Parigi e la Francia escono devastate dal «terzo atto» dei gilet gialli, la protesta contro il caro carburante che si è trasformata in una sommossa di piazza contro il governo Macron. Un nuovo bilancio della prefettura di Parigi sulla giornata di ieri, con le violenze durante la manifestazione dei gilet gialli, parla di 133 feriti e di 378 persone fermate. Ad Arles, nel sud del paese, un automobilista è rimasto ucciso in un tamponamento provocato da un blocco stradale dei gilet gialli su una strada di provincia. È laterza vittima dall’inizio del movimento, due settimane fa.
Un bilancio che la polizia ritiene «molto pesante» e che è nettamente superiore a quello della manifestazione del sabato precedente
(101 fermi e 25 feriti, di cui 5 appertenenti alle Forze dell’ordine). La manifestazione è sconfinata in scena di guerriglia,
con scontri fra gilet gialli e polizia, auto in fiamme e atti di vandalismo per la capitale. Macron, di ritorno dal G20 a Buenos Aires, si è recato all’Arco
della Pace per verificare in prima persona i danni inferti.
Il governo: non escludiamo stato di emergenza
Il governo studia tutte le opzioni per evitare nuove scene di rivolta e violenze come ieri a Parigi per la manifestazione
dei gilet gialli. Secondo il portavoce
dell'esecutivo, Benjamin Griveau, fra le piste seguite c'è anche quella dell'instaurazione dello stato d'emergenza. Parlando
ai microfoni di Europe 1, Griveaux ha detto che il ministro dell'Interno, Christophe Castaner, «ha ipotizzato lo stato d'emergenza».
A fine mattinata, Emmanuel Macron, di ritorno dal G20 in Argentina, incontrerà Castaner e il premier Philippe per un punto
della situazione. Le violenze dei «casseur» nella manifestazione dei gilet gialli sono dilagate dall'Arco di Trionfo ad altri
quartieri di Parigi. Dura la risposta del presidente francese, Emmanuel Macron, da Buenos Aires: «Rispetterò sempre le contestazioni, ascolterò sempre l'opposizione. Ma non accetterò mai la violenza».
I primi fumogeni già in mattinata
Il gruppo, nato spontaneamente per protesta contro il caro benzina, si è trasformato in un movimento di massa contro il presidente
Emmanuel Macron e la pressione fiscale. Alle 8:45, da un gruppo di alcune centinaia di gilet gialli radunati sugli Champs-Elysees
a Parigi, sono partiti i primi fumogeni contro il cordone di polizia che controlla la zona. L'uomo che li ha lanciati è stato
messo a terra dagli agenti e immediatamente fermato. L'episodio ha dato vita ai primi tafferugli, con gruppi di gilet gialli
che sono fuggiti nella direzione opposta, verso l'Arco di Trionfo, con il volto coperto per proteggersi dai gas lacrimogeni
lanciati dalla polizia. Altri manifestanti hanno preso a lanciare fumogeni verso l'Etoile la piazza che è l'ultima zona aperta
alla circolazione prima del blocco sugli Champs-Elyeees.
Due: più potere d’acquisto e meno «scarto tra governo e cittadino»
La mobilitazione che travolge la Francia nasce da più fattori. «Un primo obiettivo: misure per aumentare il potere di acquisto,
e subito, perché troppi francesi non arrivano alla fine del mese. Il secondo: ridurre lo scarto tra governo e cittadini. Vogliamo
assemblee e referendum in modo che tutti possano esprimersi». Lo spiega in una intervista al Corriere della Sera, Julien Terrier,
uno degli otto delegati dei gilet gialli. «Il governo - lamenta Terrier - ha cercato di togliere credibilità al movimento
in tutti i modi. Ci hanno accusato di essere di estrema destra legati a Marine Le Pen, poi di estrema sinistra legati a Jean-Luc
Mélenchon, poi hanno detto che siamo addirittura dei terroristi. Noi ci opponiamo a ogni strumentalizzazione politica o sindacale».
«Anche noi - aggiunge sui rincari alla benzina - vogliamo respirare un'aria meno inquinata. Ma solo il 20% della carbon tax
è usato per la transizione ecologica. Deve essere destinato all'ambiente il 100%. Ci offrono incentivi ridicoli per acquistare
auto elettriche costose, che a lungo termine saranno un problema ambientale». Il movimento smetterà, fa sapere, «quando avremo
assemblee di cittadini e referendum. Siamo il Paese dei diritti dell'uomo, vogliamo una vera democrazia». Dopo le manifestazioni
a Bruxelles i “gilet gialli” arriveranno in altri Paesi? «È inevitabile - risponde - perché le condizioni di vita sono difficili
in tutta Europa».
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