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TERZO TRIMESTRE AL +1,6%

La Turchia non cresce più: crollo della lira e inflazione pesano sul Pil

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan

Brusca frenata per l’economia turca nel terzo trimestre. La crescita del Pil di Ankara tra luglio e settembre si è fermata all’1,6% rispetto allo stesso periodo del 2017 (ben al di sotto delle aspettative dei mercati che avevano stimato il 2%) a causa della crisi valutaria della lira e del forte aumento dei prezzi. I dati, diffusi oggi dall’Istituto nazionale di statistica TurkStat, evidenziano il peggior risultato degli ultimi due anni, da quando nel 2016 la Turchia venne sconvolta dal tentativo di colpo di Stato, per poi subire la successiva repressione messa in atto dal presidente Recep Tayyip Erdogan. Rispetto al trimestre precedente il Pil è sceso dell’1,1 per cento, cosa che potrebbe preludere a una recessione tecnica se anche nel quarto trimestre l’economia sarà in contrazione.

La Turchia, uno dei principali mercati emergenti, fino a pochi anni fa considerato un riferimento per lo sviluppo di tutta l’area del vicino oriente, nel 2017 ha fatto registrare un’espansione superiore al 7 per cento. Quest’anno però il crollo della lira ha fatto aumentare i costi degli alimentari e del carburante costringendo la Banca centrale ad alzare al 24% il tasso di riferimento. Il settore delle costruzioni, che a lungo aveva tratto benefici dalla facilità di trovare finanziamenti, ha interrotto la sua corsa con una contrazione del 5,3% anno su anno, che ha quasi annullato la crescita del 4,5% dei servizi. La crescita dei consumi privati, che rappresenta circa i due terzi dell’economia, è precipitata quasi di sei volte.

Crisi valutaria e consumi in difficoltà
«La crescita ha cominciato a perdere slancio nel terzo trimestre con un rallentamento dei consumi privati e degli investimenti», spiega Muammer Komurcuoglu, economista di Is Invest. «Prevediamo - continua Komurcuoglu - una contrazione della crescita nel quarto trimestre a causa dell’impatto negativo della stretta monetaria sulle condizioni finanziarie, della riduzione degli investimenti e della propensione al consumo con la perdita del valore della lira e dell’inflazione elevata».
«Gli effetti della crisi valutaria di agosto hanno portato l’economia della Turchia a contrarsi nel terzo trimestre e anche elementi recenti suggeriscono che la crisi si è approfondita nel quarto trimestre», scrive Jason Tuvey di Capital Economics in una nota agli investitori.

L’economia turca era cresciuta del 5,3% anno su anno nel secondo trimestre, da un precedente +5,2% nel primo trimestre. La lira ha ceduto il 28% rispetto al dollaro quest’anno (e anche oggi a metà pomeriggio sta perdendo lo 0,5%), ma ha recuperato dai minimi di agosto quando aveva perso il 47% del suo valore sulla moneta statunitense. La crisi della lira ha portato l’inflazione annuale a oltre il 25% in ottobre, il livello più alto degli ultimi 15 anni, prima di rallentare a novembre.

Verso la contrazione dell’economia
Un’economia in difficoltà è una grande complicazione per il presidente Erdogan, che ha costruito il suo successo sulla crescita sovralimentata con stimoli e risorse pubblici. Gli analisiti si aspettano un allentamento della politica monetaria e fiscale per sostenere i consumi delle famiglie, anche se questi sforzi potrebbero essere vanificati dall'aumento continuo dei prezzi. Il governo ha già introdotto alcune misure per sostenere la domanda dei consumatori tagliando le tasse su auto, elettrodomestici e mobili fino alla fine dell'anno.

E il peggio potrebbe ancora arrivare. Il Fondo monetario internazionale prevede che la crescita scenderà allo 0,4% nel 2019 dal 3,5% di quest’anno a causa di una lira più debole e di maggiori costi di finanziamento. Per Moody's potrebbe esserci una contrazione del 2% nel 2019, mentre Citigroup prevede addirittura un calo del Pil del 3,3% sempre a causa della crisi della domanda interna. «Il trend di contrazione trimestrale continuerà nel quarto trimestre e sembra che nel quarto trimestre vedremo anche un calo del dato annuo», dice Inan Demir, economista di Nomura.
Tutti gli occhi sono ora puntati sulla Banca centrale, che si riunirà giovedì anche per decidere sui tassi di interesse. «È importante che la Banca centrale ribadisca un forte impegno a mantenere una politica monetaria restrittiva nonostante il forte rallentamento dell’attività economica fino a quando le prospettive per l’inflazione miglioreranno in modo significativo», spiega Piotr Matys di Rabobank.

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