Sono ancora un mistero. I gilets jaunes restano un movimento molto ben coordinato ma decisamente plurale. Sfuggono molti aspetti dei vari gruppi di manifestanti che
partecipano alle proteste e, soprattutto, n0n è chiaro cosa davvero vogliano. Nei giorni scorsi è circolata una lista in 25
punti, molto radicale, e graficamente accattivante - un giubotto giallo con l’elenco delle rivendicazioni - ma non è certo
la versione originale. Uno dei siti che per primi l’hanno lanciata, librepenseur.org, avverte chiaramente che si tratta delle «rivendicazioni che i gilets jaunes dovrebbero avere se volessero davvero cambiare le cose».
«Referendum» ancora in corso
La pagina web che si presenta come «il sito ufficiale dei Jilets Jaunes» - perché si ricollega a Priscillia Ludosky, che a maggio ha lanciato una petizione contro l’aumento delle
imposte sui carburanti, e a Eric Drouet, a cui si deve, sembra, l’idea della manifestazione di Parigi del 17 novembre - ha
del resto ancora in corso i referendum per definire un primo elenco unitario delle rivendicazioni. A fine novembre, inoltre,
un’altra lista di 42 punti - più moderata, se non altro dal punto di vista politico - era stata inviata ai deputati francesi.
I 4 punti del sito «ufficiale»
I referendum - o meglio, i «sondaggi» - del sito ufficiale si riferiscono a riforme costituzionali ed economiche. Le domande
attualmente attive riguardano la proposta di referendum di iniziativa cittadina (la Costituzione francese prevede solo referendum
su iniziativa del presidente); la creazione di un’Assemblea di cittadini, eletti a sorte, per vigilare sulle commissioni di
esperti e sugli istituti di democrazia diretta; l’abbassamento di tutte le imposte sui beni di prima necessità (energia, acqua,
carburanti e alimentari); e la riduzione «significativa» delle retribuzioni anche indirette dei membri del governo, con controllo
delle spese per tutti gli eletti.
I 42 punti: dall’auto all’idrogeno alle politiche di integrazione
Più vasto il programma in 42 punti che a fine novembre è stato consegnato anche ai deputati francesi. In questo caso le misure sono prevalentemente economiche: aumento del 10% del salario minimo a 1.300 euro netti; aumento delle pensioni minime a 1.200 euro; salario massimo mensile a 15mila euro; età pensionabile a 60 anni; fine del ricorso al debito e annullamento degli interessi; protezione per le imprese francesi (divieto di delocalizzazione) e per i piccoli esercizi commerciali (fine della costruzione di centri commerciali), abolizione del credito d’imposta per la competitività e l’innovazione (le risorse verrebbero destinate allo sviluppo dell’auto all’idrogeno), riduzione del ricorso ai contratti a termine, divieto delle privatizzazioni, ma anche il buon trattamento dei richiedenti asilo (che vanno però espulsi in caso di rigetto della domanda) e vere politiche di integrazione.
I 25 punti: «Meno importazioni, meno inquinamento»
Il programma in 25 punti, che ha avuto una forte eco in Italia, ha iniziato a girare il 6 dicembre. È un programma, o meglio una proposta di programma, vicino alle rivendicazioni della destra radicale, soprattutto sui temi europei (che in realtà non sono stati davvero al centro del dibattito nel movimento dei Gilets), con misure in grave contraddizione tra i loro: uscita della Francia dall’Unione europea e dalla Nato, annullamento del debito, limitazione delle imposte al 25% della “ricchezza” dei francesi, l’aumento di salari minimi e pensioni del 40%, sviluppo dell’agricoltura ma anche dell’industria «allo scopo di diminuire le importazioni e quindi l’inquinamento»; blocco dei flussi migratori e dell’integrazione, rispetto «scrupoloso» del diritto e dei trattati internazionali, fine delle ingerenze statali su istruzione (il riferimento è soprattutto al «metodo globale»), salute e famiglia.
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