Ennesimo cambio di programma sull’agenda della Brexit. Theresa May ha annunciato che il voto del Parlamento sul suo accordo per il divorzio con la Ue si terrà «entro il 12 marzo», a poco più di due settimane dal 29 marzo: la data ufficiale di avvio del divorzio fra Londra e la Ue. La scelta di May esclude l’ipotesi di arrivare a un verdetto definitivo sul testo entro l’inizio della settimana prossima, come richiesto dai suoi stessi ministri per evitare lo spettro di un’uscita «no-deal» dall’Unione europea. Esponenti dell’esecutivo avevano provato a fissare un aut aut per la premier, dichiarandosi pronti a sostenere un rinvio di tre mesi della Brexit nel caso in cui non si fosse raggiunta un’intesa nell’arco di pochi giorni. A quanto pare, May non ha intenzione di accontentarli. Il primo ministro tornerà a Bruxelles martedì 26 febbraio per nuovi colloqui con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, ufficialmente con l’obiettivo di strappare qualche concessione in più ai partner europei. «Il risultato - dice May - è che non porteremo il voto il parlamento questa settimana. Ma assicuro che lo faremo entro il 12 di marzo».
I rischi di una nuova frattura e l’ipotesi rinvio
Non è la prima volta che May torna sui suoi passi, con il rischio di alimentare ancora di più i malumori che serpeggiano anche
all’interno del suo partito. Alcuni esponenti del governo hanno iniziato a fare pressing per le dimissioni della premier
dopo l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, bocciando il suo proposito di restare in carico nei due anni di transizione dopo
l’addio. Altri, inclusi tre ministri, spingono per un rinvio oltre la scadenza del 29 marzo. La posticipazione costerebbe
alcuni inconvenienti, incluso l’obbligo di partecipazione alle europee del 2019, ma eviterebbe lo scenario di una Brexit senza
alcuna forma di paracadute diplomatico. La scelta di rinviare ancora un giudizio finale sul suo accordo potrebbe causare qualche
defezione in più fra le file dei conservatori, già spaccati sulla «pessima gestione» del divorzio diplomatico di May. A maggior
ragione perché non è chiaro quali potrebbero essere i margini di miglioramento dell’accordo. Funzionari della Ue citati dalle
agenzie internazionali dichiarano che i Ventisette non faranno «alcuna concessione» a Londra, almeno nei termini di ritocchi
sostanziali al testo siglato da May nel novembre 2018.
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