in tutta l'Ue» e a «agevolare la collaborazione tra le autorità di frontiera dei singoli paesi dell'Ue, fornendo assistenza tecnica e know how».

Tradotto nella pratica significa f0rnire assistenza nella formazione professionale delle guardie, agevolare controlli, pattugliamenti e vigilanza e coaudivare operazioni di rimpatrio. L’agenzia non dispone di guardie di frontiera e attrezzatura proprie, ma «si affida ai paesi Ue per fornitura di guardie di frontiera, navi, aerei e altre risorse». Ad oggi si dota di un budget di 350 milioni di euro l’anno e impiega 300 persone, attive nei settori di analisi dei rischi, operazioni (via terra, mare e aria), centro situazionale di Frontex, rimpatri, risorse comuni, cooperazione internazionale ed europea, affari giuridici, ufficio diritti fondamentali e governo societario.

La riforma di Dublino (appena affossata)
Macron e Conte si allineano anche sull’urgenza di superare il regolamento di Dublino III, il regolamento europeo che disciplina la gestione delle richieste di asilo nei paesi di ingresso (qui i dettagli e le ultime evoluzioni del testo). Il 28 giugno si terrà un vertice per la proposta di riforma, la cosiddetta Dublino IV, ma i presupposti non sono dei più incoraggianti. La proposta di riforma, risalente ormai al 2016, sembra essere stata affossata in occasione dell’ultimo consiglio degli Affari interni Ue, dove sette paesi si sono espressi contro la nuova bozza dell’atto. Inclusa l’Italia, orientata allora in direzione opposta alla Francia del «grande amico» Emmanuel Macron.

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