NEW YORK - Il Washington Post ha pubblicato la bozza di un report riservato del Senato americano sulla campagna di disinformazione russa attuata sui principali social media con la diffusione di post, fotografie e video tagliati su misura a determinati target di utenti, per aiutare Donald Trump durante la campagna per le elezioni presidenziali del 2016 e nei primi due anni alla Casa Bianca.
Il report si basa sull'analisi di milioni di post pubblicati da parte della Commissione di intelligence del Senato americano. Una commissione bipartisan guidata dal senatore repubblicano Richard Burr, che ne è anche il presidente, e dal senatore democratico Mark Verner. La Commissione aveva programmato lapubblicazione del report, assieme a un altro studio, a fine settimana.
Lo studio è stato realizzato da un network di analisti legati all'Università di Oxford, nello specifico attraverso il Computational Propaganda Project, e dalla società specializzata Graphika. Dal dossier emergono nuovi particolari sul modus operandi degli hacker che lavorano all'interno dell'Internet Research Agency, società russa con sede a San Pietroburgo, la cosiddetta “fabbrica dei trolls” che utilizzava falsi profili sui maggiori social network per le sue raffinate attività di propaganda, politica ed economica. La società russa è accusata da tempo dalla Cia e dalla Nsa di aver direttamente interferito sull’andamento delle ultime elezioni presidenziali. Il report del Senato accusa anche le big tech americane Twitter, Facebook e Google che avrebbero mentito durante le rispettive audizioni al Congresso. Facebook, in particolare, dall’analisi di milioni di post avrebbe favorito la diffusione dei fake post inviati dalla società russa, che pagava come inserzioni pubblicitarie le campagne di fango lanciate sulla rete contro gli avversari di Trump o a suo favore. A discapito dei messaggi governativi americani, anche quelli instituzionali sulle elezioni, meno visibili rispetto ai post della società di San Pietroburgo.
«Ciò che è chiaro – afferma il rapporto - è che tutti i messaggi cercavano chiaramente di favorire il Partito repubblicano - e in particolare Donald Trump». E ancora: «Trump è menzionato soprattutto nelle campagne che hanno come target i conservatori
e gli elettori di centro destra con messaggi che incoraggiano questi gruppi a sostenere le sue posizioni». Al contrario, secondo
il dossier del Senato, «ai gruppi di utenti social potenzialmente avversi a Trump venivano forniti messaggi che cercavano
di confondere, distrarre e infine scoraggiare le loro intenzioni di voto».
Due anni dopo l'inizio della presidenza sono diverse le inchieste avviate negli Stati Uniti contro Donald Trump. Il 2019 sarà condizionato dalle conclusioni dell'inchiesta sul Russiagate, anch'essa sulle elezioni presidenziali portata avanti dal procuratore speciale Robert Mueller. Uomo delle istituzioni, l'uomo più silenzioso del mondo, che non ha mai parlato con nessuno della sua inchiesta ma che quando deciderà di farlo di sicuro farà rumore. Non è l'unico problema giudiziario che intralcia i prossimi due anni di presidenza Trump. La società di Trump ha diverse cause civili aperte che stanno scavando nelle sue attività con i governi stranieri. C'è un'indagine di stato inoltre sulle dichiarazioni fiscali passate di Trump, e sulle sue presunte evasioni fiscali, indagine avviata in seguito a un'inchiesta del New York Times.
Nelle prossime settimane si insedierà il nuovo Congresso dopo le elezioni mid term. I democratici prenderanno il controllo della Camera e di sicuro, oltre a sostenere le inchiestein corso, avvieranno le loro indagini su Trump. Nei prossimi due anni i Dem potrebbero provare ad avviare una procedura di impeachment contro il presidente. Ma è molto difficile che riescano a farlo rimuovere dal suo incarico perché al Senato, che è a maggioranza repubblicana, occorrono i voti dei due terzi dei senatori.
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