In una cena lunga oltre quattro ore alla vigilia di un vertice informale a Salisburgo i capi di stato e di governo dei Ventotto si sono accordati per rafforzare la collaborazione con il continente africano e così meglio gestire i flussi migratori in un contesto nel quale l’Egitto potrebbe diventare un partner di primo piano nella lotta all’immigrazione illegale. È tornata in auge poi l’ipotesi di chiedere contributi finanziari ai paesi che preferiscono non accogliere rifugiati.
La discussione ha mostrato le consuete divisioni tra i paesi membri sulla proposta di redistribuire equamente i rifugiati in tutta l’Unione europea. Alcuni stati membri dell’Est Europa sono profondamente contrari. In questa ottica è tornata d’attualità la possibilità di cifrare per così dire l’impegno ad accogliere rifugiati. Il tema è moralmente riprovevole, ha spiegato il premier lussemburghese Xavier Bettel, ma è stato discusso dai leader.
Due le ipotesi messe sul tavolo in questi anni. La prima è quella secondo la quale un paese che si rifiuta di partecipare alla redistribuzione dei rifugiati contribuisce finanziariamente all’impegno europeo (si veda Il Sole/24 Ore del 18 settembre 2016). La seconda ipotesi, proposta da Bruxelles nel luglio scorso, prevede che un paese riceva dal bilancio comunitario fino a 6.000 euro per ogni rifugiato accolto in casa propria (si veda Il Sole/24 Ore del 25 luglio 2018).
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Parlando stamani qui a Salisburgo prima della ripresa dei lavori, il premier italiano Giuseppe Conte ha definito “residuale” il numero di Paesi che dovrebbero partecipare alla prima delle due ipotesi, insistendo sulla necessità di avere un meccanismo di redistribuzione solidale realmente europeo. Il tema è delicato e controverso. Il premier Bettel è stato molto duro: «Non stiamo parlando di tappeti o di prodotti ma di essere umani (…) L’idea che si possa parlare di cifre per ogni essere umano mi disgusta».
Non si sono fatti passi avanti neppure sull’idea contenuta nelle conclusioni del vertice europeo di giugno di creare diversi
centri di sbarco per i migranti arrivati in Europa dalla sponda Sud del Mediterraneo, evitando di concentrare gli arrivi in Italia o in Grecia. Prima della pausa estiva, i Ventotto si erano ripromessi di lavorare
a una soluzione di compromesso, ma per ora un accordo appare lontano (si veda Il Sole/24 Ore del 19 settembre).
Più consenso vi è sulla scelta di rafforzare la cooperazione con il continente africano per frenare I flussi migratori. Il
presidente del Consiglio europeo Donald Tusk discuterà con il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi di un prossimo vertice tra l’Unione europea e la Lega araba. L’Egitto, che ha ridotto a zero le partenze verso l’Europa nei primi sei mesi di quest’anno (rispetto alle 13mila partenze
dello stesso periodo del 2017), è ritenuto subitamente un partner affidabile, se non indispensabile.
I leader discuteranno oggi in particolare dello stato di avanzamento dei negoziati su Brexit. La premier Theresa May ha presentato il Libro Bianco messo a punto prima della pausa estiva a Chequers che prevede un accordo di partenariato post-divorzio
basato sulla partecipazione del paese al mercato unico per i soli beni, non per i servizi. L’idea è inaccettabile per i Ventisette
perché si tradurrebbe in una violazione del principio delle quattro libertà di circolazione (persone, capitali, beni e servizi).
Come ha spiegato il presidente francese Emmanuel Macron, le tensioni di questi ultimi giorni sono normali visto che le parti si sono date l’obiettivo di chiudere le trattative entro
novembre. Londra tenta di strappare tutto il possibile. Fa notare un negoziatore europeo che ai brexiters inglesi la permanenza
della signora May al governo «è comunque la miglior garanzia di un Brexit». Un eventuale cambio di premier a Londra renderebbe ancora più incerto l’intero processo negoziale.
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