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Copyright, corsa contro il tempo per la riforma. Di Maio: via…

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LA RIFORMA DELLA DIRETTIVA

Copyright, corsa contro il tempo per la riforma. Di Maio: via articoli 11 e 13

A Bruxelles si fanno sempre più stretti i tempi per l’approvazione della cosiddetta riforma Ue sul copyright: la proposta di direttiva avanzata dalla Commissione europea nel 2016, con l’obiettivo di tutelare il diritto d’autore e assicurare la remunerazione dei contenuti veicolati dalle piattaforme online. Dopo il via libera dell’Europarlamento, i negoziati fra stati sembri si sono impantanati su un dissidio fra Francia e Germania.

Il vicepremier Luigi Di Maio ha dichiarato che l’Italia «è pronta a fare la sua parte», ribadendo le priorità dei Cinque stelle (e della Lega) in materia: «Stiamo chiedendo in sede europea il cambiamento dei celebri articolo 11 (noto erroneamente come «link tax», ndr) e articolo 13 della direttiva (quello che riguarda l’installazione dei filtri ) - dice Di Maio - La rete deve essere mantenuta libera e neutrale perché si tratta di un'infrastruttura fondamentale per la libera espressione dei cittadini oltreché per il sistema Italia e per la stessa Unione Europea».

A queste condizioni, aggiunge Di Maio, «l'Italia è pronta ad aderire ad una proposta che dovesse arrivare dalla Presidenza rumena». Le trattative per la riforma dovrebbero concludersi entro fine febbraio per permettere al testo di approdare all’Europarlamento, mandando a segno una delle proposte più controverse degli ultimi scampoli di legislatura.

Cosa dice la direttiva...
La proposta di direttiva sul copyright della Commissione europea rientra nel progetto di un «mercato unico digitale» della Ue, destinato a riprodurre sul web la stessa assenza di barriere di quello fisico. A scatenare le polemiche, e una massiccia attività di lobbying, sono stati gli emendamenti apportati dalla Commissione giuridica dell’Europarlamento a due articoli del testo originario: l’articolo 11 e l’articolo 13, gli stessi nel mirino di Di Maio e della «parte» che il governo italiano sarebbe pronto a giocare.

L’articolo 11 impone agli stati membri di fornire agli editori di «pubblicazioni giornalistiche» diritti che permettano loro di «ottenere una giusta e proporzionata remunerazione per l'uso digitale delle loro pubblicazioni dai provider di informazioni ». In altre parole si chiede alle piattaforme online (i «provider») di pagare per i contenuti che vengono veicolati in Rete, come nel caso dei cosiddetti snippet: frammenti di articoli caricati sul Web con un link al sito principale della notizia. La misura è diventata erroneamente nota come «link tax», tassa sui link, anche il testo mette in chiaro che non si potranno tassare i collegamenti ipertestuali in sé. L’articolo 13 prevede invece che le stesse piattaforme online installino un upload filter, un filtro sui contenuti protetti da copyright, per evitarne la diffusione in assenza di un accordo ad hoc con gli autori.

...e come siamo arrivati all’impasse
Il testo è finito al centro di uno scontro furibondo fra lobby, arrivando a denunce di «minacce fisiche» contro gli eurodeputati. Da un lato categorie come editori e produttori discografici, favorevoli a una direttiva che - dicono - tutela il frutto del lavoro intellettuale. Da altro i big del Web, a partire da multinazionali statunitensi come Google, ostili a una stretta che comprometerebbe una parte della sue entrate.

Fra i prodotti che rischiano di andare in stand by ci sono servizi come Google News, un “aggregatore” di notizie che si alimenta proprio con gli snippet nel mirino della direttiva. A poco più di tre mesi dalla fine della legislatura, però, la riforma sembra finita in un vicolo cieco. Dopo aver ottenuto il sì dell’Europarlamento a settembre 2016, il testo si è incastrato nei negoziati fra paesi membri che dovrebbero condurre , in sequenza, all’ultimo round di negoziati (7 o 11 febbraio), all’esame della Commissione giuridica dell’Europarlamento (18 o 19 febbraio) e, infine, alla riunione plenaria dell’Eurocamera a marzo o aprile.

Le ultime due assemblee unite prima della scadenza della legislatura, oltre alla quale il testo rischia di finire sepolto fra i proposito del nuovo parlamento. A bloccare le trattative è un conflitto fra Francia e Germania: Parigi vuole includere le Pmi fra le società interessate dal cosiddetto upload filter, mentre Berlino vorrebbe esentarle. A quanto riporta l’Ansa, si sarebbero svolti anche dei colloqui telefonici fra Emmanuel Macron e Angela Merkel per sbloccare la situazione. Gli addetti ai lavori sperano in un compromesso entro la settimana prossima. Oltre, il tempo è scaduto.

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