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Usa-Cina, sanzioni dal 10 al 25% su 200 miliardi di import

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Usa-Cina, sanzioni dal 10 al 25% su 200 miliardi di import

New York - L’amministrazione Trump si scatena contro la Cina: dando seguito a indicazioni che avrebbero proposto contro Pechino un nuovo round di dazi maggiorati, anzi piu’ che raddoppiati, nella notte l’Ufficio del Rappresentante commerciale della Casa Bianca guidato dal falco protezionista Robert Lighthizer ha emesso un comunicato che annuncia formalmente la richiesta del Presidente di alzare le sanzioni al 25%, dal 10% inizialmente ipotizzato, su ben 200 miliardi di dollari di import made in China.

Lighthizer ricorda che «il 18 giugno il Presidente mi ha ordinato di identificare 200 miliardi di dollari in merci cinesi per imporre barriere tariffarie addizionali del 10% in risposta alla decisione cinese di colpire lavoratori, agricoltori e business statunitensi con rappresaglie su beni degli Stati Uniti. Ho iniziato questo procedimento il 10 luglio».

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E aggiunge: «Questa settimana il Presidente mi ha ordinato di considerare un incremento del livello di dazi proposto dal 10% al 25 per cento. Il 25% verrebbe applicato alla lista di prodotti che era stata annunciata il 10 luglio».

Lighthizer continua affermando che «l’amministrazione continua a fare appello alla Cina perché cessi le sue pratiche scorrette, apra i suoi mercati e si impegni a favore di una autentica concorrenza di mercato… Purtroppo invece di cambiare il suo comportamento dannoso la Cina ha illegalmente risposto con rappresaglie…».

L’escalation tra Washington e Pechino non accenna così a fermarsi, segno della frustrazione dell’amministrazione - e in particolare dell’ala più oltranzista sul commercio che comprende anche il consigliere Peter Navarro - la quale denuncia di non aver finora ottenuto ascolto da Pechino. Trump ha già fatto scattare dazi su 34 miliardi di import e altri 16 miliardi di merci saranno colpiti in agosto. E ha minacciato di alzare il tiro fino a tutti gli oltre 500 miliardi di importazioni cinesi annuali negli Usa. Pechino ha replicato con le prime rappresaglie e minacciando a sua volta di intensificare le repliche, una minaccia ribadita adesso davanti allo spettro delle sanzioni statunitensi sugli altri 200 miliardi di prodotti.

Il conto alla rovescia verso un’entrata vigore delle nuove sanzioni non è ancora finito. L’ufficio del Rappresentante commerciale della Casa Bianca (Ustr), davanti alla modifica dei dazi proposti, ha esteso la scadenza del dibattito e dei commenti pubblici sull’elenco di beni nel mirino: sarà il 5 settembre e non più fine agosto come originalmente stabilito. La conclusione del dibattito sulla lunga lista (eccola), che comprende da metalli a pesce e carni, è ufficialmente necessaria per far scattare le raccomandazioni a Trump ed eventualmente le sanzioni.

Il giro di vite contro la Cina, tuttavia, appare oggi in corso e non solo nell’amministrazione. Ha coinvolto il Congresso: il Senato, dopo il voto già della Camera, ha approvato una legislazione per il budget annuale del Pentagono da 717 miliardi di dollari che contiene anche misure esplicitamente dirette a contrastare l’influenza di Pechino, in particolare i suoi investimenti esteri e le sue tecnologie. Rafforza il Cfius, il comitato speciale Usa che vaglia gli investimenti internazionali nel Paese sulla base di criteri di sicurezza nazionale. E mantiene la messa al bando dei colossi cinesi delle Tlc Zte e Huawei da forniture al governo americano, seppur non rimette sanzioni contro Zte che erano state tolte dal Dipartimento del Commercio in cambio d’una multa da un miliardo di dollari e di riforme ai vertici promesse dall’azienda cinese.

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