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Su Brexit si abbatte la profezia Fmi: senza accordo sarà il disastro

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lagarde anticipa rapporto

Su Brexit si abbatte la profezia Fmi: senza accordo sarà il disastro

Brexit avrà comunque conseguenze negative per l'economia britannica, ma l'impatto sarebbe disastroso in caso di un'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea senza un accordo.

Le conseguenze di un «no deal» sarebbero «terribili», ha avvertito ieri Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, in un discorso al Tesoro britannico: «Ci sarebbe inevitabilmente una riduzione della crescita, un aumento del deficit e un indebolimento della valuta. Questo significherebbe una contrazione dell'economia in tempi molto stretti».

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La Lagarde ha anticipato nel suo discorso i contenuti del rapporto del Fondo sulla Gran Bretagna che verrà pubblicato in novembre.

Il monito dell'Fmi è piombato nel bel mezzo del dibattito interno al partito conservatore su come procedere nei negoziati con Bruxelles. Ministri e deputati sono divisi sui meriti del compromesso proposto dalla May nel suo piano di Chequers, mentre il fronte pro-Brexit spinge per una rottura netta con la Ue.
La premier Theresa May ha posto un ultimatum ieri: la scelta è tra il suo piano di Chequers o un “no deal”, una rischiosa uscita dalla Ue senza paracadute, ha detto.

«L'alternativa a Chequers è non avere un accordo», ha detto la May, che questa settimana al summit di Salisburgo dovrà convincere i leader dei 27 della validità delle sue proposte.

La premier non ha però voluto accettare le fosche previsioni fatte dall'Fmi. La sua posizione resta invariata: un buon accordo con la Ue è l'esito ideale dei negoziati, ma la Gran Bretagna ha un futuro radioso anche in caso di mancata intesa. «I nostri giorni migliori sono davanti a noi e avremo successo in qualsiasi eventualità» ha dichiarato.

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Il cancelliere Philip Hammond ha invece sposato le tesi dell'Fmi, dichiarando che la consapevolezza dei danni che una hard Brexit arrecherebbe alla Gran Bretagna deve essere un forte incentivo a trovare un accordo a tutti i costi.

«Come ha detto l’Fmi, un no deal sarebbe estremamente costoso sia per la Gran Bretagna che per la Ue - ha detto il cancelliere. – Nonostante i nostri piani di emergenza, metterebbe a rischio i notevoli progressi che abbiamo fatto negli ultimi dieci anni nel rimettere in sesto l'economia».

Il fronte pro-Brexit ha prontamente criticato sia la scelta binaria proposta dalla May che le previsioni negative della Lagarde e di Hammond. Il futuro è incerto, dato che la posizione oltranzista dei ribelli Tory da una parte e dell'opposizione laburista dall'altra rende improbabile un'approvazione del piano della May dal Parlamento con i 320 voti necessari.

I conservatori anti-Ue vogliono una hard Brexit, mentre i laburisti puntano a una crisi politica che porterebbe a elezioni anticipate che sperano di vincere.

In Parlamento intanto si rafforza lo schieramento inter-partitico per un secondo referendum. Durante il fine settimana anche il sindaco di Londra Sadiq Khan si è schierato a favore, unendosi a notabili laburisti come Tony Blair e Andrew Adonis, a gran parte dei liberaldemocratici e a un drappello di Tories pro-Ue come Justine Greening e Anna Soubry.

Non è accettabile che i cittadini britannici debbano essere costretti a scegliere tra un pessimo accordo e un disastroso “no deal” senza poter esprimere la loro opinione, ha detto Khan.

La Lagarde ieri ha criticato apertamente i sostenitori di una hard Brexit, che mancano di realismo nel non voler riconoscere le conseguenze di un passaggio brusco dall'essere membri della Ue a essere soggetti alle regole dell'Organizzazione mondiale del Commercio.

La previsione del Fondo di una crescita del Pil britannico dell'1,5% nel 2019 si basa su un'uscita “dolce” dalla Ue con un accordo positivo, ma un’uscita più brusca avrebbe un esito peggiore.

«Per essere chiara, qualunque possibile esito di Brexit comporterà costi per l'economia britannica in confronto all'attuale buon funzionamento del mercato unico, - ha detto la Lagarde. – Maggiori gli impedimenti al commercio in futuro, più grandi i costi. Dovrebbe essere ovvio ma pare che qualche volta non lo sia».

Anche eventuali e futuri accordi commerciali con altri Paesi nel mondo «difficilmente porteranno abbastanza benefici da compensare i costi dovuti all'uscita dalla Ue» ha precisato.

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