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Come è finito davvero il vertice Ue di Bruxelles sui migranti (e non…

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il grande pareggio

Come è finito davvero il vertice Ue di Bruxelles sui migranti (e non solo)

Sì alle piattaforme di sbarco per migranti, alla creazione di centri di controllo «nei paesi che li vogliono», ai 500 milioni di euro al Fondo fiduciario per l’Africa (e ad altri 3 miliardi di euro alla Turchia per la gestione dei rifugiati). Sullo sfondo, del tutto in sordina, i progressi dell’Unione bancaria, il potenziamento del Meccanismo di stabilità europeo e una «ultima chiamata» ai negoziati sulla Brexit per trovare un accordo entro ottobre. Donald Tusk, il presidente del Consiglio europeo, ha riassunto così il «lungo vertice» che si è appena concluso a Bruxelles. Le sue parole offrono una buona sintesi di quello che è successo in una 48 ore ad alto impatto mediatico, anche per ragioni di carica istituzionale: Tusk si trova nel ruolo di figura super partes in mezzo a un vertice litigioso, iniziato con minacce reciproche e concluso fra le rivendicazioni del «successo» vantato da tutti i leader in campo.

Il summit ha finito per concentrarsi in maniera quasi esclusiva sulla questione dei migranti, portata alla ribalta dalle tensioni che hanno spaccato l’Europa fra l’asso franco-tedesco di Macron e Merkel, i paesi dell’Est Europa (capeggiati da Viktor Orban) e l’intesa, forse ora in bilico, fra l’Italia di Matteo Salvini, il ministro bavarese Horst Seehofer e il primo ministro austriaco Sebastian Kurz. Il bilancio di Tusk è abbastanza indicativo: «Sulla questione dei migranti è fin troppo presto per parlare di un successo - ha detto Tusk in una nota - Abbiamo trovato un accordo, ma questa è solo parte più facile di quello che ci aspetta».

Cosa dicono le conclusioni, dalle «piattaforme di sbarco» ai centri volontari
Tusk ha sintetizzato i passaggi salienti delle conclusioni circolate già in mattinata, dopo una maratona notturna che si è conclusa all’alba. Il presidente dei Ventotto ha evidenziato che il «testo di compromesso» accoglie tre proposte sposate da lui stesso: le piattaforme di sbarco al di fuori dall’Europa (si parla del Nord Africa, anche se non ci sono conferme in merito), un budget dedicato al contrasto dell’immigrazione illegale nel prossimo quadro finanziario pluriennale e un rafforzamento del supporto europeo alla Guardia costiera libica. Inoltre, aggiunge Tusk, il Consiglio ha inviato un «chiaro messaggio a tutte le imbarcazioni, incluse quelle delle Ong, che operano nel Mediterraneo: devono rispettare la legge e non ostacolare le operazioni nella Guardia costiera libica». Un appello che equivale a «un chiaro e univoco supporto alle azioni delle autorità maltesi».

L’altro pilastro del compromesso sono i «centri sorvegliati» che possono essere costruiti, su base volontaria, in tutti i paesi Ue. Il loro funzionamento è descritto nelle conclusioni del vertice: le strutture sarebbero adibite a fornire «un trattamento rapido e sicuro (che) consentirebbe, con il pieno sostegno dell'Ue, di distinguere i migranti irregolari, che saranno rimpatriati, dalle persone bisognose di protezione internazionale». In ogni caso, come ribadisce Tusk, «tutte le misure previste al loro interno ricollocazione e reinsediamento compresi, saranno attuate su base volontaria». Via libera anche «all'erogazione della seconda quota dello strumento per i rifugiati in Turchia (Facility for refugees, un fondo che sarà rifinanziato con una tranche di 3 miliardi di euro)» e «al trasferimento al Fondo fiduciario della Unione europea per l'Africa di 500 milioni di euro».

Dall’Unione bancaria alla Brexit, gli “altri” temi sul tavolo
Lontano dai riflettori, la riunione del Consiglio ha fissato in agenda altre scadenze cruciali sul futuro dell’Eurozona. Tusk ricorda che i Ventotto hanno confermato di voler procedere in direzione del completamento dell’Unione bancaria e al rafforzamento del Meccanismo di stabilità europeo, il cosiddetto fondo salva-Stati. Un altro capitolo che avrebbe tenuto banco, in altri contesti, è quello sulla Brexit. Come procedono i lavori? A quanto pare, a rilento. Tusk ha spiegato che «le questioni più difficili devono ancora essere risolte» e servono «rapidi progressi» se si vuole arrivare a un’intesa entro ottobre. Insomma, si tratta della «ultima chiamata per mettere le carte in tavola».

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