LONDRA - L'accordo su Brexit vacilla ma per ora resiste. La premier britannica Theresa May ha ribadito in Parlamento che l'intesa da lei raggiunta e approvata dalla maggioranza
dei ministri ieri sera è il migliore compromesso possibile. La May intende proseguire sulla via tracciata, nonostante le dimissioni di ministri-chiave come il responsabile di Brexit Dominic Raab e del ministro del Lavoro e delle
Pensioni Esther McVey, alle quali potrebbero farne seguito altre. E nonostante la mozione di sfiducia che incombe su di lei.
Vediamo quindi i punti principali della bozza di accordo approvata da Londra mercoledì sera e che la May intende sottoporre
al voto dei deputati di Westminster dopo il via libera formale dei leader dell'Unione Europea. Alcune questioni sono chiare
e risolte (se l'accordo sarà approvato), altre invece sono ancora da definire nei dettagli.
Diritti dei cittadini
L'accordo scioglie ogni dubbio sui diritti di residenza degli oltre 3 milioni di cittadini europei che da tempo vivono, studiano
o lavorano in Gran Bretagna, tra i quali ci sono circa 500mila italiani, e del milione di cittadini britannici residenti nella
Ue. I cittadini Ue residenti da almeno cinque anni in Gran Bretagna potranno richiedere il diritto di residenza permanente
o “settled status” e avranno il diritto di vivere, di lavorare, di farsi raggiungere da moglie, marito, figli o altri parenti
stretti e anche di avere accesso al servizio sanitario nazionale e ai sussidi statali britannici.
Conto del divorzio
La Gran Bretagna si è impegnata a onorare gli impegni presi e pagare il cosiddetto “conto del divorzio” che si prevede sia
intorno ai 40 miliardi di euro. Inoltre Londra ha accettato di continuare a contribuire al budget Ue per tutto il periodo
di transizione previsto, quindi fino alla fine del 2020. Dopo quella data verserà quello che deve, ad esempio per le pensioni
dei funzionari Ue. I sostenitori di Brexit che avevano giurato di “non dare un penny a Bruxelles” hanno criticato il fatto
che per almeno due anni Londra pagherà quanto uno Stato membro ma senza avere i diritti di voto, quindi senza voce in capitolo.
Confine irlandese
Per evitare il ritorno a un “vero” confine tra le due Irlande tutto il Regno Unito, non solo l'Irlanda del Nord, resterà a
far parte dell'unione doganale europea per un periodo di tempo imprecisato, fino al raggiungimento di un accordo bilaterale
commerciale permanente ancora tutto da negoziare. L'Irlanda del Nord avrà uno statuto speciale e verrà garantita la libertà
di circolazione tra le due Irlande, in vigore da prima che la Gran Bretagna diventasse membro della Ue. La “backstop” o polizza
di assicurazione concordata serve a garantire che Londra non potrà uscire dall'unione doganale fino a quando ci sarà un'intesa
concordata da entrambe le parti e approvata da un apposito comitato congiunto.
Allineamento regolamentare
Bruxelles ha chiesto e ottenuto parità di condizioni dopo Brexit, cioè che la Gran Bretagna mantenga l'allineamento regolamentare
con la Ue in settori come la tutela ambientale, la concorrenza e gli aiuti di Stato e le leggi che regolano il mercato del
lavoro per evitare che Londra modificando le regole possa in futuro avere un vantaggio competitivo sui Paesi membri. La Corte
di Giustizia Europea continuerà a fare da arbitro nelle dispute future ed eventuali durante il periodo di transizione e anche
oltre per un massimo di quattro anni.
Servizi finanziari
Londra sperava di ottenere il mutuo riconoscimento delle regole nel cruciale settore dei servizi finanziari per mantenere
il libero accesso attuale, ma si è dovuta accontentare della cosiddetta “equivalenza rafforzata”. Durante il periodo di transizione
tutto resta invariato, mentre dopo scatta l'equivalenza, che ha due lati negativi. Il primo è che la concessione dell'equivalenza
può essere revocata dalla Ue con un preavviso di solo 30 giorni: non è mai successo ed è altamente improbabile che succeda,
ma porta comunque un elemento di incertezza. Il secondo è che l'equivalenza non copre tutti i settori finanziari. Secondo
lo studio legale Hogan Lovells il regime di equivalenza copre circa un quarto delle transazioni finanziarie tra Ue e Gran
Bretagna. Banche e istituti finanziari considerano però l'accordo di gran lunga preferibile a una hard Brexit e lo hanno definito
“una soluzione pragmatica”. I dettagli del regime di equivalenza rafforzata potranno essere definiti e migliorati nel corso
di negoziati futuri.
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