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terremoto nel governo e nei tory

Brexit, mozione di sfiducia contro May, che tira dritto. Lasciano i ministri Raab e McVey. Crollano banche e sterlina

La vittoria della premier Theresa May, che mercoledì ha strappato il sì a maggioranza del suo governo all’accordo di 585 pagine su Brexit - una exit morbida nonché una vittoria schiacciante della Ue che ha imposto le sue condizioni - è durata appena 12 ore. Stamattina Dominic Raab, ministro per la Brexit, si è dimesso. «Non posso sostenere l’accordo con la Ue», ha fatto sapere. Prima di lui Shailesh Lakhman Vara ha lasciato la carica di sottosegretario del governo May per l’Irlanda del Nord. E dopo di lui la ministro di lavoro e pensioni, Esther McVey, una dei due nomi che già circolavano ieri come ministri possibili dimissionari ha lasciato perché fieramente contraria al «deal».

Mozione di sfiducia per May
Nel pomeriggio il deputato Tory Jacob Rees-Mogg, capofila dei brexiteers più radicali, ha formalizzato la sua richiesta di una mozione di sfiducia contro Theresa May in una lettera al comitato 1922, l’organismo di partito che sovrintende alla convocazione di elezioni per la leadership. Nella lettera, May viene accusata di aver violato «le promesse fatte alla nazione» sulla Brexit. Rees-Mogg ha un seguito di circa 50-60 deputati, sufficienti in teoria a far scattare l'iter, ma occorrono 48 lettere di deputati alla commissione per presentare la mozione, lettere che finora non sono arrivate: finora risulta inferiore al quorum necessario. Rees-Mogg si dice comunque convinto che May sarà rimpiazzata «non in mesi ma in settimane».

May: accordo nell’interesse nazionale
In serata la premier ha difeso l’accordo in una conferenza stampa a Downing Street: «Leadership - ha detto - significa prendere le decisioni giuste, non quelle facili. Porterò a termine questo accordo perché è nell’interesse nazionale, non in un interesse di parte e sicuramente non nell'interesse delle mie ambizioni politiche. Nessuno è stato in grado di produrre una proposta alternativa su Brexit».

Colpo a May: l’addio di Dominic Raab
Il peso massimo che in mattinata May ha perso è Dominic Raab, ministro Brexit,
che in estate aveva sostituito David Davis anche lui dimissionario perché critico con l’andamento dei negoziati e il piano Chequers. Nel frattempo la premier si sta preparando ad altri abbandoni che non farebbero che indebolirla ulteriormente.

ACCORDO SU BREXIT, I PUNTI FERMI E I NODI DA SCIOGLIERE

L’incognita Michael Gove
Adesso Raab potrebbe essere sostituito da Michael Gove, attuale ministro dell’Ambiente, puro Brexiteer e soprattutto ex avversario di May per la leadership. Gove è un personaggio molto controverso, la sua scelta sarebbe di per sé un rischio che già comunque è ben visibile: Gove ha infatti detto che sta valutando l’offerta del ministero per Brexit ma pone delle condizioni: che venga cancellato il summit con la Ue del 25 novembre e soprattutto chiede di rinegoziare la bozza d’accordo approvata ieri a maggioranza dall’esecutivo. Gove non esclude però di dimettersi pure lui e rendere così ancora più profonda la crisi della signora May.

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La sterlina e le banche inglesi crollano
E la sterlina registra un calo subito dopo l’addio di Raab: la valuta britannica ha toccato 1,2808 dollari da 1,2990 di ieri con un calo di oltre l’1%. Il calo è proseguito nel corso della giornata, scesa fino a 1,2751 dollari (alla vigilia del referendum del 2016 la valuta inglese viaggiava sopra gli 1,50 dollari). A metà giornata le banche inglesi sono andate a picco alla Borsa di Londra sui timori di una “hard Brexit”: Royal Bank of Scotland e Lloyds cedono rispettivamente il 6,77% e il 4,8%, segnando il calo più forte in due anni. Barclays, -4,8%, scende ai minimi dal settembre 2016.

Il cambio euro / sterlina

Raffica di addii
Nel pomeriggio lascia la carica di vicepresidente del partito conservatore anche Raymond Chishti perché non appoggerà questo accordo, segno che dopo il governo anche il partito della premier è in crisi profonda: tutti gli assetti sono saltati. La premier May è stata costretta a commentare la raffica di defezioni: «portare a compimento Brexit comporta scelte difficili per tutti noi. Quello presentato ieri non è l’accordo finale ma soltanto una bozza del trattato, inoltre è comunque meglio del modello Canada e Norvegia. Mi rendo conto - dice - che il processo è stato molto frustrante ma votare contro questo accordo ci riporta indietro alla prima casella di questo percorso». La premier britannica ha anche dichiarato, rispondendo al leader liberaldemocratico Vince Cable, che il governo britannico «non intende prepararsi» allo scenario di «una no Brexit» perché ritiene sia «suo dovere attuare il mandato» referendario stabilito dal popolo nel giugno 2016 e ha respinto con forza l’opzione di un secondo referendum.

