Theresa May ha ottenuto la fiducia dai deputati Tory: 200 i voti a favore sul totale di 317 schede depositate. Un voto in più dei 199 con cui conquistò la guida del partito nel 2016 dopo le dimissioni di David Cameron seguite alla vittoria del 'Leave' nel referendum sulla Brexit del 2016.
Confermate le aspettative che scommettevano sul fatto che la premier riuscisse a salvarsi e che i dissidenti, guidati dall'ala più oltranzista dei brexiteers, non fossero in grado di raggiungere la maggioranza assoluta di 159 voti necessaria a scalzarla come leader di partito (e di conseguenza come capo del governo).
Theresa May è riuscita a salvare il posto di primo ministro del Regno Unito con l’obiettivo di mandare in porto una “Brexit
ordinata”, dopo aver annunciato ai parlamentari conservatori che non sarà lei a guidare il partito alle prossime elezioni
politiche, previste per il 2022. Si farà da parte - ha detto - una volta realizzata l’uscita dall’Ue in modo ordinato. In
quello che è stato forse il discorso più importante della sua carriera politica, avvenuto a porte chiuse davanti ai deputati
Tory in una sala di Westminster, May ha cercato – e stando ai commenti probabilmente ottenuto - l’appoggio del partito, poco prima che iniziasse la votazione
sulla fiducia.
In un rapido susseguirsi di eventi, il voto era stato innescato questa mattina dalla richiesta di 48 deputati (la soglia minima richiesta), tutti tra i più accesi Brexiteers' e quindi assolutamente contrari all'accordo raggiunto con la Ue che condannerebbe, secondo loro, la Gran Bretagna a una posizione di vassallaggio rispetto a Bruxelles.
Il voto in Parlamento sull’intesa raggiunta da May con la Ue era previsto per ieri martedì 11 dicembre, ma la premier lo ha rinviato una volta compreso che sarebbe stata una disfatta non solo ad opera dei fautori di una Brexit “dura”, come Boris Johnson, ma anche di altre frange del partito e dell'alleato nord-irlandese Dup. E certo i Laburisti non sarebbero venuti in soccorso del Governo. Il punto di maggiore disaccordo è il “backstop”, cioè il regime speciale concesso all'Irlanda del Nord per evitare il ritorno di una frontiera fisica, ma che di fatto manterrebbe indefinitamente quella parte del Regno Unito legata al mercato comune europeo. Un anatema per i ‘No Deal'.
May ha cercato un nuovo round di negoziati con Bruxelles che non le è stato concesso. Dopo la richiesta del voto di fiducia, May - di fronte a Downing Street questa mattina 12 dicembre - ha difeso con forza e dignità il suo lavoro, il suo ruolo e anche l’accordo raggiunto, ammonendo che un cambio della leadership Tory proprio ora causerebbe solo caos e andrebbe a favore dei Laburisti, che in effetti non aspettano altro che elezioni anticipate nella speranza di riguadagnare la guida del Paese.
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