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Centri per l’impiego, come funzionano in Francia

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Centri per l’impiego, come funzionano in Francia

Una “fiera per l’occupazione” a Tourcoing, nel nord della Francia
Una “fiera per l’occupazione” a Tourcoing, nel nord della Francia

È un’idea francese: a Parigi ne sono convinti. La prima agenzia per favorire l’incontro – mai naturale – tra domanda e offerta di lavoro, evitando le ingerenze della Chiesa, è stata fondata nell’Ile de la Cité nel 1628: dal 1633 dava servizi a tutti i disoccupati, obbligati da un’ordinanza a iscriversi alle sue liste, e pubblicava il primo giornale di annunci: era possibile farne apparire uno con tre soldi, il prezzo di una libbra parigina e mezzo di pane (poco meno di 750 grammi). Fu un’iniziativa di Théophraste Renaudot, medico, noto anche per aver fondato uno dei primi giornali francesi, La Gazette.

Pôle d’emploi, l’attuale agenzia, è decisamente più recente. Fu voluta da Nicolas Sarkozy, che fece della fusione dell’Agence National pour l’emploi (Anpe) e dell’Association pour l’emploi dans l’industrie et le commerce (Assedic) - gestita da sindacati e imprenditori – un tema di campagna elettorale. L’operazione fu varata nel 2008 mentre nel 2010 è stato assorbito anche il folto gruppo di psicologi del lavoro dell’Association pour la formation professionelle des adultes.

Oggi Pôle d’emploi occupa 54mila persone, e ha un budget da 5,7 miliardi, in rapidissima crescita (+34% la media annua dal 2012 al 2017), anche se l’anno scorso almeno un miliardo è stato distribuito in eccesso ai disoccupati sotto forma di Aides au retour à l’emploi, i sussidi alla disoccupazione. Ogni disoccupato ha un solo interlocutore, il “consigliere personale”, che lo aiuta nella ricerca di un posto in Francia o anche all’estero; e offre consulenza (e finanziamenti) nel caso voglia aprire un’attività in proprio. L’agenzia offre anche – per facilitare le attività di ricerca – nidi per bambini fino a tre anni mentre un accordo del 2014 con i Départiments (le province) dà all’agenzia la possibilità di segnalare situazioni di grave disagio sociale, in modo da poter offrire alloggi o servizi di mobilità.

Le procedure prevedono incontri periodici con i disoccupati, differenziati in base ai bisogni: si prevede un accompagnamento “seguito”, per le persone più autonome, uno “guidato” e uno “rinforzato”, con colloqui settimanali. Un gruppo di assistenti specializzati affianca i “generalisti” per aiutare i giovani.

Al primo colloquio di orientamento vengono definite le necessità del disoccupato, dalla semplice ricerca di un lavoro a un più complesso progetto professionale. Viene così preparato un Projet personnalisé d’accès à l’emploi (Ppae) sulla base del quale individuare le “offerte ragionevoli”, che devono essere compatibili con le competenze acquisite: per chi è iscritto al Pôle d’emploi da più di tre mesi, devono offrire uno stipendio pari almeno al 95%; dopo sei mesi si scende all’85% e si cercano occupazioni entro 30 chilometri o un’ora di strada; dopo un anno diventano ragionevoli tutte le occupazioni con salari o stipendi pari al “reddito di inattività”, che comprende forme dirette e indirette di sostegno (e non solo il sussidio di disoccupazione, pari all’80% del salario netto di riferimento del settore).

Chiunque può rifiutare offerte con salari inferiori a quelli praticati generalmente nell’area o in quelle specifiche mansioni, un lavoro a tempo parziale o un lavoro a tempo determinato. La mancanza di collaborazione del candidato, la mancata attività di formazione o il rifiuto di due offerte ragionevoli comporta la “radiazione” dalle liste di Pôle d’emploi.

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