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Germania, ordini all’industria giù più del previsto. Rischio recessione in vista?

Agf
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La crescita economica in Germania rischia di rallentare più del previsto quest’anno, fino all’1% dall’1,5% del 2018: il timore è alimentato da nuovi dati sull’andamento della prima industria manifatturiera europea che confermano la debolezza della fine del 2018 e anche dell’avvio 2019. Gli ordini dell’industria in Germania, pubblicati oggi, sono diminuiti dell'1,6% lo scorso dicembre, a livello rettificato, mese su mese.

Si tratta del calo più forte nel semestre e di un risultato largamente peggiore delle attese degli economisti che prevedevano un debole rialzo dello 0,3 per cento: l’industria automobilistica non ha però deluso le aspettative e si è ripresa dopo il rallentamento causato da un imbuto sulle immatricolazioni. Inoltre, esclusi i grandi ordini che comunque sono decisivi se confermati in un trend e non erratici, il dato risulta positivo pari a + ,5% mese su mese.

L’andamento degli ordini in novembre è stato rivisto al rialzo, da -1% mese su mese a -0,2 per cento. Anno su anno, il calo degli ordini dell’industria in Germania è stato del 7%, il più basso dal giugno 2012, fanno notare gli esperti del settore.

Il rallentamento continua: recessione tecnica sfiorata
L’andamento negativo degli ordini, che tuttavia contiene luci e ombre e non per tutti gli economisti suona un allarme molto preoccupante, infervora comunque il dibattito in corso sul fatto che la Germania abbia seriamente corso il rischio - sfiorato e non concretizzato per l’Istituto statistico tedesco - di una recessione tecnica alla fine dello scorso anno.

Gli economisti di Deutsche bank sottolineano che dopo il terzo trimestre negativo a -0,2%, l’Ufficio statistico tedesco a metà gennaio ha detto di aver previsto per il quarto trimestre (finora dati provvisori) un andamento lievemente positivo, evitando così la recessione tecnica: il dato definitivo sul Pil nel quarto trimestre 2018 sarà annunciato il 14 febbraio. Sebbene sia molto improbabile che il dato flash possa smentire la previsione ufficiale di un dato positivo, sia pur debolissimo nell’ultimo trimestre 2018, Deutsche bank vede nero e non esclude una contrazione del Pil nel primo trimestre 2019, pur confermando per ora una crescita del Pil dell’1% quest’anno (ma potrebbe diventare zero virgola) e dell’1,4% nel 2020.

Luci ed ombre sugli ordini
Gli ordini dell’industria tedesca a dicembre sono calati dunque inaspettatamente dell’1,6%, rispetto all’aumento atteso dello 0,3%, per colpa soprattutto della debolezza della domanda esterna (-2,3%): fuori dall’Eurozona -5,5%, contro ordini domestici a quota -0,6% mentre nell’Eurozona il segno è positivo ma in recupero da un brutto novembre.

Per il ministero dell’Economia tedesco, questa diminuzione dell’1,6% a dicembre «indica che la fase di debolezza dell’industria continua». Detto questo, gli economisti di HSBC hanno rilevato come il calo imprevisto sia dovuto principalmente ai grandi ordini, che sono molto volatili su base mensile, e che l’industria automobilistica abbia per contro dimostrato già in dicembre di essere uscita dal tunnel (di natura temporanea) delle lungaggini dei certificati di immatricolazione provocate dai nuovi requisiti anti-inquinamento WLTP.

La catena di dati negativi è lunga
L’indice Ifo che misura il clima del business in Germania ha rilevato la scorsa settimana un peggioramento anche in gennaio, per il quinto mese consecutivo. Mentre l’ultimo dato sulle vendite al dettaglio, sempre uscito la scorsa settimana, ha registrato il peggior tasso mensile degli ultimi 11 anni: facendo scricchiolare quella domanda interna che comunque ha assicurato finora una crescita in Germania all’1,5% nel 2018 (e prevista attorno all’1,2 quest’anno dagli economisti di HSBC). E questo nonostante il rallentamento della crescita mondiale, e l’aumento dell’incertezza sull’andamento del commercio mondiale a causa delle tensioni tra Usa e Cina, il protezionismo di Donald Trump e il rischio ancora aperto di un’escalation della guerra dei dazi.

I punti di forza
La disoccupazione ai livelli minimi dal 1991 (anno della riunificazione) e un’occupazione piena in Germania restano un sostegno forte alla domanda interna, alimentata in prospettiva dall’aumento dei salari. La politica economica della Grande Coalizione, grazie al surplus di bilancio record nel 2018, continua ad avere ampi margini per sostenere la crescita con politiche espansive, più investimenti e un taglio alle tasse.

Il freno alla crescita in Germania, tra l’altro, da acuni economisti viene spiegato anche in termini di carenze del mercato del lavoro, la mancanza di mano d’opera specializzata che lascia vacanti fino a 400mila posti di lavoro.

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