PER SAPERNE DI PIÙ / LEGGI IL TESTO DELL’ACCORDO

Gli unionisti nordirlandesi del Dup, che con dieci deputati assicura la maggioranza al governo May, hanno denunciato la bozza d’intesa sulla Brexit come una violazione delle promesse fatte in termini di garanzia del legame fra Londra e Belfast. Il capogruppo Nigel Dodds ha sostenuto che l'intesa farà del Regno Unito «uno Stato vassallo destinato alla fine a disgregarsi». E ha aggiunto: «È chiaro che la primo ministro May non ascolta». Critiche che la premier ha respinto, ribadendo le garanzie all’Ulster e sull'integrità futura del Regno e invitando il Dup a nuovi colloqui.

E proprio il problema irlandese è uno dei motivi dell’addio di Raab: nel testo di dimissioni indirizzato alla premier May scrive infatti che la sua decisione è legata a due motivi:  «In primo luogo - spiega - ritengo che il regime normativo proposto per l’Irlanda del Nord rappresenti una minaccia reale per l’integrità del Regno Unito. In secondo luogo, non posso appoggiare un accordo a tempo indeterminato, in cui l’Ue ha il diritto di veto sulla nostra capacità di uscita». Il motivo è sempre lo stesso: il disaccordo con il via libera del governo May alla “soft exit” negoziata con l’Ue.

Infierisce il leader dell’opposizione, il laburista Corbyn che aspetta la caduta di May per indire nuove elezioni: la bozza d’intesa sulla Brexit proposta da May come «un enorme e dannoso fallimento» che non ha l’appoggio della maggioranza del Paese.

Il vertice straordinario sull’accordo per la Brexit è convocato per il 25 novembre, alle 9,30. Lo ha annunciato il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk in una conferenza stampa congiunta col capo negoziatore dell’Unione Michel Barnier. Potrebbe essere dunque questo il giorno da cerchiare in rosso per la certificazione politica del patto di divorzio consensuale tra Unione europea e Regno Unito. La data del summit Ue straordinario è stata evocata ieri, 14 novembre, dal premier irlandese Leo Varadkar durante il suo discorso in Parlamento a Dublino, ed è un appuntamento cruciale.

Le tappe principali dei negoziati:

14 novembre 2018 - Il governo britannico di Theresa May dà il via libera politico all'intesa.

15 novembre 2018 - In polemica con l’accordo approvato si dimettono due ministri e due sottosegretari.

25 novembre 2018 - Summit straordinario della Ue per l'ok dei 27 all'accordo.

Entro il 29 marzo 2019 - Procedure di ratifica da parte dei 27, delle istituzioni Ue e, soprattutto del Parlamento britannico, dove i numeri non sono affatto scontati. Vota sull’accordo finale anche l’Europarlamento.

Mezzanotte del 29 marzo 2019 - Scatta la Brexit, parte il periodo transitorio di 21 mesi dove Londra continuerà ad applicare le regole Ue ma non avrà più potere decisionale, e si avviano i negoziati per gli accordi commerciali tra Gb e gli altri Paesi.

31 dicembre 2020 - Fine del periodo transitorio (a meno che i negoziatori non chiedano altro tempo), cessa l'applicazione del diritto Ue in Gran Bretagna.

1° gennaio 2021 - La Gran Bretagna è a tutti gli effetti un Paese terzo.

Le prime reazioni dall’Unione europea
«Il Parlamento europeo vigilerà affinché l’accordo sulla Brexit tuteli gli interessi di tutti i cittadini europei» scrive su Twitter il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani annunciando il punto stampa oggi 15 novembre all’Eurocamera con il capo negoziatore Ue Michel Barnier ed il responsabile del gruppo di coordinamento sulla Brexit del Parlamento europeo, Guy Verhofstadt.
«La prossima settimana il nostro gruppo di lavoro sarà impegnato a studiare nei dettagli la proposta del trattato - ha aggiunto Tajani -, domenica 25 di fronte al Consiglio europeo illustrerò la posizione dettagliata del Parlamento Ue, poi prima della fine dell'anno ci sarà una risoluzione che l'aula plenaria approverà anche sulle future relazioni fra Regno Unito e Ue».

«C’è ancora molto lavoro da fare - ha detto Barnier. Per quanto mi riguarda, nei prossimi giorni lavoreremo tutti sul testo della dichiarazione politica sulla relazione futura, con gli Stati membri ed il Parlamento europeo, e questo lavoro sarà intenso».

«Abbiamo trovato una soluzione giusta ed equilibrata, che tiene in conto delle esigenze del Regno Unito, ma anche le nostre sulla protezione dei consumatori
e delle imprese nel mercato unico».

C’è un accordo. E ora?

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