Migranti ma non solo nel viaggio lampo a Tripoli del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi che sabato ha incontrato a Tripoli il presidente del Consiglio presidenziale Fayez Al Serraj, il viceprimo ministro Ahmed Maitig, il ministro degli esteri Mohammed Taher Siyala e il presidente dell'Alto Consiglio di Stato Khaled Al Meshri. Nel corso dei colloqui le autorità libiche hanno confermato la volontà di proseguire e rafforzare il partenariato strategico con l’Italia che è l’unico Paese Ue ad avere un’ambasciata aperta in Libia.
Serraj: ripartire da accordo del 2008
Il presidente Serraj e il ministro degli Esteri Siyala hanno ribadito la volontà di riattivare il trattato di amicizia e cooperazione firmato nel 2008 dall’ex premier italiano Silvio Berlusconi e da Muammar Gheddafi. L’accordo prevedeva tra l’altro la costruzione di un’autostrada litoranea di 1700 km dal confine tunisino a quello egiziano sul tracciato della via Balbia dal costo di 5 miliardi di dollari in 20 anni. Il primo lotto dell’opera era stato assegnato all’Impregilo nel 2013 ma la forte instabilità del Paese aveva costretto l’azienda a sospendere i lavori. Le autorità libiche hanno garantito a Moavero la possibilità che le imprese italiane tornino in Libia anche sulla scorta delle dichiarazioni di interesse emerse dall’ultima conferenza di Agrigento di alcuni mesi fa. La settimana prossima i rappresentanti del consorzio Aeneas che sta lavorando alla ristrutturazione dell’aeroporto internazionale di Tripoli effettueranno una missione nel Paese per valutare tempi e modalità dei lavori. Lo stesso sta facendo la Piacentini per i lavori nel porto di Zawara. Nel corso dei colloqui non sarebbe stata sollevata la questione degli insoluti di pagamento per circa 600 milioni di dollari dovuti ad aziende italiane da controparti pubbliche libiche, questione che la Confindustria ritiene pregiudiziale per una ripresa delle relazioni economiche con il Paese.
Moavero: partenariato serve a stabilità
La partnership strategica sul piano economico è vista dal nostro ministro degli Esteri Moavero come elemento essenziale per «contribuire in maniera decisiva alla stabilizzazione della Libia». Moavero ha inoltre auspicato «un rilancio che possa conferire una nuova dimensione a un partenariato economico bilaterale sempre più strutturato e moderno, incentrato su settori strategici e fondato su un’efficace collaborazione tra settore pubblico e privato».
Immigrati: su Hotspot non c’é chiusura totale da Libia
Nel corso dei colloqui il responsabile della Farnesina ha anche sollevato la questione dell’immigrazione riscontrando una certa disponibilità a discutere l’apertura di centri di smistamento per migranti in arrivo nel Paese e attivare quei meccanismi di rimpatri volontari assistiti (ma finanziati non solo da Italia e agenzie Onu ma anche dalla Ue) che hanno dimostrato di funzionare bene consentendo finora il rimpatrio di circa 28mila migranti economici. Il Governo libico ha anche espresso «gratitudine all’Italia per i numerosi e apprezzati interventi di assistenza umanitaria prestata ai migranti» e ha apprezzato «l’azione condotta dal nostro Paese, in stretto raccordo con le autorità libiche centrali e locali, a sostegno delle municipalità libiche».
Moavero: rilanciare piano Onu, no a smembramento Noc ad est
Il ministro degli Esteri Moavero ha anche assicurato il pieno sostegno al quadro istituzionale previsto dall’Accordo Politico Libico all’unità e integrità del Paese. Il ministro ha sottolineato l’importanza di rilanciare l’azione del rappresentante speciale delle Nazioni Unite per la Libia Ghassam Salamè che incontrerà lunedì a Roma. Nel corso degli incontri si è infine convenuto sulla necessità di assicurare l’inclusività del processo politico nella prospettiva della nuova Costituzione e del processo elettorale assicurando le precondizioni di sicurezza tra cui rientra il fatto che la produzione del petrolio e le strutture petrolifere appartengono al popolo libico e devono rimanere sotto il controllo della Noc (National Oil Corporation) come stabilito dalle risoluzioni del Consiglio di sicurezza e non smembrate come vorrebbe il generale Haftar per i campi situati ad Est.
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