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Brexit spacca i laburisti, sette deputati lasciano il partito

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terremoto a londra

Brexit spacca i laburisti, sette deputati lasciano il partito

La “banda dei sette”. I deputati che hanno lasciato il partito laburista: da sinistra Chris Leslie, Mike Gapes, Luciana Berger, Ann Coffey, Chuka Umunna (in piedi), Angela Smith, Gavin Shuker
La “banda dei sette”. I deputati che hanno lasciato il partito laburista: da sinistra Chris Leslie, Mike Gapes, Luciana Berger, Ann Coffey, Chuka Umunna (in piedi), Angela Smith, Gavin Shuker

LONDRA - Terremoto nel partito laburista: sette deputati hanno lasciato il partito per protesta contro la gestione autocratica del leader Jeremy Corbyn e la mancanza di una chiara strategia su Brexit. I sette resteranno in Parlamento come indipendenti e hanno invitato altri deputati scontenti sia laburisti che conservatori a unirsi a loro per creare un nuovo movimento politico moderato.
È lo strappo più grave all’interno del partito laburista da quando la cosiddetta “Banda dei quattro” di ex ministri aveva lasciato per fondare il Partito socialdemocratico nel 1981, che nel 1988 si era poi fuso con il partito liberale creando i LibDem.

Il più noto dei sette è Chuka Umunna, ex ministro ombra che era considerato anche un possibile candidato per la leadership e che negli ultimi mesi è stato uno dei maggiori sostenitori di un secondo referendum su Brexit. Sia il Labour che i Tories hanno dimostrato di voler sempre mettere gli interessi di partito al di sopra degli interessi nazionali, ha detto Umunna, e per questo «serve un’alternativa. Noi abbiamo deciso di lasciarci la vecchia politica alle spalle e invitiamo altri a fare altrettanto».

In una conferenza stampa congiunta i sette hanno dato ragioni diverse per la loro decisione di lasciare. Mike Gapes, membro del partito da 50 anni, ha detto di essere «furibondo perché la leadership laburista sta facilitando la Brexit dei conservatori, bloccando la possibilità di dare l’ultima parola agli elettori». Un altro deputato in uscita, Chris Leslie, ex cancelliere-ombra, ha dichiarato che il partito laburista è stato «preso ostaggio dagli estremisti di sinistra» e che «lasciare che le vite e le opportunità future dei cittadini siano danneggiate da Brexit è una violazione dei valori fondamentali laburisti». Luciana Berger, che è ebrea, ha detto di essere stata vittima di attacchi antisemiti da parte di sostenitori di Corbyn e di voler lasciare un partito che è ormai «disgustosamente e istituzionalmente razzista».

Corbyn ha reagito con pacatezza all’annuncio, dichiarando di essere «deluso che questi deputati non se la sentano di continuare a lavorare insieme per le politiche laburiste che hanno ispirato milioni alle ultime elezioni aumentando i nostri voti». Il cancelliere-ombra John McDonnell è stato meno conciliatorio, dichiarando che i sette dovrebbero «fare la cosa giusta» e dare le dimissioni da deputati, dato che alle ultime elezioni grazie a Corbyn sono stati tutti rieletti con più voti.

Diversi altri deputati laburisti potrebbero seguire le orme dei sette e forse anche qualche Tory. Le profonde divisioni su Brexit all’interno dei due partiti principali hanno sgretolato le tradizionali lealtà di partito, rendendo più probabile la creazione di un nuovo movimento centrista moderato.

Il People’s Vote, il movimento a favore di un secondo referendum, è stato fondato da deputati di tutti i partiti. I sette deputati che hanno lasciato il Labour ieri, tutti sostenitori di un secondo referendum, non sono i soli a sentirsi profondamente frustrati per la posizione ambigua di Corbyn. Nonostante il voto dei delegati al Congresso del partito che un secondo voto deve essere una delle opzioni sul tavolo, il leader ha sempre evitato di sostenerlo perché teme la reazione negativa dei molti elettori laburisti che hanno votato a favore di Brexit, soprattutto nell’Inghilterra del Nord.

Se molti deputati laburisti sono scontenti per la svolta a sinistra che Corbyn ha dato al partito e per le sue posizioni equivoche e incerte su Brexit, molti deputati conservatori sono preoccupati per il potere che il fronte pro-Brexit, l’ala più estremista del partito, ha conquistato da quando Theresa May è premier.

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