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Brexit nel caos: i conservatori chiedono voto di sfiducia contro May

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la premier: 158 parlamentari con me

Brexit nel caos: i conservatori chiedono voto di sfiducia contro May

I parlamentari conservatori del Regno Unito hanno avviato le pratiche per il voto di sfiducia a Theresa May, gettando nel caos le trattative - già in salita - fra la premier e la Ue. Graham Brady, il presidente della 1922 Committee (l’organismo che regola le norme internedei Tory), ha ricevuto la quota minima di 48 lettere necessarie per attivare il cosiddetto no confidence vote. Secondo le regole del partito, si può dare il via alla procedura quando almeno il 15% dei membri del parlamento si esprime a favore.

Il momento della verità arriverà questa sera, fra le 18 e le 20, e il risultato dei voti sarà annunciato «immediatamente» dopo. May ha ora bisogno del supporto di almeno 158 parlamentari del suo partito per restare in sella e conservare il timone dei Tory (e del processo di Brexit) nell’arco di 12 mesi. La premier, sottolineano i media britannici, potrebbe comunque decidere di fare un passo indietro se il totale di voti sfavorevoli risultasse «abbastanza significativo nei numeri». Per ora, la bilancia pende a suo favore. A quanto riporta Reuters, May avrebbe dalla sua una quota sufficiente di parlamentari per superare indenne il voto, ma sarebbe pronta a un passo indietro prima delle prossime elezioni.

May: mi opporrò, così si rinvia la Brexit
La reazione di May non si è fatta attendere. La premier ha già promesso che «si opporrà al voto con tutto ciò che ha», aggiungendo che il suo successo dovrebbe stralciare o posticipare l’attivazione del processo di divorzio. Con il rischio di far saltare del tutto Brexit, in teoria obiettivo finale dei suoi oppositori. Un cambio ai vertici, ha detto May, «mette il futuro del nostro paese a rischio e crea incertezze proprio quando abbiamo meno strumenti per affrontarle». May si è prodotta ieri in una sorta di tour de force europeo per cercare di strappare qualche margine di dialogo in più sul tema del backstop, i confini irlandesi. Senza successo: né la cancelliera tedesca Angela Merkel né Donald Tusk (Consiglio europeo) e Jean-Claude Juncker (Commissione) hanno lasciato trasparire alcuna apertura. Come aveva già dichiarato in mattinata Juncker, l’accordo raggiunto fra Europa e Londra «è il migliore possibile». Il mondo delle imprese sta seguendo con ansia l’ennesimo testacoda nel processo. Adam Marshall, direttore della British Chambers of Commerce (la camera di commercio britannica), ha accolto con «totale sgomento» la notizia della mozione. «In uno dei momenti cruciali per il Regno Unito in decadi - ha detto al Guardian - è inaccettabile che i politici di Westminster abbiano scelto di concentrarsi su se stessi e non sui bisogni del paese».

Più di 20 deputati Tory dichiarano il voto contro
Del resto, l’opposizione interna sembra intenzionata ad andare fino in fondo. Sono almeno 20, scrive il Guardian, i parlamentari conservatori che hanno dichiarato pubblicamente di aver inviato le lettera di sfiducia contro il primo ministro. Fra di loro c’è anche Jacob Rees-Mogg, l’oltranzista della Brexit che ha capitanato le proteste su un patto ritenuto troppo vantaggioso per gli ex partner della Ue.

Lo stesso Rees-Mogg aveva già tentato di avviare un voto contro May in novembre, senza raggiungere però la soglia minima di 48 lettere dai colleghi di partito. La procedura si è accelerata all’improvviso dopo la scelta, annunciata ieri, di rinviare il voto della Camera dei comuni sull’accordo Londra-Ue strappato da May a Bruxelles. Tutti i pronostici davano per scontata una scofitta clamorosa della premier, con scarti fino ai 100 voti.

È già scattata la corsa per il dopo-May
In caso di uscita di scena di May, il nuovo leader dei Tory acquisirebbe automaticamente la carica di primo ministro. May sarebbe comunque costretta a restare in carica per un periodo di transizione di circa sei settimane, in attesa della scelta di un nuovo segretario. A quanto scrivono i media britannici, i deputati conservatori ritengono però improbabile arrivare alla scelta di un successore entro quella scadenza. Il risultato sarebbe un rinvio del processo di Brexit oltre il 29 marzo 2019, giudicato come una «parte vitale» della mozione di sfiducia che pende ora su May. I media locali si stanno già scatenando con il toto-nomine per il dopo May. Fra i nomi che circolano l’ex ministro della Breixt Dominic Raab, l’ex titolare degli Esteri e sindaco di Londra Boris Johnson, il parlamentare
Michael Gove, la segretaria di Stato per il lavoro e le pensioni Amber Rudd, il segretario di Stato per gli affari esteri e il Commonwealth Jeremy Hunt, il ministro degli Interni Sajid Javid e il segretario di Stato per lo sviluppo internazionale Penny Mordaunt.

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